In occasione della Conferenza sul Futuro dell’Europa, il Cnel ha stilato una serie di proposte preziose per l’Italia. Il prof. Giuseppe Pennisi le spiega una per una, esortando le istituzioni italiane ad adottarle
In tutto il continente, il 9 maggio viene ricordato come “la festa dell’Europa”. In Italia, il 9 maggio è anche una data chiave per la storia del nostro Paese: nel 1978, la mattina di quel giorno, infatti, all’interno di una Renault 4 rossa parcheggiata in Via Caetani a Roma, le forze di polizia ritrovavano il corpo senza vita di Aldo Moro, rapito 55 giorni prima dal gruppo terroristico delle Brigate Rosse. Chi ha conosciuto Moro, anche solo per averlo avuto come docente all’Università, sa che era un limpido europeista; prima di essere rapito e trucidato, aveva promosso quegli “accordi europei di cambio” (giornalisticamente chiamati Sme) a cui si era opposto il Partito Comunista (che non li ratificò) e che prepararono l’unione monetaria.
In questo anno di grazia 2021, c’è un silenzio assordante sia sulla “giornata per l’Europa” sia sull’europeismo di Aldo Moro. Ci saranno indubbiamente celebrazioni da parte del Comitato Italiano per il Movimento Europeo. Il 6 maggio, la sede romana della Fondazione Adenauer e la fondazione Villa Vigone hanno organizzato un bel convegno dal titolo “Verso gli Stati Uniti d’Europa?”, una tavola rotonda con la partecipazione di Hildegard Bentele (Parlamento europeo), Eleonora Evi (Parlamento europeo), Christiane Liermann Traniello (Villa Vigoni), Maria Giulia Amadio Vicerè (European University Institute), Eleanor Spaventa (Università Bocconi) moderata da Markus Krienke (Facoltà di Teologia di Lugano); al convegno hanno partecipato esponenti di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Ci sono iniziative dell’Istituto Affari Internazionale e dell’Istituto Studi Politici Internazionale. Ma nulla o quasi delle istituzioni, nonostante quest’anno dovrebbe iniziare la Conferenza sul Futuro dell’Europa.
Il compito della guida della delegazione italiana alla Conferenza spetta al ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il cui titolare Luigi Di Maio ha fatto più volte cenno all’evento: vedremo se in occasione della “festa dell’Europa” espliciterà la posizione del Governo o se è troppo preso dal travaglio del Movimento di cui fa parte, Movimento che nel 2018 ha avuto un grande successo elettorale sulla base di un programma non proprio europeista.
Silenzio anche da parte del Segretario del Partito Democratico, di cui si ricorda un bell’intervento in occasione del 9 maggio 2017. Una delle tre correnti in cui si articola il Pd è formata dai nipoti di coloro che tentarono di bloccare gli “accordi europei sui cambi”. Come ricordato su questa testate, alcune riforme in materia di concorrenza nel Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) riguardano l’abolizione di provvedimenti fortemente voluti dal Pd e contrari alle regole europee. L’imbarazzo è comprensibile.
In questo silenzio, si è mosso con proposte articolate quel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel) di cui mi onoro di avere fatto parte per una Consiliatura e che un Governo a guida Pd ha tentato di sopprimere. Il Cnel ha servito su un piatto d’argento l’ipotesi di proposte che potrebbe fare l’Italia alla Conferenza sul Futuro dell’Europa in un documento sul quale si attendono reazioni.
Il Cnel – dice il documento – ritiene che, per ogni ulteriore progresso nella costruzione dell’Unione politica e istituzionale, siano strategici e preliminari i seguenti tre punti:
a) È necessario che il Parlamento europeo, organo eletto direttamente dai cittadini e che nella risoluzione del 15 gennaio ha rivendicato un ruolo costituente nella Conferenza, assuma maggiore centralità a partire dal riconoscimento del suo pieno potere legislativo (almeno sulle principali misure comunitarie).
b) È necessario che l’Ue sappia “osare” e trovare il coraggio e la visione per costruire l’Unione politica passando dal voto all’unanimità al voto con maggioranza qualificata. Fintanto che non si rimuovono gli ostacoli che le impediscono di guardare al futuro e un solo Paese potrà avvalersi del veto sospensivo o di emergenza, per l’Unione non sarà possibile alcun progresso.
c) È necessario, infine, dotare l’Ue di una autonoma capacità di bilancio, che sia permanente e di livello sovranazionale, cioè indipendente dai trasferimenti nazionali in quanto alimentata da tasse europee che azzerino la necessità del contributo degli Stati membri (tassa sulla plastica e sulle emissioni di carbonio, tassazione sulle transazioni finanziarie; una digital tax capace di mirare ai grandi monopoli che non distribuiscono parte del prodotto della ricchezza maturata). L’attuazione di questi punti renderà più facilmente realizzabile ogni altra riforma.
Aprire una fase costituente e passare dal voto all’unanimità al voto a maggioranza qualificata vuol dire “tenere la rotta” rispetto al progetto di una Unione più integrata e più vicina ai suoi valori fondanti. In alternativa, occorrerebbe andare avanti con i Paesi che condividono il progetto di un’Unione più integrata. Nessun Paese può obbligare gli altri a entrare nell’Unione politica; parimenti, nessun Paese può ostacolare gli altri dal farlo. Occorre completare l’unione monetaria attraverso una governance politica, economica e fiscale, con Bce prestatore di ultima istanza, realizzare una unione fiscale e un bilancio comune con l’istituzione di un ministro del Tesoro Ue.
Altra proposta consiste nel varare una riforma complessiva dei sistemi di vigilanza, delle normative e regolamenti, delle autorità di vigilanza (Bce, Abe, Esma) con l’intento di accogliere più adeguatamente le necessità di credito e finanza delle Pmi europee, senza per questo cedere alla opportunità delle cautele patrimoniali e finanziarie negli istituti di credito ma neanche alla loro dipendenza. Infine, occorre aumentare gradualmente le risorse comunitarie al 3% del Pil (dell’unione monetaria) perché per essere efficace nella sua azione l’Unione deve avere una autonoma capacità di bilancio e possibilità di imposizione fiscale e ridistribuzione delle risorse, così da permettere il finanziamento di ulteriori e più coraggiosi progressi nella coesione.
Si propone, infine, di adeguare il Patto di stabilità e crescita alla situazione attuale: se non è possibile la sua totale soppressione occorre comunque una sua profonda correzione invertendo i parametri di riferimento attuali, ponendo la crescita e la salvaguardia dell’occupazione al primo posto, oltre alla revisione dei criteri per la valutazione economica dei Paesi membri.
Altre proposte riguardano la convergenza politica per una Ue più integrata su materie fondamentali e capace di rispondere con maggior efficacia alle sfide attuali quali la riforma complessiva del sistema di immigrazione e di asilo, l’accelerazione sull’unione, l’autonomia geopolitica e posizionamento dell’Ue nel mondo attraverso il rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune e la politica di sicurezza e di difesa comune, l’applicazione vincolante per i Paesi membri dei principi contenuti nel pilastro europeo dei diritti sociali.
Sono proposte ben articolate del consulente costituzionale di Governo e Parlamento. Si attende una reazione.