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Così una filiera può occupare 30mila persone. Il caso Philip Morris Italia

Al workshop “Le filiere integrate per il rilancio del Paese” organizzato da The European House – Ambrosetti e PMI, si è parlato della promozione del ruolo delle filiere per il rilancio dell’economia italiana e l’individuazione di strategie aziendali e politiche pubbliche per favorire lo sviluppo di filiere integrate ad alto valore aggiunto

“Le filiere integrate per il rilancio del Paese”: e’ questo il tema del workshop organizzato nell’ambito dell’iniziativa “Filiere integrate” che The European House – Ambrosetti ha lanciato con il supporto di Philip Morris Italia. Tra gli obiettivi dell’incontro, trasmesso online, la promozione del ruolo delle filiere per il rilancio dell’economia italiana e l’individuazione di strategie aziendali e politiche pubbliche per favorire lo sviluppo di filiere integrate ad alto valore aggiunto. “Quando si pensa agli investimenti esteri che poi creano filiere – ha detto Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia – si pensa a Philip Morris e a un investimento in agricoltura che e’ cominciato dieci anni fa e ha creato il primo accordo di filiera”.

“Ragionare di filiera è corretto per ragionare di sviluppo economico dell’Italia. Questo è il momento in cui, quando l’economia ripartirà, la filiera sarà uno dei protagonisti della ripresa”. E’ quanto ha sottolineato il presidente del Censis Giuseppe De Rita. “La filiera, l’integrazione merceologica, serve per entrare e vivere nel mercato. La filiera si crea dalla punta della freccia, dalla punta più avanzata, non dalla materia prima – ha precisato De Rita – ma dai livelli di mercato alti, ad esempio dalla pubblicità a un olio o a un vino italiani che fanno grandi chef e che fanno da traino a un brand nel mondo. Le grandi presenze italiane sono realizzate dalla filiera che non è solo produzione, ma anche logistica, finanza, contrattazione tra aziende”, ha concluso De Rita.

Ermete Realacci, Presidente di Symbola, Fondazione per le Qualità italiane, si è concentrato sulle piccole imprese italiane, da molti visto come un handicap, “ma c’è una parte di questo sistema che in realtà è una componente essenziale della vitalità e della flessibilità del sistema produttivo italiano. Le filiere in qualche maniera fotografano anche questo. Questo sistema assume forme diverse ma interessa i settori più vari: dalla meccatronica, alla concia, al legnoarredo, alla farmaceutica, alla cosmetica. In tutti questi settori in cui abbiamo una forza molto rilevante come sistema produttivo, la filiera intesa come intreccio tra imprese trainanti e un sistema molto più vitale di imprese medio-piccole creative e versatili è un elemento essenziale.”

Un sistema in realtà avanzato e difficile da copiare: “Tanti paesi hanno provato a copiare il nostro sistema dei distretti senza riuscirci – prosegue Realacci – perché è un dato antropologico che sta dietro alla nostra capacità di essere non solo competitivi ma anche ben posizionati sul fronte della sostenibilità. La nostra agricoltura, che nel 2020 ha avuto un picco nell’export, è un’agricoltura che consuma e inquina meno rispetto a molti paesi europei. Come nell’esperienza di Philip Morris, interessante in un settore delicato sotto il profilo sanitario in cui mi pare che si stia muovendo nella giusta direzione, questa capacità può diventare ancora più penetrante se si lega alle nuove frontiere. A volte le filiere vanno trainate non solo da soggetti industriali ma anche da soggetti intermedi, e qui mi riferisco ad esempio al ruolo svolto da Coldiretti nel campo dell’agricoltura, con Philip Morris come in altri settori.”

“Il tema dei contratti di filiera e dei contratti pluriennali, indipendentemente dalle dimensioni aziendali, danno certezza alle nostre imprese di poter fare investimenti e pianificare anche una reddittualità che è sempre stata sottovalutata sulla filiera agricola”. Così Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. ”Il rapporto con Philip Morris ha messo al centro questo sistema e modello ed ha portato non solo a dare una risposta alla filiera agricola ma anche a sviluppare una rete di investimenti che riguarda anche la meccatronica, la digitalizzazione. Si sono create le condizioni per cui una multinazionale con una visione strategica come Philip Morris Italia – ha aggiunto Prandini – offre nella filiera più di 8 mila posti di lavoro. Ed è un grande valore aggiunto che va spiegato ulteriormente alle istituzioni quando in tanti casi nella semplificazione delle tassazioni si tende a generalizzare”.

“La nostra filiera copre diverse regioni, dal Veneto all’Emilia Romagna, dalla Toscana, al Lazio, Umbria, Campania e Puglia e anche se è stato, ed è faticoso, lavorare all’interno della filiera, in questi anni siamo risusciti a dare prospettive ai nostri produttori e all’indotto che genera la filiera”. E’ quanto ha affermato Cesare Trippella Head of Leaf Eu, responsabile della divisione acquisti e gestione tabacchi in foglia per Philip Morris Italia in Europa.

Paolo Borchia, membro della Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia del Parlamento Europeo, si è concentrato su sostenibilità e innovazione, “in una fase storica in cui anche l’Unione Europea sta investendo con una certa decisione e, ci auguriamo anche con un buon valore aggiunto finale, sull’innovazione e sulla digitalizzazione applicata anche al comparto agroalimentare”.

“Ritengo che tutta la filiera del tabacco debba necessariamente passare da un’imprescindibile valorizzazione delle risorse umane – prosegue Borchia. Dal punto di vista ambientale, prestare attenzione alla risorsa idrica. Non dimentichiamo neppure quelle che sono le altre conseguenze in termini di indotto, pensiamo ad esempio alle eccellenze italiane nell’ambito della produzione dei macchinari. Quando una filiera è in grado di occupare trentamila persone in un Paese, generando circa un miliardo di Pil tra ricadute dirette e indotto, la politica deve sentire il dovere morale di accompagnare questi processi e soprattutto far sì che non diventino casi isolati. Ritengo che quanto messo in campo da Philip Morris mi auguro rappresenti un precedente che sia in grado di aprire un solco e che poi possa essere seguito da altre realtà imprenditoriali italiane”.

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