La feluca palestinese lancia un’offerta a Roma, farsi portatrice di un dialogo ampio, internazionale, per avviare una de-escalation, magari definitiva, in una delle più profonde e attive faglie della regione mediorientale. Un lavoro diplomatico che l’Italia potrebbe sponsorizzare anche con la sponda statunitense
“Dobbiamo attirare l’attenzione urgente sul caso Palestina-Israele, l’escalation dell’aggressione da parte di Israele, la potenza occupante nella Palestina occupata, che sta causando immense sofferenze umane e aggravando la tensione, rischiando un’ulteriore destabilizzazione di questa situazione instabile che rappresenta una minaccia per la pace internazionale e sicurezza”, commenta con Formiche.net la rappresentante diplomatica palestinese in Italia, Abeer Odeh.
“Abbiamo condannato gli attacchi aerei israeliani sulla Striscia di Gaza che hanno causato 40 morti, alcuni dei quali bambini, e 300 feriti. E in una dichiarazione abbiamo ritenuto il governo israeliano pienamente responsabile di quella che ha descritto come la brutale aggressione contro la nostra gente a Gerusalemme, i loro luoghi santi e le loro case, e contro la nostra gente nel quartiere di Sheikh Jarrah e nella Striscia di Gaza”, ha aggiunto.
“Tutte queste azioni stanno accadendo di fronte al mondo, quindi chiediamo semplicemente alla Comunità internazionale, all’UE e all’Italia in particolare di agire secondo la loro dichiarazione di principio. Chiamiamo l’Italia, come amico palestinese di lunga data, di convocare una conferenza di pace per sostenere fermamente una dichiarazione di principio e per garantire la pace nella regione”.
La feluca palestinese lancia un’offerta a Roma, farsi portatrice di un dialogo ampio, internazionale, per avviare una de-escalation – magari definitiva – in una delle più profonde e attive faglie della regione mediorientale. Un lavoro diplomatico che l’Italia potrebbe sponsorizzare anche con la sponda statunitense, mentre l’amministrazione Biden sembra intenzionata a nominare un inviato speciale per facilitare la de-escalation.
Il riaccendersi dello scontro pone un allarme molto importante per Usa e Ue, e il ritorno americano per porre fine alla crisi in corso e l’avvio di un dialogo – impegno su cui molti presidente americani si sono impegnati – è cruciale. Occorre anche tutelare la possibilità di andare al voto in Palestina, questione rallentata anche dall’instabilità istituzionale israeliana (con quattro elezioni in due anni) e adesso con l’innescarsi di un nuovo conflitto che non fa altro che agevolare il caos.
Un caos che male si sposa con una situazione in cerca di allineamento in tutta la regione mediorientale. Vediamo contatti tra Arabia Saudita e Turchia o Iran, le dinamiche collegate agli Accordi Abramo, il riavvio del dialogo tra Cairo e Ankara. Insomma, in generale sembra un fiorire di colloqui diplomatici legati al pragmatismo delle necessità.
Il caso israelo-palestinese potrebbe essere dunque inserito in queste dinamiche, e come suggerisce l’ambasciatrice Odeh l’Italia può avere un ruolo da fluidificante, offrendosi come piattaforma diplomatica per ospitare una conferenza di pace – che come detto non avrebbe periodo migliore, stante le dinamiche regionali in corso, superando la crisi militare che si è sviluppata anche per colpe dei gruppi armati palestinesi che continuano a vedere nello scontro una ragione esistenziale.
D’altronde qui non si tratta di decidere chi ha ragione o chi ha torto, ma di far tacere immediatamente le armi e avviare rapidamente un percorso politico-negoziale che possa portare i nostri amici israeliani a poter vivere in tranquillità, e assecondare parte delle rivendicazioni dei nostri altrettanto amici palestinesi. Un percorso di pace fondamentale per entrambi i lati e per tutta la regione e per le sue ricadute internazionali.