Tripoli e Tunisi sono parte dello stesso dossier: la stabilizzazione del fronte nordafricano e più in largo dell’area Mena. Anche per questo, il percorso positivo preso dalla Libia può servire alla Tunisia: anche grazie all’uso di moneta pregiata per rilanciare le casse del governo Mechichi
Il crollo dell’economia tunisina, secondo Ahmed Maiteeq, vice primo ministro libico del precedente Governo di accordo nazionale (Gna) e figura centrale della politica misuratina, avrebbe ripercussioni significative sull’economia, la difesa e la stabilità della Libia, e viceversa. Osservazione cruciale quanto logica, giunta durante una visita in Libia di una delegazione tunisina guidata dal primo ministro, Hichem Mechichi.
Se tutto si tiene – e tutto si tiene – il destino libico e quello tunisino sono chiaramente incastonati, collegati nel quadro regionale. Situazioni delicate all’interno di un contesto sensibile, il Nordafrica, più in largo il Sahel e in generale l’area Mena.
La visita tunisina al governo Dabaiba (che lunedì 31 marzo sarà a Roma, nelle vesti del primo ministro e di una delegazione qualificata) arriva dopo che i negoziati della Tunisia con il Fondo monetario internazionale (Fmi) hanno vacillato e le proteste sociali si sono intensificate. Tunisi soffre una crisi politica e istituzionale che dura da anni. Emerso come un unicum positivo dalle Primavere arabe, il Paese ha faticato per trovare forme di stabilizzazione. Questioni che si sono ripercosse sulla sfera economica, e dunque sociale, e ancora peggiorate dalla pandemia.
Una Libia che si rimette in carreggiata – attraverso un esecutivo di unità nazionale che lavora sotto egida onusiana con l’obiettivo di portare il paese a elezioni democratiche a dicembre – diventa un elemento stabilizzatore anche per il vicino in difficoltà. L’idea di Tripoli è di creare un Economic Forum con Tunisi, un modo per costruire un percorso insieme verso una via di sviluppo (da cui trovare equilibrio grazie alla prosperità economica). La Libia diventa una sorta di ancora di salvataggio, e l’unione dei due destini – che ai tempi della guerra civile o dell’avanzata dell’Is sembrava un fattore deleterio – ora diventa un elemento di forza.
Tanto più se la Central Bank of Libya, la banca centrale libica, presta moneta pregiata all’istituzione omologa tunisina – sopperendo le incertezze el Fmi. Il ministro tunisino degli Affari sociali, Mohamed Trabelsi, ha parlato di un deposito finanziario di un miliardo di euro della CBL presso la Banca centrale tunisina.
Il prestito dimostra l’attivismo della CBL nella sfera politica regionale, e diventa una decisione di carattere altamente strategico sotto quest’ottica. Basta considerare che la Libia ha necessità di curare le riserve di valuta pregiata per portare avanti le proprie operazioni, ma questa forma di soft power (economico-finanziario) assume valore futuribile ma prioritario.
Non va sottovalutato infatti che sia l’Unione europea che gli Stati Uniti hanno a cuore la stabilizzazione del fronte nordafricano (entrambi per ragioni di valore strategico riguardo a realtà penetrate all’interno dei vari conflitti, come la Russia o la Turchia, e per questioni connesse al controllo dei gruppi terroristici; Washington anche per sentirsi più liberi di disimpegnarsi davanti ad alleati più coinvolti in certi teatri geopolitici; Bruxelles per l’interesse diretto nel contenimento dell’immigrazione clandestina).
E dal Tesoro americano, che ha ottime relazioni con l’attuale chairman della CBL, Sadiq el Kabir, potrebbe arrivare una protezione monetaria in più all’operazione di assistenza libica alla Tunisia attraverso il Dollaro. Una sorta di uso proxy della Libia, sull’onda di un rinnovato (seppure ancora timido) interesse al che Washington sta rivolgendo al dossier.
Mosse condotte per volontà diretta del primo ministro Abdelhamid Dabaiba e su cui l’HoR (il parlamento eletto con sede a Tobruk) indubbiamente vuole spazi. Anche per questo sta prendendo vento l’idea dei legislatori di vincolare il voto sul Bilancio – essenziale per il governo – alle decisioni sulla nomine delle grandi strutture istituzionali come la CBL o il fondo sovrano LIA. Un modo per controllare certe dinamiche, e – come ovunque avviene – per piazzare in posti di rilevanza uomini affiliati alle varie posizioni politiche usando un passaggio significativo come il voto del bilancio da leva.
(Foto: Twitter, il premier tunisino Mechichi insieme all’omologo libico Dabaiba)