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Pensioni, il libro di Cazzola che scuote le acque del Pnrr. La lettura di Pennisi

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Il libro di uno dei maggiori esperti del sistema previdenziale italiano, “La guerra dei cinquant’anni: storia delle riforme e controriforme del sistema pensionistico”, è un racconto ed una riflessione in stile brillante e pungente di cinquanta anni di politica previdenziale in Italia: dalla “grande riforma” del 1968-69 ad oggi

È in arrivo un nuovo libro di Giuliano Cazzola sul sistema previdenziale La guerra dei cinquant’anni: storia delle riforme e controriforme del sistema pensionistico, IBL libri. Il saggio è stato annunciato alla trasmissione televisiva Di Martedì il 25 maggio ed è stato presentato il 28 maggio ad un seminario IBL a cui hanno partecipato Elsa Fornero, autrice della prefazione, e Nicola Rossi. Cazzola è uno dei maggiori esperti del sistema previdenziale italiano, di cui si è occupato in varie vesti: sindacalista, responsabile della Cgil per le politiche sociali, dirigente generale del Ministero del Lavoro, Presidente dei Consigli sindacali di Inpdap e Inps, deputato e Vice presidente della Commissione Lavoro della Camera, titolare di corsi universitari e pubblicista. Il suo primo libro in materia (La fabbrica delle pensioni, Ediesse) risale agli inizi degli Anni Novanta, quando vigeva ancora la prassi che il Presidente dell’Inps venisse indicato dai tre maggiori sindacati e sembrava che fosse arrivato, per così dire, il suo “turno”.

Questo ultimo lavoro (per ora) è al tempo stesso un racconto ed una riflessione in stile brillante, ad a volte, pungente di cinquanta anni di politica previdenziale italiana: dalla “grande riforma” del 1968-69 ad oggi, ossia alle prospettive a medio temine per l’Italia dopo Covid. È una lettura obbligatoria per tutti coloro che si interessano al tema, ed in generale per le nuove generazioni che si interrogano su come si è arrivati a questo punto e quali sono le prospettive. In circa 140 agili paginette trovano “tutto-ciò-che-si deve-sapere” sul tema. E sul loro futuro previdenziale.

È anche, e soprattutto, uno scossone sulla politica economica. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non viene tracciata alcuna ipotesi concreta di riforma della previdenza ma ciò non significa che il sistema previdenziale non rappresenti una priorità d’intervento. Semplicemente non ci sono indicazioni precise che vadano al di là di indirizzi generici. Né ci sono più i riferimenti specifici alla Quota 100, che precedentemente erano stati invece previsti nel Pnrr, con l’indicazione di superarla privilegiando la pensione anticipata degli addetti a mansioni logoranti. In particolare, è sparito dal testo il riferimento precedentemente inserito, secondo cui “la fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti”. Nelle raccomandazioni specifiche per il nostro Paese, la Ue richiede di attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita. E questo è l’unico riferimento alla riforma delle pensioni che resta nel testo del Pnrr trasmesso alla Commissione europea il 30 aprile scorso.

In varie occasioni, dalla presentazione del programma di governo al Parlamento, a numerosi interventi in varie sedi, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha evocato la priorità di riorientare le politiche pubbliche (e la spesa pubblica) in favore delle giovani generazioni. Tale ri-orientamento non si potrà fare  – è chiaro dalle pagine di questo ultimo libro di Cazzola – senza mettere mano ad un sistema previdenziale oggi troppo mirato alle generazioni che stanno per andate a riposo.

Le dinamiche demografiche e del mercato del lavoro si presentano ora molto differenti da quelle che nel 1995, quando venne introdotto il meccanismo contributivo per il calcolo delle spettanze (NDC- Notional Defined Contributory per utilizzare il lessico internazionale), meccanismo che avrebbe dovuto funzionare come “pilota automatico”. Da un lato, l’invecchiamento della società italiana è molto più rapido di quanto preconizzato nel 1995. Da un altro, il mercato del lavoro non è più caratterizzato da impieghi e carriere di lungo periodo, ma frammentato e con impieghi che si alternano a periodi di disoccupazione o di lavoro autonomo.

Cosa fare? Mi sono occupato di problemi previdenziali in prospettiva comparata – tanto che dei mei lavori in materia solo due sono stati pubblicati in Italia e gli altri in Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti. Sulla base delle esperienze di Paesi che hanno risolto i loro problemi previdenziali, la risposta è essenzialmente in una proposta di legge presentata da Cazzola e da Tiziano Treu nella quattordicesima legislatura: un sistema come uno sgabello a tre gambe, di cui due obbligatorie ed una volontaria, articolato su una gamba finanziata dalla fiscalità generale, su una contributiva (agganciata alle retribuzioni) ed una complementare (per chi può e vuole).

Vale la pena riprendere questa idea nelle riforme del Pnrr.

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