Come accaduto sulla dichiarazione in difesa di Hong Kong, l’Ungheria si mette di traverso anche su Israele-Gaza. Borrell minaccia una decisione a 26. Basterà?
L’Ungheria di Viktor Orbàn è di nuovo nel mirino degli altri 26 Paesi membri dell’Unione europea. La scorsa settimana era stata Berlino a puntare il dito contro Budapest accusandola di aver impedito un’intesa unanime a difesa di Hong Kong e contro la Cina. Questa volta tocca a Josep Borrell.
È l’Ungheria il Paese che non si è trovato d’accordo con il testo uscito dal Consiglio informale Affari esteri dedicato al conflitto e alle violenze tra israeliani e palestinesi. Lo ha detto l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza in conferenza stampa. ”Si tratta dell’Ungheria”, ha detto rispondendo a una domanda. “Avrei preferito che tutti si rivedessero in questo testo. Sinceramente non riesco a capire come si possa non essere d’accordo con questo testo, ma devo prenderne atto”, ha aggiunto.
“Il testo riconosce che la priorità è l’immediata cessazione di tutta la violenza e l’attuazione di un cessate il fuoco”, ha spiegato il capo della diplomazia europea. Il primo obiettivo dell’Unione europea è di “proteggere i civili e dare pieno accesso umanitario a Gaza”, ha detto. “Sosteniamo pienamente il diritto di Israele di difendersi”, ma “questo deve essere fatto in modo proporzionato e rispettando il diritto internazionale umanitario”. Borrell ha assicurato poi che l’Unione europea rinnoverà il suo impegno “con partner chiave, in particolare l’amministrazione americana”, per rilanciare il Quartetto. La grande novità? L’impegno europeo “ad aprire un orizzonte politico” con il “rilancio potenziale del processo di pace”, ha dichiarato.
Il governo ungherese non ci sta e, come spesso ha fatto su questioni che riguardavano Paesi terzi come Russia e Cina, ha accusato l’Unione europea di decisioni “unilaterali” e che “non aiutano”. “La diplomazia dell’Unione europea non dovrebbe essere fatta soltanto di sentenze, dichiarazioni negative e sanzioni”, ha detto il ministro degli esteri ungherese Peter Szijjártó. “Penso che meno interferenze e una cooperazione più pragmatica potrebbero ridare molta forza all’Unione europea”, ha aggiunto.
L’Ungheria, dunque, segue un copione ormai noto. Ma lo stesso fa l’Unione europea. Dopo le tensioni sulla risoluzione su Hong Kong, l’Alto rappresentante aveva annunciato la volontà di premere sull’acceleratore, anche a costo di dover pubblicare una dichiarazione a 26. Da allora è passata più di una settimana e di quella dichiarazione non c’è traccia. Forse perché, come sospettano in molti a Bruxelles, l’Ungheria non è l’unico Paese critico verso la linea dura dell’Unione europea. Ma è un ottimo capro espiatorio.