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Pnrr e concorrenza, le contraddizioni dell’indicatore Ue sul commercio al dettaglio

Il Pnrr firmato da Mario Draghi ha recepito molte, anche se non tutte, le indicazioni provenienti dall’Autorità Garante del Mercato e della Concorrenza (Agcm). Concorrenza che sarà materia di dibattito anche nei prossimi mesi ed è utile capire perché…

Una delle aree del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr) che ha reso necessario un colloquio tra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e la Presidente della Commissione europea è quella della concorrenza. Sarà materia di dibattito anche nei prossimi mesi ed è utile capire perché.

Il Pnrr firmato da Mario Draghi ha recepito molte, anche se non tutte, le indicazioni provenienti dall’Autorità Garante del Mercato e della Concorrenza (Agcm). Sotto questo aspetto, vi è una notevole innovazione rispetto al Pnrr presentato a gennaio dal governo giallo-rosso. L’Osservatorio dei conti pubblici dell’Università Cattolica, guidato da Carlo Cottarelli, sottolinea che manca però, per ora, un livello di dettaglio adeguato riguardo agli interventi legislativi che concretamente verranno adottati; il che non consente di formulare un giudizio circa l’efficacia reale di questa parte del Pnrr ai fini del rilancio della crescita economica.

Le misure di promozione della concorrenza contenute nel Pnrr si suddividono in tre aree: sviluppo delle infrastrutture, rimozione alle barriere all’entrata nei mercati, servizi pubblici e sostenibilità ambientale.

Il livello di dettaglio su quali provvedimenti verranno concretamente attuati è comunque solo abbozzato, specialmente in alcune aree, quale ad esempio la gestione dei rifiuti. Considerato l’inserimento della legge sulla concorrenza tra le riforme “abilitanti” del Pnrr sarebbe stato forse opportuno una maggiore precisione circa i provvedimenti che verranno concretamente adottati. Gran parte delle misure sono in linea con quanto proposto dall’Agcm.

Tra i principali provvedimenti esclusi delle proposte Agm troviamo:

– Misure per la concorrenzialità nelle gare per le concessioni balneari. L’Agcm sottolinea, per l’ennesima volta, il danno che le continue proroghe previste dal legislatore nazionale infliggono ai nuovi operatori economici potenzialmente interessati ad entrare nel settore (es. l’ultima proroga della Legge di Bilancio 2019 ha prorogato le concessioni in essere fino al 2033). Inoltre, l’Autorità ha nuovamente sottolineato il danno per le finanze pubbliche derivante dall’irrisorietà dei canoni di concessione. L’estensione delle concessioni balneari è fortemente voluta dal Movimento Cinque Stelle (M5) ed è oggetto di una procedura d’infrazione in atto da parte della Commissione europea.

– Applicazione della concorrenza al settore del commercio su aree pubbliche, ossia il commercio ambulante, ambito che la legislazione italiana, in totale contrasto con la normativa Ue, al momento esenta totalmente da qualsiasi dinamica concorrenziale. Le restrizioni sono appoggiate principalmente dal Partito Democratico (Pd);

– Misure per quanto riguarda il comparto farmaceutico, dall’allentamento di alcuni requisiti per le procedure di acquisto di farmaci del settore pubblico all’aumento del potere negoziale dell’Aifa nelle trattative con le case farmaceutiche sul prezzo dei farmaci.

Nei prossimi due mesi, caratterizzati da interlocuzione tra il governo italiano e la Commissione europea si vedrà in che misura si giungerà a proposte condivise su questi comparti. Questa testata si è già espressa più volte in materia di concessioni balneari e commercio ambulante.

Sarebbe auspicabile che non ci si limitasse ad una discussione di lana caprina tra barracuda-esperti che tentano di difendere due piccoli comparti e non 60 milioni di italiani, ma che ci soffermasse su un tema di fondo, trattato con eleganza nel recentissimo studio della Confcommercio La prima grande crisi del terziario di mercato. Il volumetto analizza come la pandemia ha sconvolto i settori del commercio e del turismo tanto che c’è il rischio di distruggere in modo irreparabile il tessuto produttivo di comparti vitali per l’economia italiana e porta dati nuovi per approfondire il tema.

Più importanti di questi dati che purtroppo si toccano con mano passeggiando in città grandi, piccole e medie e si vedono saracinesche chiuse per sempre e negozi, ristoranti ed alberghi con cartelli “in vendita”, sono le pagine dell’ultimo capitolo in cui si sollevano interrogativi sul Retail Restriction Index (Rri) utilizzato dalla Commissione europea per valutare sinteticamente le restrizioni di cui il commercio al dettaglio beneficerebbe in ciascun Stato dell’Ue. La disanima è condotta con garbo perché è mirata a proporre un miglioramento dell’indice, non una sua soppressione, in modo che meglio rifletta la realtà effettuale. Adesso è difficile spiegare per quale motivo l’Italia sarebbe un Paese “restrittivo” ed ha, al tempo stesso, un elevato tasso di turnover delle imprese. Non è questa la sede per entrare in una discussione di metodologia statistica, ma ci convince l’argomentazione che così come è calcolato l’Rri tiene conto delle presunte cause della normativa non degli effetti ed è colmo di contraddizioni. Sono pagine che meritano di essere lette con cura al Ministero dell’Economia e delle Finanze ed al Ministero dello Sviluppo Economico.


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