Dopo la vittoria di Isabel Diaz Ayuso nelle elezioni per la municipalità di Madrid qualcosa potrebbe cambiare anche in Italia. La Lega potrebbe trovare le porte se non aperte, almeno socchiuse, fra i popolari in Europa, e quindi si potrebbe imbastire con loro un proficuo dialogo che porti poi, come è naturale che sia, le forze di democrazia cristiana, liberale e liberal-conservatrici ad allearsi e ad essere antitetiche a quelle rosso-verdi
Che la vittoria di Isabel Diaz Ayuso nelle elezioni per la municipalità di Madrid possa avere un significato anche per noi, sono in molti ad averlo sottolineato in queste ore. Solitamente si fa riferimento alla linea “aperturista” nella gestione della pandemia che la leader spagnola, che fino a un paio di anni fa era del tutto sconosciuta, ha assunto nella sua città e che, in questa fase, ha goduto dell’approvazione di gran parte dei suoi abitanti. Oppure al fatto che essa ha osato sfidare i dettami del “politicamente corretto” e anche le accuse di “fascismo” che gli sono piovute da sinistra, e in particolare da quel Pablo Iglesias che ha osato sfidarla e ne è uscito con le ossa rotte (insieme alla sua creatura Podemos). Tutto vero, ovviamente. Ma l’aspetto che a me sembra più interessante, anche se ancora molto in prospettiva, è il significato che questa vittoria, soprattutto se ben gestita, potrebbe avere a livello europeo e, in conseguenza, appunto italiano.
Bisogna però concentrare l’attenzione sul fatto, che forse in queste ore si tende a dimenticare, che Diaz Ayuso è una popolare. Intanto, la sua netta vittoria è un buon tonificante per il partito anche a livello continentale, in evidente crisi di consensi e idee. Una crisi coincidente con l’esaurirsi della stagione politica di Angela Merkel.
Che il “tramonto” della cancelliera sia destinato a riflettersi sulle istituzioni europee, è innegabile: esse sono state per lo più informate dalla sua azione, e anche le idee della Commissione sono per lo più quelle da lei elaborate. Inevitabilmente, la posizione di Ursula von der Leyen ne uscirà indebolita, ma prima di tutto potrebbe essere messa in crisi l’ideologia progressista e persino l’attuale alleanza coi socialisti (spuria da un punto vista storico oltre che ideale).
In verità, Merkel, negli ultimi mesi, ha assestato un paio di colpi che tendono a mettere al sicuro quanto costruito in questi anni: da una parte, ha costretto il “dissidente” Viktor Orban a lasciare il gruppo europeo; dall’altra, ha visto l’elezione del “continuista” Armin Laschet alla guida del partito tedesco. Ma che i disagi non si siano acquietati, e che siano pronti a venir fuori nei prossimi mesi, non è difficile pensarlo. Così come non è a mio avviso fantapolitica pensare che Pablo Casado, il leader dei popolari spagnoli e grande sponsor della Isabel vittoriosa, possa allora venir sempre più fuori e catalizzare gli scontenti dell’attuale popolarismo europeo. O almeno farsene riferimento simbolico, vista l’energia e la lucidità che sta dimostrando in Spagna.
Ed è a questo punto che qualcosa potrebbe cambiare anche in Italia. In che senso? La Lega potrebbe trovare le porte se non aperte, almeno socchiuse, fra i popolari in Europa, e quindi si potrebbe imbastire con loro un proficuo dialogo che porti poi, come è naturale che sia, le forze di democrazia cristiana, liberale e liberal-conservatrici ad allearsi e ad essere antitetiche a quelle rosso-verdi (cioè socialiste e ambientaliste, il che non significa ovviamente, come ci ricorda spesso Francesco Giubilei, che la battaglia ecologica debba essere riservata alla sinistra).
In qualche modo, la bipolarizzazione europea potrebbe favorire anche, in parallelo, l’assestamento del sistema politico italiano su questa direttrice. Tanto più che l’ipotesi centripeta di un rigido proporzionalismo per la nuova legge elettorale sembra essere naufragata con la fine del governo Conte. Ciò risolverebbe anche i problemi di sovrapposizione che la Lega ha già oggi (anche in questo caso sia in Italia sia in Europa) con l’altra forza di destra: i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. L’alleanza inevitabile con essa si prospetterebbe come una “naturale” unione fra una destra più legata ai ceti produttivi dei liberi professionisti e degli imprenditori, nonché di democrazia cristiana, da una parte, e una destra più nazionalista e legata allo Stato (anche se si spera non statalista), dall’altra. Oggi in Spagna, domani in Italia?