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La Space Force degli Stati Uniti entra in azione. Ecco come

La US Space Force si prepara a diventare abilitatore di tutte le altre forze armate degli Stati Uniti. Il capo delle operazioni spaziali, Jay Raymond, ha rivelato che i velivoli JStars utilizzati per individuare i movimenti a terra degli avversari saranno sostituiti da una rete di avanzati satelliti. Lo Spazio è sempre più militare

La Space Force entra in azione. Tra qualche anno, tutte le forze operative degli Stati Uniti saranno costrette a passare per le capacità della nuova forza armata al fine di avere preziose informazioni sui movimenti a terra, in teatro, degli avversari. È la novità annunciata ieri dal generale John W. Raymond, detto Jay, capo delle operazioni spaziali degli Usa, che ha abituato il pubblico americano (e non solo) a disvelamenti progressivi delle capacità della Space Force.

IL MONITORAGGIO A TERRA

Sono anni che si ragiona su come sostituire il velivolo JStars, acronimo di “Joint surveillance target attack radar system”, l’E-8 realizzato da Northrop Grumman per US Air Force e US Army. Entrato in servizio nel 1997, è la punta di diamante delle capacità di “Ground moving target indicator” (Gmti), cioè la possibilità di individuare e seguire movimenti di veicoli e persone a terra, raccogliendo informazioni e diffondendole alle forze in teatro. È un Boeing 707 modificato, una piattaforma volante da comando e controllo. Come il JStars, sono impiegati per Gmti anche l’aero-spia U2 (targato Lockheed Martin) e il drone Global Hawk. La capacità in questione è considerata di crescente rilevanza nei moderni scenari operativi, sempre più diretti verso “highly contested environment”.

IL PROGETTO

La grande novità annunciata dal generale Raymond è che sarà la US Space Force a occuparsi di individuare la soluzione per sostituire i JStars. Non saranno velivoli, ma satelliti. “Vedrete che sarà un’altra area su cui lavorare attivamente per essere capaci di fornire capacità Gmti”, ha detto il generale partecipando ieri alla McAleese FY2022 Defense Programs Conference, ripreso attentamente da DefenseOne. Per la neonata forza armata si tratterebbe di un salto non da poco, accompagnato da tutto ciò che riguarda il programma, dai contratti fino alla sua gestione successiva. Significa che le informazioni di Gmti sui movimenti a terra saranno raccolte e diffuse non dalle comunità di Intelligence, ma direttamente dalla Space Force, che diventerebbe abilitante per tutte le altre forze armate.

LE AMBIZIONI

“Il nostro obiettivo è aumentare la potenza militare americana, considerando che i sistemi spaziali assumeranno un ruolo sempre maggiore nelle missioni militari”, spiegava lo stesso Raymond a dicembre, firmando un editoriale per The Atlantic. Tutte le altre Forze armate, aggiungeva, dipendono da capacità spaziali, soprattutto per comunicazioni e navigazione. L’obiettivo è poter aumentare tali capacità, ma anche anticipare la possibilità di un confronto diretto nello Spazio. È questo l’obiettivo della formale nascita della US Space Force alla fine del 2019, con la firma di Donald Trump sul budget militare per l’anno successivo. Oggi i “Guardians” (così si chiamano i militare della Space Force) sono circa quattromila. Il 2020 è stato per la nuova forza armata propedeutico al rafforzamento.

LE TAPPE

A marzo dello scorso anno è partito il satellite l’AEHF-6 per le comunicazioni sicure, prima missione oltre l’orbita con il cappello della sesta forza armata degli Stati Uniti. Ad aprile sono arrivati gli 86 neo-tenenti laureati alla Air force accademy di Colorado Springs, destinati a passare alla storia come “la classe del 2020”, la prima dedicata alla Space Force. A maggio, dallo Studio ovale, il disvelamento della bandiera della Forze armata (da 72 anni gli Usa non ne presentavano una nuova): fondo nero, “United States Space Force MMXIX” scritto in basso, e al centro, circondato da stelle, il logo già svelato a gennaio (non senza ilarità social per la somiglianza con Star Trek). A dicembre, poi, il primo astronauta a vestire i colori della Space Force, quando il colonnello Michael Hopkins, allora a bordo della Iss, ha effettuato il suo giuramento per il passaggio dall’Aeronautica alla Forza spaziale.

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