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Se gli Usa chiedono il ritorno di Taiwan all’Oms

Uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 delle Nazioni Unite recita: nessuno dovrebbe essere lasciato indietro. Ora è decisamente il momento per non dimenticare Taiwan. Il commento di Stefano Pelaggi, docente presso l’Università di Roma La Sapienza

L’Assemblea mondiale della sanità (Ams) si riunirà, come tutti gli anni, alla fine di maggio nel Palazzo delle Nazioni di Ginevra. La riunione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), programmata dal 24 maggio al 1° giugno, sarà molto diversa dalle scorse edizioni. L’influenza di Pechino sulle decisioni dell’Oms era un argomento relegato sulle colonne delle riviste specializzate ma la gestione della pandemia Covid-19 ha portato la questione sulle prime pagine dei quotidiani in tutto il mondo. I riflettori saranno puntati sull’Ams e ogni decisione verrà valutata attraverso prospettive diverse.

I cambiamenti all’Assemblea mondiale della sanità, tuttavia, non riguardano Taiwan, che resterà – con tutta probabilità – esclusa per l’ennesima volta dalla riunione. Una scelta difficile da comprendere alla luce dell’incredibile successo contro il Covid-19, appena 12 morti e 1173 casi dall’inizio della pandemia.

La mancata partecipazione taiwanese, che dal 2009 al 2016 aveva preso parte all’Ams come osservatore, ha generato forti reazioni a Washington. Gli Stati Uniti hanno chiesto ai vertici dell’Oms di consentire a Taiwan di partecipare alla riunione con una dichiarazione ufficiale del segretario di Stato Antony Blinken. “Non vi è alcuna giustificazione ragionevole per la continua esclusione di Taiwan da questo forum”. E ancora: “Taiwan aveva partecipato in passato all’Assemblea mondiale della sanità, prima delle obiezioni registrate dal governo della Repubblica popolare cinese”.

Le parole del capo della diplomazia statunitense rappresentano un inusuale sostegno alla proiezione taiwanese e fanno eco all’appello lanciato la scorsa settimana dai ministri degli Esteri del G7 da Londra. La dichiarazione di Blinken richiama l’esperienza taiwanese nella lotta al Covid-19 e il ruolo della democrazia taiwanese nella regione: “Le sfide per la salute globale e la sicurezza sanitaria globale non rispettano i confini né riconoscono le controversie politiche”. Blinken prosegue definendo Taiwan un “partner affidabile, una democrazia vibrante e una forza per il bene nel mondo” e aggiungendo che “l’isola offre contributi preziosi e lezioni apprese dal suo approccio alle questioni sanitarie globali”. Una dichiarazione importante, e fuori dagli schemi, che richiama il ruolo taiwanese nella contesa tra Washington e Pechino, ma anche l’importanza della democrazia taiwanese nel continente asiatico.

L’intercambio economico tra Cina e Taiwan è enorme e i flussi tra i due Paesi sono intensi. Taiwan avrebbe potuto essere uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia: circa due milioni di taiwanesi lavorano in territorio cinese e centinaia di voli aerei collegano le città taiwanesi a quelle cinesi, incluso un volo diretto tra Wuhan e Taipei. Sulla base dell’esperienza della Sars nel 2003 il governo taiwanese ha ignorato le informazioni della Repubblica popolare cinese e sin dal dicembre 2019 ha avviato delle procedure di emergenza sulla base di informazioni dal territorio cinese che descrivevano una situazione ben diversa dalle notizie provenienti da Pechino. Mentre l’opinione pubblica globale seguiva le indicazioni cinesi, avallate dall’Oms, Taiwan avviava una procedura di emergenza che ha salvato decina di migliaia di vite. Una lezione da ricordare in occasione dell’Ams ora che abbiamo compreso la necessità di una cooperazione sanitaria globale dopo la tragedia del Covid-19.

Uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 delle Nazioni Unite recita: nessuno dovrebbe essere lasciato indietro. Una cooperazione inclusiva che non tenga conto delle discriminanti ideologiche o politiche deve essere alla base delle scelte delle Nazioni Unite. Taiwan è un modello di democrazia per il continente asiatico ed è stato un esempio nella lotta al Covid-19. Ora è decisamente il momento per non lasciare indietro Taiwan e i 23 milioni di cittadini taiwanesi.

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