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Perché Usa e Uk escono più forti dall’incontro G7

Di Giangiacomo Calovini

Far fronte comune tra le società democratiche, contrastando le minacce che potrebbero venire da attori esterni. Ecco l’agenda britannica per il G7 (che piace a Washington). Scrive Giangiacomo Calovini (Geopolitica.info)

Dopo più di un anno dall’ultimo vertice internazionale in presenza, nei giorni scorsi Londra si è svolto il summit dei ministri degli Esteri del G7. Un incontro che, tuttavia, ha trovato spazio sui giornali più per la positività al Covid-19 di due delegati indiani che per i contenuti, per nulla secondari, affrontati durante il vertice. Gli argomenti all’ordine del giorno erano i difficili rapporti fra gli stessi Stati del G7 con Russia, Iran, Myanmar e Cina. Ma, ancor prima di entrare nel merito di tali questioni, va sottolineato come il vertice sia stato, nel bene o nel male, il primo appuntamento per Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti di ritrovarsi dopo la pandemia. Rappresentati dai rispettivi ministri degli Esteri, questi Paesi hanno avuto l’occasione di rilanciare il multilateralismo che, come è risaputo, durante la pandemia è venuto meno a causa delle scelte, talvolta legittime, dei singoli Paesi di difendere i propri interessi.

Al fianco dei Paesi protagonisti hanno preso posto come membri di diritto, anche i rappresentanti di India, Australia, Sud Africa e Corea del Sud sottolineando sin da subito come il blocco occidentale voglia essere ancora determinante per gli assetti geopolitici mondiali. Proprio in quest’ottica va evidenziato l’allineamento dei rappresentanti degli Stati membri sulla pericolosità della Cina, e in particolare sulle vicende che coinvolgono la regione dello Xinijang anche se, giusto sottolinearlo, i britannici hanno cercato di mantenere una posizione neutrale senza forzare troppo la mano su Pechino. L’obiettivo del Regno Unito dopo la Brexit, infatti, è coltivare rapporti commerciali con molti Stati terzi: irrigidirsi troppo su temi morali potrebbe non essere la scelta migliore da fare in questa fase.

Tuttavia, l’obiettivo dei padroni di casa, come si è compreso chiaramente anche dal discorso di benvenuto pronunciato dal ministro degli Esteri Dominic Raab, è quello di far fronte comune tra le società democratiche, contrastando le minacce che potrebbero venire da attori esterni. In un incontro con l’omologo statunitense, il segretario di Stato Antony Blinken, lo stesso Raab ha affermato che l’Occidente difenderà l’ordine internazionale dai tentativi sovversivi di qualsiasi Paese, compresa proprio la Cina. Un’affermazione pesante, dal valore politico ma anche economico, poiché bisogna ricordare che il G7 è stato fondato nel 1975 come rappresentativo delle sette economie più fiorenti a livello globale. Una forza commerciale che, se raggruppata, rappresenta la regione economica più potente superando di gran lunga quella cinese.

A ogni modo, i rappresentanti dei governi statunitense e britannico, rispettivamente guidati da Joe Biden (atteso per il primo viaggio all’estero proprio nel prossimo meeting del G7 in giugno) e Boris Johnson, si sono dichiarati preoccupati su come l’Occidente dovrebbe agire nei confronti della Cina e della Russia. Blinken, di origini ucraine, si è poi detto favorevole a legami stabili con Mosca ma, a suo dire, bisogna valutare quale sarà l’atteggiamento di Vladimir Putin, in particolare modo in contesti geopolitici molto frastagliati come, appunto, l’Ucraina.

Raab ha poi annunciato che il Gruppo dei Sette proporrà di costruire un meccanismo di contrasto per la propaganda russa e in particolare per contrastare quella disinformazione che sistematicamente sembra provenire direttamente dal Cremlino. Pesanti sono state le accuse dei diplomatici europei, statunitensi e britannici nei confronti di Pechino e Mosca che sarebbero sempre più intenzionate a seminare sfiducia in Occidente, anzitutto sul tema quanto mai attuale dei vaccini anti Covid-19.

Contrariamente, Putin continua a sostenere che l’Occidente sia in preda ad un’isteria antirussa ingiustificata e mantiene, non modificandola in alcun modo, la posizione già presa ed espressa quando alla Casa Bianca c’era il predecessore di Biden, Donald Trump. È sempre più chiaro, infatti, che il clima tra Mosca e Washington non sia di certo migliorato con l’arrivo di Biden (impossibile dimenticare la recente intervista in cui ha definito Putin “un assassino”) così come poco o nulla è cambiato in merito alla Cina a tal punto che, a margine del G7, si è parlato di come Taiwan abbia il diritto di partecipare ai vertici dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Una posizione, quella presa dal G7, che rientra in un quadro ben più ampio delineato con precisione dai due alleati storici che si affacciano sull’Atlantico. Posizioni che di certo non passeranno inosservate nelle grandi capitali mondiali e che premettono risposte per nulla concilianti da Pechino e Mosca.

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