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Crisi in Venezuela, cosa ha detto López al Senato

L’ex prigioniero politico in conferenza stampa con il senatore Casini: l’Italia non può restare inattiva sulla situazione nel Paese sudamericano, anche perché il regime di Maduro continua a tenere in carcere quattro italiani. Le condizioni della soluzione politica

Per non dimenticare la crisi in Venezuela, il senatore Pier Ferdinando Casini ha organizzato oggi una conferenza stampa nella Sala Caduti di Nassirya del Senato, alla quale hanno partecipato Leopoldo Lopez, commissario rappresentante di Juan Guaidó ed ex prigioniero politico del regime di Nicolás Maduro, e i deputati venezuelani in esilio Mariela Magallanes e Armando Armas. Intitolato “Venezuela, tra crisi democratica ed emergenza economica”, l’incontro è stato organizzato dal Gruppo italiano dell’Unione Interparlamentare.

Ciò che lega Casini e López, la preoccupazione comune per la situazione di degrado in cui si trova il Venezuela. Ma non solo. C’è un impegno condiviso per sostenere gli italo-venezuelani privati dalla loro libertà da parte del governo socialista venezuelano. Casini ha sottolineato che l’ambasciata italiana in Venezuela “è sempre al fianco di Hugo Marino, Juan Planchart, Oreste Alfredo Schiavo e Juan Marrufo Capozzi, gli italo- venezuelani detenuti dal regime di Caracas: il Parlamento chiede al regime la loro liberazione e continuerà a farlo nei prossimi mesi. Non ci rassegniamo al fatto che questi nostri concittadini siano privati della libertà”.

“Migliaia di cittadini italiani vivono in Venezuela. A loro voglio mandare un messaggio di affetto e solidarietà – ha aggiunto Casini -. Non possiamo dimenticarli perché sono parte integrante della nostra comunità nazionale”.

A testimoniare la mancanza di libertà, e le torture subite in carcere, c’era López, che per quattro anni è stato in carcere per opporsi al governo di Maduro. L’oppositore, che ora vive a Madrid, ha ricordato che molti europei sono partiti per il Venezuela nel dopoguerra, alla ricerca di nuove opportunità per una vita migliore. Oggi sono circa 7 milioni i venezuelani costretti a lasciare il proprio Paese per la crisi umanitaria, economica o di intimidazione politica. Tra questi esiliati ci sono anche 36 deputati venezuelani.

“L’Italia non può restare ai margini della crisi venezuelana per motivi storici – ha detto López -. Abbiamo bisogno dell’Italia, e dei Paesi democratici, per superare la crisi umanitaria e la crisi politica, che è l’origine di questo disastro”.

Per illustrare quanto sta succedendo in Venezuela, López ha dato qualche numero: negli ultimi otto anni l’economia venezuelana si è contratta dell’80%; il 60% della popolazione vive in stato di povertà estrema e il Fondo Monetario Internazionale indica che il Venezuela è il Paese più povero della regione, superando anche l’Haiti. “Tutta questa tragedia ha un’origine politica – sostiene il dissidente -. Ed è il modello della dittatura, basato sull’estrazione delle risorse”.

López è convinto che la soluzione a questo combinato fatale di crisi sia un accordo politico per svolgere elezioni libere, giuste e verificabili: “Ma non possiamo farlo da soli. Abbiamo bisogno del sostegno dell’Europa, degli Stati Uniti e dei Paesi della regione che credono nella democrazia e nella libertà per coordinare e garantire questo processo”. E invita ad una partecipazione attiva dell’Italia.

L’oppositore ha spiegato che Maduro è ancora al potere perché gode dell’appoggio di Paesi molto potenti come Russia, Iran, Cina, Iran e Cuba, che mantengono il regime. Il mondo democratico invece deve “darci l’appoggio deciso perché il Venezuela possa riavere democrazia e libertà e possa superare la crisi”, ha detto López.

Sulle divisioni dell’opposizione venezuelana, López ribatte che si tratta di una percezione che conviene al regime di Maduro: “Siamo consci che l’unità è necessaria, e stiamo lavorando in questa direzione. Ma chiediamo anche unità ai Paesi che ci sostengono”.

“Guadiamo al futuro con speranza – ha concluso -. Non c’è spazio per l’odio o il risentimento, bensì per l’intesa. Ci sono molte ragioni per coltivare divisione e risentimento, ma non è quella la strada. Guardiamo al futuro per costruire soluzioni”.


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