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A Madrid ha vinto la stanchezza (da Covid-19). E su Iglesias… Gli scenari di Román Marugán

I popolari hanno vinto nella capitale spagnola, schiacciando i socialisti e aprendo a nuovi equilibri politici. Il fattore (psicologico) del Covid nel voto e il futuro (incerto) di Iglesias e Unidas Podemos. Conversazione con la politologa spagnola Paloma Román Marugán, professoressa dell’Università Complutense di Madrid

“Oggi a Madrid ha trionfato la libertà e inizia un nuovo capitolo della storia della Spagna. Grazie per aver fatto la storia. I due beni più preziosi dell’uomo sono la libertà e la vita. Sono stati i due anni più difficili. Continueremo a governare in armonia”. Con queste parole, Isabel Díaz Ayuso, candidata del Partito Popolare (Pp) per la Comunità di Madrid ha commentato, con lacrime di emozione, la sua vittoria e riconferma alla guida della Comunità autonoma di Madrid.

A CACCIA DI ALLEANZA

I popolari hanno sfiorato la maggioranza assoluta, con un risultato del 44,7% dei voti, che si traduce in 65 seggi (per governare da soli servono 69 seggi). Il partito Más Madrid ha ottenuto il 16,9 (24 seggi), il Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe il 16,8% (24 seggi), Vox   il 9,1% dei voti (13 seggi) e Unidas Podemos con il 7,2% (10) (qui l’articolo di Formiche.net).

Sebbene la maggioranza di Pp sia molto larga, ha però bisogno di quattro seggi per formare un nuovo governo regionale a Madrid. In una conversazione con Formiche.net, la politologa spagnola Paloma Román Marugán, professoressa dell’Università Complutense di Madrid, ha spiegato che l’unica possibilità di alleanza è con Vox, ma è ancora da vedere: “I seggi di Vox sono necessari, ma non tanto come per arrivare ad un accordo che porti qualcuno di Vox al governo […] La leader di Vox ha già detto che faciliterà l’insediamento in cambio di nulla, ma dobbiamo capire cosa significa questo ‘nulla’. Tuttavia, questo doveva dire in questo momento perché i loro voti valgono poco. Non c’è nessun’altra alternativa se non con Vox”.

IL FATTORE COVID

Per quanto riguarda la pandemia, il caso di Madrid è paradossale, e sembra avere avuto un impatto diretto sulla scelta politica degli elettori. Ancorché scuole, attività commerciali e ristoranti della capitale spagnola siano rimasti aperti, il numero di decessi per il Covid è stato molto inferiore rispetto a una città come Milano, che è stata chiusura più volte quasi totalmente.

Questo contesto particolare sembra avere influito sul voto dei madrileni, facilitando la vittoria del Pp, secondo Román: “È curioso perché la gestione della pandemia a Madrid è stata terribile. È il peggior territorio della Spagna in quanto a contagi e morti. Ma c’è un fattore psicologico. Da più o meno un anno, siamo in una specie di ‘gabbia’ per le restrizioni, e la gente è stanca. Questa stanchezza della pandemia a Madrid, che è un territorio dove i popolari governano – e continueranno a farlo – ha aperto strade diverse, con più mobilità”. Così molti elettori hanno “votato contro la pandemia, contro le restrizioni, contro il coprifuoco, che attribuiscono al governo centrale della Spagna – spiega la politologa -. Si tratta di un voto molto reattivo e di stanchezza della pandemia”.

LA SCONFITTA DEI SOCIALISTI

Sugli effetti della vittoria popolare nella coalizione del governo centrale, Román sostiene che non ci saranno cambiamenti, nonostante il Psoe si trovi adesso in una situazione molto difficile come partito. Anche se i socialisti hanno sempre perso a Madrid, anche nelle elezioni nazionali. Questa però è una sconfitta strepitosa, “soprattutto se si crede alle voci che dicono che la campagna dei socialisti a Madrid non è stata gestita dal partito, ma da Moncloa (palazzo del governo, ndr). Si sono schiantati, e l’hanno fatto molto male”, sottolinea Román.

L’alleanza per l’esecutivo comunque resterà in piedi perché sulla carta il voto della Comunità di Madrid non influisce direttamente nella coalizione. E Unidas Podemos ha raggiunto la soglia del 5%, che garantisce l’entrata al Parlamento di Madrid. Román spiega che ovviamente “non possono dire che hanno vinto, (infatti Pablo Iglesias ha detto che abbandona la politica), ma è vero che si tratta di un’altra dimensione. La dimensione dello Stato dipende dal Parlamento spagnolo, per cui niente di quanto accaduto ieri influisce direttamente nella coalizione di governo. Un’altra cosa è che si risentano i partiti”.

IL FUTURO DI IGLESIAS

Professore all’università, giornalista critico, volto della tv… Parte del dibattito di oggi in Spagna si riferisce a che cosa farà adesso Pablo Iglesias dopo avere confermato l’addio alla politica. L’ipotesi più forte è che tornerà alla cattedra di Scienze politiche e Sociologia dell’Università Complutense di Madrid, anche se qualcuno scommette per un ritorno al programma La Tuerka, La Sexta Columna o Fort Apache (trasmesso dall’emittente pubblica iraniano Hispan Tv).

Certo è che – un po’ come Alessandro Di Battista in Italia – Pablo Iglesias non sparirà del tutto. Román è convinta che “continuerà ad essere presente nella scena politica spagnola, anche se non avrà incarichi ufficiali (e anche questo è da vedere) o incarichi politici. Lui è una personalità politica per cui sarà sempre lì, parlando e pontificando, con una presenza politica, anche se minimizzata”.

E cosa ne sarà di Unidas Podemos senza il suo leader? “Vedremo come lo plasmerà Yolanda Díaz, se viene eletta come successore di Iglesias – conclude Román -. Ma dobbiamo ricordare che c’è già stata una grande secessione in Unidas Podemos, da cui è uscita Más Madrid, che ha trionfato ieri a Madrid. Non hanno i numeri del Pp, ma due anni fa Más Madrid non esisteva, e hanno vinto anche in confronto al Psoe. È un successo molto importante”.

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