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America is back. Quanto durerà? L’editoriale di Katulis (Cap)

Biden ha fatto all’Europa una solenne promessa: l’America è tornata. La visita del segretario di Stato Blinken in Europa e in Italia e il G20 di Bari-Matera sono un banco di prova. I toni e i metodi sono cambiati, ma la democrazia americana fa ancora i conti con le sue ombre. Il commento di Brian Katulis, Senior Fellow del Center for American Progress

Per avere un’idea di cosa aspettarsi durante la visita in Italia del Segretario di Stato americano Tony Blinken, basta dare un’occhiata ai suoi precedenti viaggi in Germania e Francia. La diplomazia tradizionale, con uno stile più stabile e prevedibile e un approccio più caloroso, è finalmente tornata, rimpiazzando l’approccio non convenzionale e imprevedibile dell’amministrazione Trump.

Inutile attendersi grandi sorprese o differenze fra Blinken e il suo capo, il presidente Joe Biden. Blinken è in Europa per dare seguito a una serie di iniziative sottolineate nel primo viaggio europeo di Biden la settimana precedente e per fare i conti con altri aspetti chiave che invece non sono stati in cima all’agenda del G7, del summit Nato e dell’Ue, così come degli incontri bilaterali del presidente americano a giugno.

La lista ambiziosa dei dossier di politica estera che l’amministrazione Biden ha annunciato di voler affrontare può essere scoraggiante, e questa visita richiede all’Italia di rimboccarsi le maniche e mettersi a lavorare in stretto coordinamento con gli alleati sulle iniziative internazionali e multilaterali come la Coalizione globale per sconfiggere l’ISIS e altre sfide chiave in Medio Oriente, come la Siria.  Il Segretario di Stato americano ha deciso di incontrare anche funzionari del Vaticano per discutere di cambiamenti climatici e libertà religiosa, e di unirsi ai ministri degli esteri del G-20 per discussioni su una serie di questioni di sicurezza globale come la pandemia del Covid-19 e la questione ambientale.

La scaletta è fittissima e rende conto del peso di questo viaggio. Segue l’incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio per discutere come i due Paesi possono lavorare insieme su una vasta gamma di questioni globali, in particolare la competizione globale tra democrazie e autocrazie che l’amministrazione Biden ha messo al centro della sua agenda per una nuova politica estera degli Stati Uniti.  L’Italia è un partner chiave in questo sforzo per dimostrare che le democrazie possono  e devono superare i governi autoritari come Cina e Russia.

La sostanza e il tono del viaggio europeo di Blinken mirano a rafforzare la percezione che un’America più stabile e affidabile è tornata sulla scena, lavorando con i partner per portare avanti l’agenda su più fronti.

Un’America che rimane consumata da una serie di sfide in corso e da un ambiente mediatico e politico che è ancora vittima di un grande disordine ed è disinteressato alle vicende estere – il viaggio europeo di Blinken è stato a malapena notato – che non necessariamente è una cattiva notizia. Forse è il segno che, dopo cinque anni di politicizzazione della politica estera americana, finalmente siamo una svolta, ma sarà il tempo a dirlo.

Dichiarare agli alleati che l’America è tornata, però, non basta. Ci sono tre sfide urgenti da affrontare.

La prima: passare dalle parole ai fatti, e produrre risultati, sulle tante questioni sollevate nel recente comunicato del G7: non sarà facile. L’amministrazione Biden ha fatto suo uno slogan per questo rilancio della diplomazia multilaterale, “Build back better for the world” (B3W), resta da capire come intenda mettere in pratica il piano. Gli Stati Uniti dovranno fare i conti con un tradizionale problema della politica estera: convincere i loro partner e alleati a lavorare insieme piuttosto che andare ognuno per la sua via o, peggio, mettere in sordina i rapporti con Washington per aprire le porte a Cina e Russia.

La seconda sfida riguarda il fronte interno: gli Stati Uniti devono dimostrare al mondo che sono in grado di mantenere le proprie promesse, anche in casa propria. L’appello a “ricostruire meglio il mondo” suonerà a vuoto se l’America non sarà in grado di ricostruire prima la sua economia, la rete di sicurezza sociale, il sistema delle infrastrutture e degli investimenti pubblici attualmente all’esame del Congresso.

La terza e ultima sfida dell’amministrazione Biden è forse la più grande,  e riguarda la continua crisi della democrazia americana. Questa crisi include un Partito Repubblicano che continua a scivolare sempre più profondamente nell’illiberalismo, con l’ombra di Donald Trump che incombe ancora sul partito e promuove misure che sono progettate per intaccare la legittimità delle istituzioni democratiche americane e dei loro regolari processi, come le elezioni.

Ecco perché molti in Italia e in Europa guardano ancora oggi con diffidenza agli Stati Uniti, anche se la visita europea di Blinken e l’approccio della sua squadra avranno già fatto tirare un primo sospiro di sollievo. Mentre gli Stati Uniti cercano di promuovere la cooperazione e a lavorare insieme a Paesi come l’Italia sulle grandi sfide del nostro tempo, un timore si fa strada fra gli alleati: sarà solo un momento fugace, pronto ad essere spazzato da un prossimo cambio di tendenza politica a Washington DC? L’impasse politico e le disfunzionalità della politica americana continueranno a erodere l’autorevolezza della diplomazia americana nel mondo?

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