Dalla nuova agenzia per la cybersecurity alle tante sfide del comparto, disagio sociale, spionaggio estero, sicurezza delle infrastrutture critiche. Serve una nuova stagione dell’intelligence, al riparo dalle polemiche politiche. Una road map di Mario Caligiuri, presidente della Società italiana di intelligence
L’individuazione del sottosegretario ai Servizi Franco Gabrielli, la nomina del nuovo segretario generale del Dis Elisabetta Belloni, la conferma fino a maggio 2022 del direttore dell’Aisi Mario Parente, l’elezione del presidente del Copasir Adolfo Urso hanno definito un quadro chiaro e stabile del sistema dell’intelligence nazionale.
Si è quindi in condizione di affrontare le gravi e urgenti questioni di sicurezza nazionale che riguardano il nostro Paese.
Tanto per cominciare l’operatività dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, che con il precedente governo aveva creato non poche polemiche mentre adesso ha ricevuto soprattutto consensi.
Il tema è attualissimo, in quanto nel 2030 praticamente tutto il mondo sarà collegato al web. Non a caso, c’è chi afferma che il rating di uno Stato potrebbe presto essere determinato anche dal livello della propria sicurezza informatica.
Altro aspetto determinante verso il quale indirizzare l’intelligence è il contrasto alle mafie che si stanno infiltrando sempre di più nel tessuto economico. Il recente dibattito sul codice degli appalti (che sarebbe il caso urgentemente di riprendere) ha riproposto in modo macroscopico le infiltrazioni delle mafie nelle opere pubbliche.
Nell’annuale Rapporto del Dis al Parlamento, l’indicativo resoconto delle informative inviate dall’Aisi alle autorità istituzionali e alle forze di polizia riporta che il 9 per cento abbia riguardato la criminalità organizzata. Una percentuale che sarebbe forse il caso di aumentare, anche per quanto attiene l’Aise che si attesta al 2 per cento.
Come più volte espresso su Formiche.net, il disagio sociale potrebbe rappresentare la conseguenza più pericolosa della pandemia. Non a caso, in seguito alle proteste crescenti che stanno interessando numerose città, il Ministro dell’Interno ha convocato il 7 giugno 2021 il Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, con la significativa presenza dei responsabili dell’intelligence e del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.
Secondo il Viminale il ventaglio di chi scende in piazza è ampio: dagli estremisti di destra e di sinistra agli anarchici, dalla criminalità comune a quella organizzata. Si è detto che intervenendo sulla velocità dell’erogazione dei ristori si potrebbero contenere le manifestazioni.
Questo è un aspetto significativo, ma dietro il disagio ci sono ben altre ragioni, molto profonde e riguardano le disuguaglianze sempre più acute, le vistose mancanze di opportunità per le giovani generazioni, le evidenti inadeguatezze del potere pubblico e dei servizi erogati dalla pubblica amministrazione.
Altro aspetto, è la ripresa dei flussi dell’immigrazione, quasi azzerati dalla pandemia, che potrebbero riprendere in modo assai consistente nei prossimi mesi. Con tutti i corollari che ne conseguono.
L’assalto agli asset strategici nazionali va contrastato con tempestività, preoccupazione comune agli Stati del G7 come emerso nell’ultimo incontro con il Presidente americano Joe Biden. Pertanto sarebbe utile precisare al più presto la normativa sulla Golden power, anche in modo da prevedere ufficialmente il ruolo dei Servizi negli organismi preposti.
Inoltre l’intelligence dovrebbe essere orientata in modo mirato sulla guerra normativa, che vede in competizione gli Stati per imporre a livello internazionale le regole legislative più vantaggiose per i propri interessi. Si tratta di uno scontro violento e poco noto alla pubblica opinione ma che si sta manifestando dall’avvento della globalizzazione.
Un fenomeno al quale la rivista “Gnosis” l’anno scorso ha opportunamente dedicato un intero numero. La guerra normativa diventa ancora più strategica in relazione all’uso delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Occorre, infatti, monitorare se i fondi possano essere preordinati fin dall’origine verso determinati esiti. Una ipotesi possibile sarebbero gli interventi sulle reti idriche che vedono le multinazionali francesi Suez e Veolia molto presenti nel nostro Paese.
Gli scenari internazionali vanno osservati alla luce dell’interesse nazionale e quindi nell’immediato in relazione agli approvvigionamenti energetici (Libia, Egitto, Russia, compresi gli sviluppi dei casi Regeni e Biot) e all’immigrazione (Africa centro-settentrionale e Balcani).
Come si vede siamo difronte a un’agenda fitta e complessa, che potrebbe richiedere un aggiornamento delle regole dell’intelligence italiana.
C’è chi sostiene che l’architettura prevista dalla legge 124/2007 di fatto abbia reso il nostro sistema unitario con il DIS che è il referente del vertice politico, della magistratura e dei Servizi esteri.
Dopo la prima legge del 1977, si era cominciato a parlare di riforma già subito dopo, ma per avere una nuova normativa occorrerà attendere 30 anni, non essendo bastati il crollo del muro di Berlino, gli attentati dell’11 settembre, lo scandalo dei fondi neri del Sisde con la chiamata in causa dell’allora presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Adesso sono passati 14 anni dalla riforma del 2007, quasi metà del periodo tra la prima e la seconda riforma. Adesso però il tempo scorre molto più in fretta.
La definizione di nuove regole pone un tema centrale: gli interventi normativi sull’intelligence, come i due precedenti, richiedono il massimo consenso possibile. Di questi si potrebbe cominciare a discutere già all’interno del Copasir.
Contemporaneamente, tra i dossier all’attenzione del sottosegretario Gabrielli potrebbe esserci anche quello della riforma dei Servizi. Un tema che vede coinvolti direttamente gli ambiti politici, militari, economici, industriali e della ricerca, settori attraverso i quali si identifica l’interesse nazionale. La strategia, infatti, non può che essere quella delle maggiori interlocuzioni possibili.
Negli ultimi dieci mesi, per il rinnovo dei vertici delle Agenzie, per il conferimento della delega sui Servizi, per la Fondazione sulla Cybersecurity, l’intelligence è diventata uno dei principali argomenti di polemica politica, con il risultato di rischiare di indebolire l’intero sistema della sicurezza, che andrebbe mantenuto al di fuori delle contese.
Ciò non significa che non ci si debba puntualmente occupare dell’intelligence per verificare se le attività rispondano alle funzioni che la legge prevede. Il controllo politico è esercitato dal Copasir, che, allo stesso modo del Dis, è tenuto a presentare una relazione annuale al Parlamento. Il Comitato Parlamentare il 14 aprile 2021 ha depositato un documento che comprende l’attività della presente legislatura dal 2018 al 2020.
Infine, occorrerebbe riflettere presto sul reclutamento degli operatori delle agenzie. Mantenere le scelte prevalentemente nel circuito interno delle forze di polizia e delle forze armate, significa limitare inevitabilmente l’azione dei Servizi nazionali, che sono chiamati ad affrontare sfide sempre più difficili e complesse.
Viviamo nel secolo dell’intelligence, è questo strumento che consente di vincere o perdere la battaglia del futuro.