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L’anticorruzione è sicurezza nazionale. Biden avverte Mosca e Pechino prima del G7

Biden eleva l’anticorruzione a questione di sicurezza nazionale e a pochi giorni dal tour in Europa mette sotto pressione Cina e Russia

L’anticorruzione diventa un interesse fondamentale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. È quanto emerge da un memorandum firmato dal presidente Joe Biden alla vigilia della riunione tra i ministri delle Finanze del G7 in agenda il 4 (venerdì) e il 5 (sabato) giugno e a una decina di giorni del suo viaggio in Europa per il G7 di Londra (in cui il confronto con la Cina sarà tra le priorità), l’incontro per i vertici dell’Unione europea a Bruxelles e quello con l’omologo russo Vladimir Putin a Ginevra.

“La corruzione minaccia la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, l’equità economica, gli sforzi globali contro la povertà e lo sviluppo, e la democrazia stessa”, si legge nel documento. “Ma prevenendo e contrastando efficacemente la corruzione e dimostrando i vantaggi di un governo trasparente e responsabile, possiamo assicurare un vantaggio fondamentale per gli Stati Uniti e altre democrazie”. E ancora: “Combattere la corruzione non è solo buon governo. È autodifesa. È patriottismo ed è essenziale per la conservazione della nostra democrazia e del nostro futuro”.

Il presidente ha dato al governo 200 giorni per consegnarli un rapporto e raccomandazioni su come gli Stati Uniti possono utilizzare meglio le loro risorse e collaborare con altri Paesi per combattere la corruzione. Nel mirino i regimi – come la Cina e la Russia – ma anche chi offre loro sponde.

Gli sforzi di Biden contro la corruzione hanno però anche una missione globale: dare l’esempio. “La mia amministrazione guiderà gli sforzi per promuovere il buon governo; portare trasparenza negli Stati Uniti e nei sistemi finanziari globali; prevenire e combattere la corruzione in patria e all’estero; e rendere sempre più difficile per gli attori corrotti proteggere le loro attività”, prosegue il provvedimento.

Una missione che Biden aveva già dichiarato in un saggio pubblicato nella primavera dell’anno scorso, da candidato alla Casa Bianca, in un saggio su Foreign Affairs: “guidare gli sforzi a livello internazionale per portare trasparenza al sistema finanziario globale, perseguire i paradisi fiscali illeciti, sequestrare i beni rubati, e rendere più difficile per i leader che rubano al loro popolo di nascondersi dietro anonime società di facciata”, scriveva.

Simili concetti li aveva espresso da ex vicepresidente anche in un articolo firmato nel novembre del 2018 con Michael Carpenter, direttore del Penn Biden Center, su Politico: “Le potenze straniere usano tre strumenti per interferire nella politica democratica: operazioni cibernetiche, disinformazione e denaro sporco”, spiegavano i due.

Parole che lette oggi dipingono un quadro in cui gli Stati Uniti di Biden hanno deciso di impegnarsi ma anche, in opposizione all’approccio dell’amministrazione Trump, di coinvolgere gli alleati chiedendo loro di fare lo stesso.



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