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Boutique Italia, come e perché scommettere sulle imprese italiane

Di Enrico Carnevali

Sistema boutique Italia, una iniziativa corale della finanza familiare per sostenere i piccoli-grandi eroi dell’impresa italiana che produce e vince sui mercati. L’Italia punta sull’Italia, sulle Pmi ad alto valore aggiunto, sulla visione internazionale, sull’attenzione alla sostenibilità come valore primario di rispetto del territorio e delle comunità. La forza e il potenziale dell’imprenditoria al servizio dell’innovazione. Combinato con il primato di sostenibilità italiano, modello indiscusso nel mondo. L’intervento di Enrico Carnevali, amministratore delegato di Buoutique Italia

L’Italia è un Paese di eccellenze e non solo nella moda, nel design, nell’automotive, nella cultura, nell’agroalimentare, nella cultura. L’Italia ha un primato ancora più significativo: quello nel settore manifatturiero.

Un Paese che produce ed esporta molto, realizzando un surplus manifatturiero nella bilancia commerciale che ci porta al quinto posto mondiale, dopo Giappone, Corea del Sud, Germania e Cina. Il merito di questa eccezionale performance è proprio delle migliaia di imprese medio-grandi, medie e piccole che ci fanno competere sui mercati globali grazie alle capacità di essere flessibili, attive in tanti campi diversi.

Queste imprese inoltre operano con modalità vincenti che puntano sulla creatività, l’innovazione, il design, la diversificazione e la propensione a realizzare beni quasi sartoriali per i clienti, anche in settori hi-tech come la meccanica o i mezzi di trasporto. Nel manufacturing dunque tanti punti di forza per la nostra economia.

Nel settore dei mobili e dell’arredamento è notoriamente tra le maggiori eccellenze italiane riconosciute all’estero (con 9 miliardi di surplus l’industria italiana del legno arredo è seconda al mondo per saldo della bilancia commerciale, preceduta solamente dalla Cina). C’è anche un altro primato un po’ nascosto, di cui si parla raramente: quello nel settore del machinery.

Macchine di tutti i tipi, da quelle per la distribuzione di bevande e prodotti alimentari, a quelle per l’agricoltura, per gli imballaggi, per lavorare il legno. Qui abbiamo prodotto 59,5 miliardi di dollari di surplus nella bilancia commerciale! Ci precedono soltanto tedeschi, cinesi e giapponesi. Ci sono infine due “talenti nascosti”, o certamente poco noti.

Si pensa spesso che le città italiane siano piene di rifiuti e si afferma che la green economy non è cosa per noi. L’Italia è invece leader europeo nel riciclo industriale: nell’ultimo anno sono stati recuperati e riciclati 47 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi, il valore assoluto più elevato di tutti i Paesi europei. Altro nostro primato in Europa è quello raggiunto nell’efficienza di energia ed emissioni, con 107 tonnellate di CO2 equivalente per milione di euro prodotto. Siamo inoltre primi al mondo per contributo del fotovoltaico nel mix energetico nazionale.

Insomma, tante grandi specializzazioni che rendono il nostro Paese assolutamente competitivo e innovativo.
Ho citato una indagine di Bravo Manifacturing del 2017. Certo con la pandemia il meccanismo ha subito un grave danno, ma possiamo e dobbiamo tenere alta l’attenzione e l’asticella. Ripartiamo da una posizione di privilegio e vantaggio competitivo assoluto.

Uomini e donne d’Italia esprimono questo potenziale che va rigenerato nella nostra classe imprenditoriale ma soprattutto generato, nelle nuove leadership. Magari proprio nel momento topico: in quel passaggio generazionale di padre in figlio che ha rischiato (ma non siamo affatto fuori pericolo) di mettere in crisi il modello del piccolo è bello e fa business che ha reso il nostro sistema famoso nel mondo.

Non stiamo parlando di startup – a cui guardiamo con rispetto e considerazione ma che appartengono ad altri modelli di business – ci vogliamo riferire ai piccoli e medi imprenditori che hanno difeso con le unghie e con i denti la posizione nonostante l’urgano pandemico e che adesso guardano avanti con determinazione e coraggio. E con rinnovata ambizione. Vogliamo parlare e puntare su queste imprese nelle parole e nei fatti.

Perché l’impresa italiana va appoggiata nei modi e nei tempi che sottintendono questa tradizione culturale strepitosa. Il Paese, reale, virtuale, politico, giuridico, associativo e ovviamente finanziario deve sostenerla. I media devono enfatizzare questa scommessa. Occorre creare un humus pubblico di incoraggiamento e plauso, di buoni propositi e di investimenti.

Per questo Boutique Italia contribuirà alla diffusione della cultura d’impresa con attività di informazione e comunicazione costante, puntando ma anche definendo gli ambiti di questa straordinaria piccola grande Italia. Lo faremo con eventi, attività editoriali, call to action, perché vogliamo che il messaggio sia chiaro e forte: dall’affermazione della piccola e media impresa italiana passa il nostro futuro e quello dei nostri figli.
Patrimonio da difendere a tutti i costi. E sul quale investire.

Questa è l’anima di Boutique Italia. Le famiglie che l’hanno fondata e gli advisor che la guidano investono concretamente e contribuiscono sostanzialmente alla rivitalizzazione di questi processi di impresa, di mercato anche puntando alla quotazione in borsa. Nasce nel 2019 come holding di partecipazioni di minoranza con l’obiettivo di accompagnare le aziende acquisite in un percorso finalizzato all’approdo al mercato borsistico.

Il Covid è stata un’opportunità per la società di riflettere sul proprio modello di business: gli azionisti hanno deciso di arricchire l’advisory board con figure eterogenee per ampliare il ventaglio dei target d’investimento, in un’ottica di diversificazione e ponderazione del rischio. Boutique Italia annovera tra i propri azionisti famiglie imprenditoriali e investitori istituzionali italiani ed esteri quali Banca Patrimoni Sella e Method Investments.

Azionisti consapevoli del valore delle aziende italiane.

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