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Mi inchino, non mi inchino… L’opinione di Zacchera

Dopo discussioni infinite sul politicamente corretto alla fine la nazionale italiana di Calcio agli Europei propenderebbe per il “sì” all’inchino nei quarti di finale ma “solo” perché lo fanno gli avversari: perfetta forma di equilibrismo politico-strategico

Mi inchino, non mi inchino, lo farei ma non lo faccio, non lo farei ma lo fanno gli altri e quindi mi adeguo. Adesso, visto che ce lo chiede il Belgio (sarà vero?) questa volta ci adeguiamo anche noi, tenuto conto che più che la nazionale del Belgio i nostri avversari di venerdì sera sembrano una sua variante africana, ma nel calcio vengono buone anche le ex-colonie e le neo-cittadinanze “alla Suarez”.

Dopo discussioni infinite sul politicamente corretto alla fine la nazionale italiana propenderebbe per il “sì” all’inchino nei quarti di finale degli Europei ma “solo” (?) perché lo chiederebbero gli avversari: perfetta forma di equilibrismo politico-strategico.

Tutta la questione dell’inchinarsi o meno agli europei di calcio “Contro il razzismo” ha comunque del surreale, la sublimazione della forma e della demagogia rispetto alla sostanza.
Anche perché se chi si inchina è democratico, chi non lo fa allora è razzista e se si inchina solo mezza squadra (come è successo all’Italia settimana scorsa) ecco subito apparire il fantasma di giocatori filo-salviniani oppure invece no.

Già giocare all’ala destra ha sempre avuto sottili connotazioni politiche, ma anche Mancini ha i suoi limiti e non possono tutti giocare al centro.

Ma a questo punto, come inchinarsi? Basta un ginocchio flesso o servirebbero entrambi (due ginocchia uguale doppio antirazzismo) e poi perché farlo solo per pochi secondi? Quando muore qualcuno il minuto di silenzio dura in campo – appunto – un minuto per definizione: il razzismo non lo si contrasterebbe seriamente, quindi, inginocchiandosi di più?

Almeno un minuto comunque ci vuole, un minuto e mezzo sottolineerebbe anche maggiore attenzione al fenomeno, chiaro esempio di adeguamento al clima da psicogramma progressista collettivo.

Siamo alla ipocrisia allo stato puro: il “logo” della Serie A italiana sui siti internazionali è ora diventato “arcobaleno” in omaggio alle differenze di genere, ma non quello in lingua araba per non offendere la suscettibilità musulmana.
Il tutto mi sembra una autentica sciocchezza, ma non per il razzismo in sé che resta una faccenda seria, ma perché se c’è una competizione “interrazzista” sono proprio questi Europei: gli svizzeri infatti ieri sera non hanno infilzato la Francia, ma quella che sembrava la nazionale del Mali in maglia blu. D’altronde anche molti elvetici per stazza, colore e cognome non sembravano propriamente figli di montanari di Underwalden.

Oltretutto i giocatori bravi lo sono indipendentemente dalla pelle e anche quelli neri non fanno sconti e per l’ingaggio chiedono (e ottengono) milioni di euro sonanti il che – una volta di più – è la vera sostanza del business.
Comunque per evitare che Lukaku venerdì ci faccia un paio di gol io mi inchinerei anche per una mezzoretta….

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