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Pensionati e neoassunti, luci e ombre del contratto di espansione

Il rischio che oggi si corre è quello di lasciare soli e senza guida i giovani neoassunti, come sottolinea Gabriella Àncora, presidente nazionale di Ciu-Unionquadri. Ecco quali soluzioni possono essere d’aiuto per le imprese che si avvalgono di questo strumento per il ricambio generazionale

Si fa strada in molte realtà aziendali il cosiddetto “contratto di espansione”, ovvero l’accordo tra lavoratore (in possesso di determinati requisiti) e azienda per permettere – al primo – di lasciare il lavoro in anticipo e – alla seconda – di assumere giovani ottenendo notevoli risparmi.

Pensato per sostenere il ricambio generazionale nelle aziende il contratto di espansione nasce con il D.L. n. 34/2019 (c.d. “Decreto crescita”) in forma sperimentale per gli anni 2019 e 2020. Da subito tale strumento ha trovato terreno fertile in molte grandi realtà produttive impegnate in processi di reindustrializzazione e riorganizzazione. Grazie a tale incentivo molte imprese hanno potuto programmare nel tempo un piano di assunzioni e, nel contempo, individuato il numero dei lavoratori che hanno potuto accedere, a certe condizioni, ad un’indennità in attesa di raggiungere i requisiti pensionistici.

L’ultima legge di Bilancio ha prorogato il contratto di espansione a tutto il 2021, riducendo da 1000 a 500 il numero minimo di dipendenti aziendali utili per l’applicazione del contratto medesimo. A dimostrazione della nuova politica intrapresa dal governo in tema occupazionale, con il recentissimo decreto “Sostegni-bis” tale soglia è stata ulteriormente abbassata a 100 dipendenti.

“La filosofia alla base del contratto di espansione è semplice e, apparentemente, rappresenta un gioco a somma positiva per tutti: i lavoratori più anziani, sottoscrivendo un accordo volontario, possono raggiungere la soglia della sospirata pensione sino a 5 anni prima del previsto e, in cambio, le aziende possono assumere leve fresche e motivate, con notevoli risparmi in termine di riduzione di costi complessivi di personale, poiché le nuove assunzioni saranno meno costose del personale in uscita”, ha sottolineato Gabriella Àncora, presidente nazionale di Ciu-Unionquadri, il sindacato maggiormente rappresentativo della categoria dei Quadri, presente al Cnel e al Comitato Economico e sociale europeo – Cese. “Guardando più da vicino, però, si intravede una criticità, ovvero il rischio di lasciare soli e senza guida i giovani neoassunti; in condizioni normali, infatti, sono i lavoratori più anziani che accompagnano i più giovani nelle dinamiche aziendali. Oggi, con l’applicazione degli scivoli, i lavoratori dotati di maggiore expertise non ci saranno più, rischiando di lasciare senza un’adeguata guida i più neofiti”.

“Una possibile soluzione a tale vuoto di conoscenza può giungere dalla figura-chiave dei Quadri, categoria di grandi potenzialità ed opportunità non ancora sfruttate. Tale categoria, formata da donne e uomini di esperienza, potrà assicurare l’accoglienza e lo sviluppo delle nuove risorse, costituendo in tale maniera un ponte tra il futuro dell’azienda, in ingresso, e l’illustre passato, in uscita. Da tempo sosteniamo la necessità – tanto in ambito privato quanto in quello pubblico – di prevedere un contratto-tipo dedicato ai Quadri, di semplice ed immediata applicazione, strumento che permetterebbe di rilanciare la figura e la professionalità di tale categoria, individuandone con precisione i contorni e valorizzando le enormi possibilità previste da una definizione ampia quale quella prevista dalla legge 190/85. Riteniamo che i tempi siano maturi per iniziare una riflessione congiunta su tale esigenza”, ha concluso Àncora.



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