L’Italia ha bisogno una visione strategica sul modello britannico, spiega Marta Dassù (Aspenia) a un evento Pd sulla sicurezza. Aspetto richiamato anche dal sottosegretario Gabrielli palando dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. “Serve condivisione delle minacce e un’agenda a livello europeo”, dice il ministro Guerini
È un appello alla politica, quello che arriva dal dibattito “La sfida della sicurezza nel mondo che cambia” organizzato dal Partito democratico, in particolare dal deputato Enrico Borghi, membro del Copasir e responsabile del dipartimento sicurezza dem.
L’arena cibernetica è in cima all’agenda internazionale. Basti pensare alla recente decisione Nato di prevedere la possibilità di attivare l’articolo 5 in caso di attacchi nel quinto dominio. O alla “Joint Cyber Unit” che la Commissione europea presenterà domani (mercoledì 23 giugno) e che, come anticipato da Politico, dovrebbe facilitare la risposta rapida e comune in caso di attacchi cibernetici contro uno o più Stati membri dell’Unione. Temi che saranno al centro della conferenza di domani “Cyber – The New Frontier of Security. The EU Approach”, organizzata da Ambasciata di Romania in Italia e Sioi con la media partnership di Formiche.net.
È in questo contesto, a distanza di pochi giorni dal tour europeo che ha portato il presidente statunitense Joe Biden a Carbis Bay per il G7, a Bruxelles per il summit Nato e l’incontro con i leader europei, infine a Ginevra per il faccia a faccia con l’omologo russo Vladimir Putin, che Marta Dassù, direttrice di Aspenia, ha lanciato una proposta durante il dibattito moderato da Fiorenza Sarzanini, vicedirettore del Corriere della Sera.
“L’Italia avrebbe bisogno di una visione strategica più adattata al presente”, ha spiegato l’ex viceministra agli Esteri, membro della task force di esperti Nato 2030. “Un buon modello è la Integrated Review britannica, per quanto molto collegata a Brexit”, ha aggiunto. “Un esercizio del genere farebbe molto bene per scrollarsi di dosso la vecchia abitudine a considerare le nostre alleanze internazionale, almeno in parte, come una delega di responsabilità”, ha spiegato Dassù. “Ma anche perché la definizione di una nuova strategia di sicurezza nazionale obbligherebbe le forze politiche a confrontarsi molto seriamente sulle priorità e a dare messaggi chiari all’opinione pubblica”.
Riprendendo il discorso di Dassù, il prefetto Franco Gabrielli, scelto dal presidente del Consiglio Mario Draghi come Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, ha spiegato che “è fondamentale il ruolo della politica”. “I temi della sicurezza devono essere affrontati non con spirito emergenziale ma con una struttura più complessiva”, ha aggiunto Gabrielli. “Gli apparati hanno fatto prevalere quelli che erano gli interessi di bassa bottega rispetto invece all’esigenza di dotare il Paese di una struttura più complessiva”.
Il decreto legge 82/2021, quello che istituisce l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, rappresenta “un buon segnale”, ha dichiarato l’ex capo della Polizia. Che “nei lavori preparatori” ha potuto rilevare “una complessiva consapevolezza del fatto che il Paese oggi aveva bisogno di un’architettura, di una visione, di una modalità per affrontare” la sfida cibernetica.
Sottolineando poi la “buona volontà” di governo e forze politiche (questo webinar è il secondo politico a cui partecipa, dopo quello di Fratelli d’Italia in cui aveva annunciato la nascita dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale), Gabrielli si è chiesto: abbiamo risolto i problemi con quel decreto legge? “Assolutamente no”, si è risposto. “Siamo all’inizio”: davanti a noi ci sono la conversione in legge, i decreti attuativi, l’assunzione di personale adeguato. Per questo “ringrazio il presidente del Consiglio” che “riconosce che a situazioni complesse si debba ricerca personalità adeguate”, ha spiegato il sottosegretario facendo riferimento al fatto che il personale dell’Agenzia riceverà un trattamento economico pari a quello in godimento da parte dei dipendenti della Banca d’Italia.
Ma Italia e Unione europea sono pronte a queste sfide? È questa la domanda che risuona in occasione degli interventi politici. “Oggi ci sono una serie di proiezioni estere, chiamiamole così, anche statuali che (…) che utilizzano e impiegano gli strumenti tradizionali dell’intelligence per entrare nel merito delle situazioni di mercato, per influenzare, per condizionarle”, ha spiegato l’onorevole Borghi con riferimento specifico al “nuovo ruolo del capitalismo politico messo in campo in particolare da alcune autocrazie asiatiche”. Tradotto: Cina e Russia.
Secondo Enrico Letta, segretario del Partito democratico, ci sono stati passi avanti negli ultimi tempi ma “non all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte”. A livello europeo, “non vedo su cybersecurity e intelligence una forma di cooperazione sufficientemente integrata e avanzata”, ha continuato l’ex presidente del Consiglio. “L’attenzione sul rapporto bilaterale con gli Stati Uniti è al massimo. Il G7 stava morendo negli ultimi anni: quest’anno è risorto su impulso americano e ha svolto il compito di mettere insieme mondo occidentale e orientale. La Cina rimane il ruolo più importante del G7”, ha sottolineato il leader Pd, che ha aggiunto: “Gli avanzamenti a livello europeo sono troppo timidi, a queste sfide c’è però una risposta nazionale”.
Le conclusione dell’evento sono state affidate a Lorenzo Guerini, ministro della Difesa, già presidente del Copasir all’inizio di questa legislatura e esponente di punta del Partito democratico. Sulla sicurezza, il livello di ambizione europea deve consistere in “una condivisione delle minacce e nella capacità di avere un’agenda condivisa”, ha dichiarato. “Nato e Unione europea sono impegnate in processi di revisione strategica”, ha precisato il ministro, sottolineando l’importanza che le due organizzazioni si muovano in maniera simultanea e la necessità di rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione europea “in una chiara visione transatlantica” e non come via terza tra Stati Uniti e Cina.
La Nato è, secondo Guerini, “il fornitore globale della sicurezza e l’ombrello della nostra sicurezza collettiva”. Serve un maggiore impegno italiano, sembra trapelare dalle parole di Guerini, che ha dichiarato che sta lavorando all’aggiornamento di una strategia di difesa italiana per il Mediterraneo. Il ministro ha sottolineato la necessità di andare verso una strategia di sicurezza nazionale, considerando il tema del Mediterraneo allargato”. Si tratta di “sfide di natura globale, poste alle democrazie liberali, a cui non possiamo sottrarci”, ha concluso.