La democrazia oggi sembra aver perso il suo significato originario e trovarsi piegata dai nuovi paradigmi della rete e dalle mutazioni derivate dall’epoca emergenziale che stiamo vivendo. È su questi temi che si è sviluppato il web talk di Task Force Italia che ha ospitato Franco Gallo, presidente dell’Istituto dell’enciclopedia italiana Treccani nel corso di un’intervista con Valerio De Luca, presidente di Task Force Italia, poi seguita dal dibattito con gli esperti del tavolo di lavoro
La pandemia ha ridisegnato i rapporti tra democrazia, rete e capitalismo. Qual è lo stato attuale della democrazia moderna e in che modo il fattore tecnologico ha trasformato le nostre società? L’impatto del Covid-19 sulla democrazia, la tecno-democrazia e le sue pericolose derive sono stati i temi al centro del web talk “Rilanciare il potenziale dell’Italia” durante il quale Valerio De Luca, presidente di Task Force Italia ha intervistato Franco Gallo, presidente dell’Istituto dell’enciclopedia italiana Treccani. Tra i partecipanti, moderati da Dina Ravera, vicepresidente di Task Force Italia, Jean-Paul Fitoussi, vicepresidente Sciences Po e professore di Economia presso la Luiss Guido Carli, Giuseppina Rubinetti presidente di Equitalia giustizia s.p.a. e Maurizio Viroli, professore emerito di Politics presso la Princeton university e di Government presso la University of Texas.
QUALE DEMOCRAZIA?
Dopo l’avvento della rivoluzione informatica si parla sempre meno di democrazia tout court. La prima domanda da porsi, secondo Franco Gallo, è che cosa voglia dire democrazia nel 2021.
Il termine democrazia è stato accompagnato da numerosi aggettivi nel linguaggio corrente, la definizione classica di democrazia sancita da Norberto Bobbio era riservata solo ai regimi più giusti. Una società era democratica perché riusciva a sradicare le ingiustizie come la povertà diffusa e la disuguaglianza.
La definizione tradizionale di democrazia si è quindi svalutata e tende a essere sostituita dalla distinzione, ad opera degli scienziati politici, tra liberalismo, democrazia e istituzioni. In questa differenziazione non è più compresa la protezione dei diritti liberali compresi nella definizione di democrazia, ma viene enfatizzata l’importanza delle istituzioni politiche che invece di essere riconosciute come mezzo verso la democrazia e il superamento delle disuguaglianze, vengono considerate come obiettivi apprezzabili in sé.
Nel corso degli anni, come ricordato dal presidente dell’Istituto dell’enciclopedia Treccani, i maggiori giuristi italiani di fronte al rischio di perdere il senso della democrazia nel suo significato iniziale, hanno rilevato un processo di “giudizializzazione” della democrazia. Questo rappresenta un passaggio di consistenti poteri normativi da organi politici a organi giudiziari.
Secondo i giuristi, quindi, non è più tanto necessaria la mediazione normativa, la legge, ma piuttosto la Costituzione come punto di partenza ed è l’interpretazione del giudice che si rifà alla Costituzione a dare un significato al sistema normativo.
DEMOCRAZIA DIGITALE
La democrazia digitale può sostituire e integrare la democrazia rappresentativa? Secondo Gallo, la questione è complessa perché bisogna considerare lo strumento telematico necessario affinché la democrazia digitale sia diretta.
Lo strumento digitale è difficilmente regolabile da un punto di vista costituzionale, a causa del suo carattere planetario, ed è quindi soggetto a manipolazioni e abusi sia da parte dei gestori sia da parte degli stessi utilizzatori.
In questo contesto si iscrive la crisi che l’altra democrazia, quella rappresentativa o parlamentare, sta vivendo. “I sistemi democratici tradizionali sono andati in crisi insieme alla Prima Repubblica e allora è subentrata la democrazia del pubblico, nella quale i partiti lasciano ampio spazio alla comunicazione e personalizzazione” ha ricordato il presidente. Ed è allora che è iniziato l’uso della rete che nasconde, secondo Gallo, una politica più polarizzata che ricca di contenuti e che ha portato ai governi negoziati degli ultimi due-tre anni.
Ci sono tre ostacoli principali intrinsechi alla democrazia digitale, che non consentono di interpretarla come una possibile democrazia diretta. Il primo è di ordine politico, l’uso assiduo ed esteso di internet ai fini della propaganda politica indebolisce le comunità organizzate e le identità collettive. Il secondo è di ordine sociale, la rete non sempre favorisce la discussione pubblica.
E il terzo è di ordine costituzionale, la democrazia elettronica intesa come strumento di democrazia diretta non favorisce le interazioni efficaci tra le parti politiche.
SOVRANITÀ POPOLARE
Di fronte alla pluralità di fenomeni che toccano la democrazia non bisogna dimenticare che quando si dice democrazia si parla di sovranità popolare e la sola legittimità in un sistema democratico è quella del popolo. Secondo Jean-Paul Fitoussi questo significa che la democrazia è sia rappresentativa sia diretta.
“La democrazia digitale mi fa pensare alla democrazia elettrica! Non confondiamo la tecnologia con la democrazia che è un sistema di organizzazione dei poteri e di espressione della volontà popolare” ha ricordato il professore.
Il regime in cui viviamo, ha ricordato Fitoussi, combina due principi di organizzazione contradditori: il principio di democrazia, che rappresenta l’uguaglianza, e il principio del mercato che implica disuguaglianza. Se non si riuscirà a trovare un compromesso tra questi due principi contradditori perderanno sia il capitalismo sia la democrazia.
La disuguaglianza diventa quindi un pericolo per la democrazia. Al di là della sua definizione, è la democrazia in sé a essere a rischio, secondo Dina Ravera infatti come per la questione ambientale di cui si è presa consapevolezza negli ultimi anni la collettività dovrebbe intervenire per impedire che la democrazia sparisca.
Qual è il modo migliorare quindi per curare i mali della democrazia? Per non degenerare nel potere dei demagoghi o in forme di tirannide è necessario che le democrazie diventino repubblicane, secondo Maurizio Viroli.
DEMOCRAZIA E SALUTE
Questo tipo di democrazie può contare sull’élite e sulla mentalità dei cittadini che assolvono i principi repubblicani che sono principalmente tre e si ritrovano nell’origine del termine repubblica, la res pubblica. In primis quindi, il valore supremo che i politici devono perseguire è la cosa pubblica e non privata.
In secondo luogo, quale che sia la forma di governo, deve valere il governo della legge, cioè le leggi sono più forti degli uomini. E infine, i cittadini devono avere un senso di responsabilità che li guidi verso il bene comune, la Repubblica vive solo se c’è una precisa cognizione di che cosa sia la libertà.
Non si tratta di libertà liberale o democratica, ma l’emancipazione dal potere arbitrario, che implica che si è liberi solo quando non si è sottoposti al potere arbitrario di un uomo o di alcuni uomini. “Un popolo libero obbedisce ma non serve, ha dei capi ma non dei padroni, obbedisce alle leggi ma solo alle leggi ed è in virtù delle leggi che non diventa servo degli uomini” scriveva Jean-Jacques Rousseau. Una democrazia che si ispiri a questa idea di libertà e Repubblica, secondo il professor Viroli, è una democrazia che assorbe un contenuto.
Negli ultimi venti anni sono venute fuori tutte le insicurezze dei sistemi occidentali secondo Giuseppina Rubinetti, di cui una delle cause principali è stata considerata la crisi finanziaria del 2007-2008 che avrebbe fatto emergere la fragilità politica dell’Occidente.
Questo proprio nel momento in cui il modello cinese ha evidenziato con il suo “efficientismo decisionale” che si potrebbe fare a meno di garanzie e rituali del consenso, che rappresentano i limiti intrinseci della democrazia.
Nell’attuale scenario pandemico, l’emergenza ha scatenato tutta una serie di insicurezze che unitamente alla paura hanno dato il via all’accettazione di una certa limitazione dei nostri diritti, come ricordato da Rubinetti.
“Il diritto alla salute è assunto a un rango superiore rispetto agli altri diritti costituzionalmente garantiti, ma siamo sicuri che in un momento in cui le nostre democrazie sono così fragili possiamo permetterci di scivolare verso questi modelli?” ha concluso la presidente di Equitalia giustizia.