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L’Alleanza è pronta alla cyber war? L’analisi di Braccioli

Di Marco Braccioli

Intelligenza artificiale, reti neurali, quantum computing, blockchain, robotica, materiali biosintetici. Non sono invenzioni fantascientifiche, ma realtà tecnologiche dall’elevato potenziale dirompente che l’Alleanza Atlantica dovrebbe sviluppare e impiegare per mantenere il suo vantaggio rispetto agli avversari. L’analisi del co-direttore Cybersec della Fondazione Icsa, Marco Braccioli, per la rivista Airpress

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha annunciato a luglio dello scorso anno la creazione di un Advisory group per le tecnologie emergenti e dirompenti composto da dodici membri provenienti dal settore privato, dall’industria e dalle università, che lo aiuterà nell’affrontare le sfide che le innovazioni scientifiche porranno alla Nato. In un recente documento del gruppo si sono prese in esame le cosiddette Emerging and disruptive technology (Edt) da adottare a breve termine, fornendo delle considerazioni sull’impatto che tali cambiamenti avranno sulle società occidentali, individuando cinque domini tecnologici emergenti di maggiore impatto.

Il primo di questi nuovi domini comprende il machine learning e l’intelligenza artificiale, quest’ultima in particolare considerata soluzione abilitante per la manutenzione predittiva di mezzi e sistemi con applicazioni diverse: dal computing neuromorfico alle reti neurali per la difesa, a sistemi per l’analisi dei big data. Il secondo dominio riguarda lo sfruttamento del quantum computing per il monitoraggio dei big data e per la crittografia. Segue la sicurezza cibernetica con lo sviluppo di algoritmi di difesa e di attacco tramite applicazioni avanzate di conservazione e scambio dei dati, blockchain e tutte le attività volte alla protezione delle informazioni. Quarto dominio, una serie di tecnologie sistemiche per migliorare la gestione delle infrastrutture critiche, energetiche e difensive sulle quali la Nato dovrebbe continuare a mantenere l’attenzione come la miniaturizzazione dei sistemi, la robotica e l’Internet of things (Iot). Chiude la lista la progettazione e manipolazione di nuovi materiali biosintetici.

Oltre a questi nuovi domini, altrettanto importanti saranno anche i settori più classici dello spazio, della comunicazione multi-dominio e del volo ipersonico che stanno subendo una decisa accelerazione, nei quali la Nato dovrà sviluppare una propria postura strategica per aumentare la competitività e la resilienza nei confronti degli avversari.

Per prepararsi alle nuove Edt la prima valutazione degli esperti è la necessità, per la Nato, di adottare le innovazioni allo stesso ritmo del loro sviluppo, in modo da rendere tutta l’Alleanza più agile e pronta, estendendo al suo interno le conoscenze tecniche necessarie implementando una rete per l’innovazione. Cruciale per la Nato sarà formare nuovi talenti attraverso lo sviluppo delle capacità del suo personale e di quello dei partner anche tramite degli incentivi nelle cosiddette materie “Stem-B”: scienza, tecnologia, ingegneria, matematica ed e-business.

La Nato già possiede importanti centri addestrativi che possono essere utilizzati per progettare e diffondere programmi di istruzione appropriati. L’Advisory group consiglia anche l’organizzazione di eventi formativi sulle Edt nei Paesi alleati con fiere, information day, addestramenti in scenari operativi, cyber-range, disseminazione delle best practices e hackaton per ingaggiare giovani talenti, da effettuarsi in collaborazione con il mondo industriale, della scuola e delle università. La Nato dovrebbe, infine, mettere a disposizione delle borse di studio per dottorati indirizzati al mondo accademico, contribuendo alla diffusione delle materie Stem.

Il finanziamento legato al procurement di queste tecnologie emergenti e dirompenti della Nato è stato finora orientato verso le grandi aziende dal momento che le Pmi, per loro stessa natura, difficilmente riescono a gestire le lunghe fasi dell’approvvigionamento dei sistemi dell’Alleanza. Questo stato di cose andrà cambiato se si vogliono cogliere le opportunità offerte dalle Edt e favorire l’innovazione che proviene dal mondo delle Pmi e delle start up. La Nato dovrà adoperarsi per stimolare gli investimenti del settore privato con diversi strumenti, promuovendo le soluzioni duali e multi-dominio e dando chiare indicazioni di mercato, creando una stretta collaborazione tecnico-finanziaria tra pubblico e privato.

Una cooperazione tra governi, industria e università è la base per poter costruire quell’ecosistema di innovazione che permetterà di trasferire alla Nato la definizione dei requisiti e delle necessità della Difesa, che a loro volta saranno sviluppate dalla ricerca attraverso il miglioramento delle competenze e il coinvolgimento dell’industria, secondo la logica dell’integrazione tra sviluppo, sicurezza e operabilità (DevSecOps). Il suggerimento complessivo dell’Advisory group è quello costituire un’agenzia dell’Alleanza per l’innovazione, la Nato advanced technology project agency (Napta), che possa funzionare da driver centrale dei progetti e punto di coordinamento di quei consorzi tra università, industria e venture capital orientati alle tecnologie della difesa e sponsorizzati dalla Nato.

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