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Ginevra, cosa chiederà Putin a Biden? L’analisi di Savino

A quasi dieci anni dall’uscita dal G8, per la Russia c’è una sola priorità nella agenda internazionale: essere riconosciuta come potenza mondiale dagli Stati Uniti d’America. Per questo il vertice a Ginevra con Joe Biden è già una mezza vittoria per Vladimir Putin. Il commento di Giovanni Savino (Accademia presidenziale russa, Mosca)

Si avvicina il giorno del summit Biden-Putin a Ginevra, appuntamento su cui l’attenzione nei circoli politici e finanziari di Mosca da settimane è alta. Attendersi un reset delle relazioni in questo momento è praticamente impossibile, troppe le questioni su cui la Casa Bianca e il Cremlino hanno posizioni e interessi differenti, ma di certo non si tratterà di un incontro rituale.

Lo stesso Putin, in un’intervista alla Nbc di cui alcuni spezzoni sono stati trasmessi nella notte del 12 giugno, ha espresso la propria convinzione di trovare a Ginevra un interlocutore esperto, che ha trascorso decenni al Senato e ha espresso la speranza di non vedere nessun gesto impulsivo da parte di Biden, in questo senso sottolineandone la differenza con Trump.

I temi all’ordine del giorno dell’incontro sono tanti, e tanti potrebbero aggiungersi, vista l’importanza dell’evento e la complessità degli interessi e delle relazioni. Biden ha già dichiarato di voler porre il tema della cybersicurezza, fronte su cui il Cremlino è accusato di essere responsabile degli attacchi degli hacker russi a siti e banche dati statunitensi.

La risposta di Putin, in un’altra intervista andata in onda sul canale televisivo Rossiya-1, non si è fatta attendere, dichiarando che la Russia è pronta a collaborare con gli Stati Uniti e a consegnare i cybercriminali, ma solo nel caso in cui vi siano accordi di reciprocità sull’estradizione di soggetti accusati da Mosca di crimini contro la propria sicurezza.

Nell’agenda di Putin, secondo quanto dichiarato dal presidente russo, vi sono ulteriori punti: la stabilità strategica, i conflitti regionali, i temi ambientali e dello sviluppo ecologico e infine, in la cooperazione in campo economico. “Insomma, ci sono problemi in cui possiamo davvero lavorare insieme ed efficacemente”, ha sottolineato, per poi aggiungere che “se dopo questo incontro creeremo dei meccanismi per lavorare su questi problemi, penso che sia un bene e si potrà dire che il summit non è stato vano”.

Per Mosca l’obiettivo è lo stesso, ormai da anni: il riconoscimento da parte di Washington dello stato di grande potenza per la Russia. Nonostante la propaganda antioccidentale con le sue boutade, nonostante le ripetute affermazioni di poter fare a meno dei partner europei e delle relazioni Oltreoceano, l’importanza per il Cremlino di ottenere uno status che sembrava garantito fino a quasi un decennio fa nell’ambito del G8 continua a essere cruciale.

Solo in questo modo l’idea di continuità con l’impero zarista, espressa di frequente da Putin e ripresa per l’inaugurazione del monumento a Alessandro III al Palazzo reale di Gatchina, nei pressi di San Pietroburgo, può essere compiuta appieno. Nel discorso di Putin in occasione dell’inaugurazione, si fa riferimento allo zar come colui che fece di tutto “per la difesa degli interessi e il rafforzamento della potenza russa in Europa e nel mondo”.

E proprio Alessandro III, fautore di una politica interna estremamente repressiva verso le nazionalità non-russe e verso ogni tipo di movimento liberale, socialista o semplicemente democratico, si spese a fondo per la costituzione dell’alleanza con la Francia, evento di primaria importanza per la storia a cavallo tra XIX e XX secolo.

Sia chiaro, il summit con Biden non darà quei risultati, e sarebbe sciocco soltanto ipotizzarli, ma per Putin, che si considera depositario di una storia secolare, veder riconosciuto il proprio ruolo nella politica mondiale anche dagli avversari geopolitici è un punto di fondamentale importanza.


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