All’incontro tra i due leader, era presente, più o meno in incognito e soprattutto in spirito, Igor Stravinskij, in quel lago dove ha vissuto gli anni della Prima guerra mondiale e ha composto i suoi primi lavori ispirati al jazz americano e gli ultimi basati sul folclore russo. Il commento di Giuseppe Pennisi
A Ginevra, nella settecentesca Villa La Grange sulla riva destra del Lago Lemano, al supervertice tra il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, c’era un terzo incomodo. Lo sanno solo coloro che si dilettano, con solerzia e con profitto, di parapsicologia.
All’incontro tra i due leader, era presente, più o meno in incognito e soprattutto in spirito, Igor Stravinskij, il quale, stanco di avere passato qualche mese più di cinquanta anni in un monumentale sarcofago nell’isola di San Michele di Venezia (uno dei camposanti più eleganti del mondo), ha deciso di fare quattro salti per arrivare in quella Svizzera ed in quel lago dove ha vissuto gli anni della Prima guerra mondiale e ha composto i suoi primi lavori ispirati al jazz americano e gli ultimi basati sul folclore russo.
Perché ha scelto Villa La Grange? Il luogo è bellissimo, soprattutto per chi ha passato un po’ più di cinquanta anni all’isola di San Michele, ma sottoterra e senza poter passeggiare nell’amatissima Venezia, gustare aperitivi all’Harris Bar e soggiornare al Grand Hotel des Bains al Lido. Tuttavia, c’era anche un messaggio più profondo per i due leader. A Putin direttamente e a Biden perché lo passasse ai “radical chic” europei, soprattutto agli italiani. Il presidente del Consiglio italiano non è un “radical chic”.
Quale era il messaggio? Permettere la lettura, e la diffusione, di leggere quello che possiamo chiamare “il capitolo segretato”. Il capitolo quinto del suo libro pomposamente chiamato Poetica della Musica ma che altro non è che una delle sei conferenze tenute, dietro lauto compenso, tra l’ottobre 1939 ed il maggio 1940, all’Università di Harvard. Le tenne in francese perché allora viveva a Parigi e il suo inglese era modesto, ma sorpreso dagli eventi bellici negli Usa, si trasferì prima a Los Angeles, poi a Hollywood e infine a New York, naturalizzandosi cittadino americano nel 1945.
Perché il capitolo quinto della Poetica della Musica era stato segretato in Unione Sovietica e in alcuni Paesi europei si consigliava caldamente ai docenti della musica di sorvolare? Tratta de Le metamorfosi della musica russa. Inizia con la capacità della musica russa dell’Ottocento (il gruppo dei cinque) di prendere “il motivo popolare come materia prima” per grandi composizioni e per la nascita di “una scuola nazionale”, tratta in dettaglio delle innovazioni apportate da Rimiskij-Korsakov e da Čajkovskij per poi soffermarsi sulle persecuzioni (e anche soppressione fisica) di musicisti e artisti suoi amici, sottolinea che aveva sperato (all’inizio della rivoluzione) in una “rinascenza della cultura” che, però, “non ha trovato adeguata espressione”. Dedica diverse pagine a come il comunismo (nelle sue varie declinazioni) neghi “all’arte ogni diritto ad una sua vita autonoma”, Dopo un’ampia disanima, e la descrizione di numerosi episodi, conclude amaramente: “Se il vacillare storico della Russia mi confonde sino alle vertigini, le prospettive dell’arte musicale russa non mi sconcertano meno”. Poco più di una ventina di pagine che vale la pena di meditare. Perché “segretate” o quasi per tanti anni?