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Vaticano promosso sull’antiriciclaggio, ma Moneyval indica i punti deboli

L’ultimo rapporto Moneyval sottolinea la seria necessità di incrementare l’efficacia dell’azione degli Stati contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. In Vaticano, il rischio viene dagli insiders. L’analisi di Maria Antonietta Calabrò

Secondo il Rapporto annuale rilasciato il 4 giugno dall’organismo antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo del Consiglio d’Europa, Moneyval, gli Stati valutati da Moneyval (che controlla a livello regionale europeo gli Stati più piccoli), in media mostrano un livello “moderato” di efficacia nel loro sforzo si combattere il fenomeno.

Per cui “in media”, il livello di compliance con gli standard internazionali “è sotto il livello di soddisfazione” rispetto ai criteri stabiliti dal Gafi/Fatf. Per comprendere la gravità del fenomeno, bisogna guardare al dato fornito ufficialmente da Monyval.

Fino alla fine del 2020, ben 16 delle 19 giurisdizioni valutate da Moneyval nel Quinto round di mutua valutazione sono state soggette a procedure di follow-up, cioè di approfondimenti supplementari per il loro insufficiente livello di adeguatezza con i requisiti Aml/Tf. Si tratta di Albania, Andorra, Cipro, Repubblica Ceca, Georgia, Gibilterra, Ungheria, Latvia, Lituania, Malta, Repubblica di Moldova, Serbia, Slovacchia, Slovenia, l’Isola di Man e l’Ucraina.
Armenia, Israele e Federazione russa (gli ultimi due Paesi sono valutati congiuntamente da Gafi/Fatf e Moneyval). sono soggetti a regolari procedure di approfondimento.

Insomma, i piccoli Paesi europei costituiscono una vasta “cintura grigia” per quanto riguarda il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Tanto più in un’epoca Covid o post-Covid Elżbieta Frankow-Jaśkiewicz, presidente di Moneyval ha detto: “Durante il 2020 i membri di Moneyval hanno continuato a sviluppare le loro strutture legali e istituzionali per combattere il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, nonostante il Covid-19. Tuttavia, ulteriori sforzi sono indispensabili per assicurare l’efficacia di queste strutture per contrastare i criminali che vogliono ripulire i frutti dei loro crimini o finanziare il terrorismo”.

Tra i Paesi messi all’indice come si vede non c’è la Santa Sede (e la Città del Vaticano). E naturalmente per questo, Oltretevere si è tirato un sospiro di sollievo. Il Rapporto di Moneyval che li riguarda (274 pagine), dato aprile 2021, ma sottoposto a revisione del Gafi/Fatf, è stato pubblicato il 9 giugno.

Eppure questo Rapporto, che ha evitato alla Santa Sede di finire tra le altre “pecore nere” europee, è il frutto di mesi e mesi di negoziazioni con i valutatori di Moneyval e, a ben vedere, presuppone le imponenti modifiche legislative adottate dal Vaticano, nell’arco di più di sei mesi, e direttamente da papa Francesco (con ripetuti Motu Proprio), in corso d’opera. Insomma, la Santa Sede ha superato gli esami, solo dopo aver fatto i compiti a casa. Infatti su undici criteri, 5 hanno ottenuto il risultato di adeguatezza “sostanziale” e 6 di adeguatezza “moderata”.

In particolare, il sistema giudiziario è stato giudicato troppo debole (poche risorse, poco personale, non a tempo pieno ed esposto a possibili conflitti di interesse con altri incarichi) così come l’intelligence finanziaria.

L’unico operatore finanziario abilitato, lo Ior, che un tempo era un vero e proprio dito nell’occhio del sistema di antiriciclaggio, supera agevolmente il controllo dei valutatori. Anche perché come sottolineato dal Rapporto ormai il rischio riciclaggio ormai non è più legato ad operazioni presso la cosiddetta banca vaticana come conseguenza dell’evasione fiscale di soggetti stranieri (anche perché sono stati stabiliti accordi fiscali con molti Stati ad esempio l’Italia e gli Stati Uniti).

Ormai il rischio per la tenuta del sistema finanziario proviene – scrive Moneyval – dagli insider. In particolare dalla fascia alta della gerarchia (“middle level e senior figures”),e per reati di frode, corruzione, malversazione, peculato, eccetera. “Le autorità vaticane – si legge nel Rapporto – considerano basso il rischio di abuso di potere per beneficiare se stessi o altri e correlati a rischio di riciclaggio”. Ma continua Moneyval, il Team europeo che si è recato in Vaticano all’inizio di ottobre 2020 “non è d’accordo con questa conclusione ed è dell’idea che i rischi rappresentati dagli insider sono importanti”

I risultati in tribunale sono “modesti”: solo due le condanne per antiriciclaggio (una nel 2018 e una nel 2019, cui si è aggiunta la condanna dello scorso gennaio contro gli ex vertici dello Ior, dopo indagini durate molti anni e un processo di tre anni).

Invece ci sono regolari notizie di “cattiva condotta finanziaria in relazione all’abuso d’un sistema di beni della chiesa”, come nel caso dell’acquisto del Palazzo di Londra della Segreteria di Stato “per cui i sospettati dovrebbero essere portati a giudizio nell’estate del 2021”. A queste indagini, rende noto il Rapporto, sono stati associati due ufficiali della Guardia di Finanza italiana.

Del tutto insufficiente, poi, il sistema di efficacia per indagini relative al finanziamento del terrorismo e di non proliferazione. Su questo c’è molto da fare. Quasi dalle fondamenta.



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