Skip to main content

Così Draghi ha portato l’Italia alla Nato. Il commento di Luciolli

Le scadenze elettorali di Germania e Francia, e la stessa Brexit, fanno emergere il ruolo dell’Italia quale unico Paese in grado di perseguire efficacemente l’agenda transatlantica in stretta complementarità con quella dell’Ue. Fabrizio W. Luciolli, presidente del Comitato atlantico italiano, legge il vertice di Bruxelles e le carte dell’Italia nel processo #Nato2030

“Grande attenzione” è stata richiesta dal segretario generale Jens Stoltenberg per l’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi alla riunione dei capi di Stato e di governo dell’Alleanza Atlantica. L’Italia si è presentata al vertice di Bruxelles con una posizione solida che si colloca al centro dell’ambiziosa agenda Nato2030. Per Stoltenberg il vertice ha scritto “un nuovo capitolo” nella storia dell’Alleanza e con l’arrivo del presidente Joe Biden si è riannodato un legame transatlantico che le nuove sfide dell’attuale scenario di sicurezza hanno reso ancor più necessario per entrambe le sponde dell’Atlantico.

Al termine del vertice è stato rilasciato un Comunicato articolato in 79 punti che, tuttavia, per 61 volte ci rammenta come le azioni “aggressive” della Russia rimangano la tradizionale “minaccia” della Nato. Gli alleati hanno trovato, inoltre, una “convergenza” nell’affrontare le “sfide sistemiche” poste dalla crescente influenza e dalle politiche internazionali della Cina, la cui “opacità” nella modernizzazione degli armamenti ed arsenali nucleari, l’aggressiva penetrazione nei domini cibernetici e dello spazio, le strategie predatorie di assetti e infrastrutture critiche in Europa e Africa, richiedono un approccio coerente da parte occidentale.

L’agenda che la Nato ha adottato per il 2030 può essere sintetizzata in otto punti: intensificazione del ruolo della Nato quale unico foro di consultazione politica su tutti i temi di sicurezza; rafforzamento delle capacità di deterrenza e difesa e relativa riaffermazione dell’impegno degli alleati di destinare il 2% del Pil per la Difesa; aumento della resilienza delle nostre società attraverso l’indicazione di standard e obiettivi comuni; mantenimento del vantaggio tecnologico dell’Occidente attraverso l’istituzione di uno strumento “Acceleratore d’innovazione per la Difesa”; sostegno dell’ordine internazionale basato sulle regole, anche attraverso il partenariato strategico con l’Unione europea e i partner globali o l’avvio di nuove relazioni con paesi in America latina, in Africa e in Asia; ulteriore sviluppo delle capacità di formazione e capacity building per i partner, dall’Ucraina e Georgia, alla Giordania e Iraq; inclusione, per la prima volta, del cambiamento climatico fra i compiti della Nato in quanto fattore moltiplicatore delle minacce; redazione entro il vertice del 2022 in Spagna di un nuovo Concetto strategico dell’Alleanza.

La Nato ha, inoltre, adottato una aggiornata politica per la difesa cibernetica e discusso le sfide che provengono dallo spazio, considerato nuovo dominio operativo. Le sfide provenienti dal Mediterraneo, rese ancor più indifferibili a causa dalla presenza, militare e non, della Russia e della Cina, appaiono relegate al termine del lungo Comunicato che, tuttavia, considera anche le minacce originate dalla regione del Sahel. Il legame transatlantico che l’amministrazione Biden ha inteso rilanciare richiede da parte europea un solido ancoraggio che solo l’Italia è in grado oggi di fornire. Le complesse sfide delineate dall’agenda Nato2030 schiudono all’Italia una congiuntura favorevole per incidere sul futuro dell’Alleanza e cogliere, altresì, le opportunità che in campo tecnologico scaturiranno dall’agenda 2030.

Così come avvenuto nel 1956 con Gaetano Martino che presiedette alla redazione del Rapporto sulla cooperazione non militare dell’Alleanza o in occasione dell’adozione del Rapporto Harmel rilasciato nel 1967 sotto l’egida dell’allora segretario generale Manlio Brosio, l’Italia può oggi rivendicare un ruolo ancor più decisivo in seno all’Alleanza.

Le scadenze elettorali che impegneranno la Germania e la Francia, e la stessa Brexit, fanno emergere il ruolo dell’Italia quale unico Paese in grado di perseguire efficacemente l’agenda transatlantica in stretta complementarità con quella dell’Unione europea. Inoltre, l’Italia attualmente protegge con i propri F-35 lo spazio aereo dei Paesi baltici, è presente in Afghanistan con il più alto rappresentante civile della Nato e guida operazioni nei Balcani e domani in Iraq. Oltre a un significativo numero di basi, l’Italia si accinge a ospitare il “Nato Industry Forum” dove le aziende nazionali saranno in grado di contribuire significativamente al mantenimento del vantaggio tecnologico dell’Alleanza, dallo spazio, cibernetico e non, alla protezione dei cavi sottomarini.

L’Italia, infine, ha maggiori possibilità di avviare un dialogo costruttivo con la Federazione russa e la stessa Cina su temi d’interesse dell’Alleanza, così come di offrire al Consiglio atlantico una visione strategica a 360° in grado di riportare la necessaria attenzione anche alla regione del Mediterraneo e oltre.

Il presidente del Consiglio Draghi ha esordito nel suo intervento al vertice affermando che “la Nato è stata negli ultimi 72 anni la pietra angolare della nostra sicurezza e difesa”. L’Italia può costituire la pietra angolare della Nato del prossimo futuro e può credibilmente candidarsi ad assumere ruoli di primaria responsabilità nell’Alleanza.


×

Iscriviti alla newsletter