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Salute globale oltre l’emergenza. L’Italia abbraccia il modello One Health

L’Italia ha posto il suo forte contributo alla questione “One Health” a partire dal suo ruolo nel G20 e nel Global health Summit. L’evento organizzato dal Network Italiano per la Salute Globale con Stefania Burbo, Davide La Cecilia, Valentina Mangano e Roberta Rughetti, moderati da Vincenzo Giardina

In occasione della pubblicazione del policy brief “Salute globale oltre l’emergenza” a cura del Network Italiano per la Salute Globale, si è tenuto l’evento, in diretta Facebook, atto a discutere le esigenze multilaterali odierne per il raggiungimento del “One Health”. Il documento, a cura del Network, è stato reso possibile anche grazie ai contributi delle Ong Aidos, Amref Health Africa, Medicus Mundi e World Friends. Sono intervenuti Stefania Burbo, Davide La Cecilia, Valentina Mangano e Roberta Rughetti, moderati da Vincenzo Giardina, dell’agenzia di stampa Dire.

Durante l’evento, oltre a delineare i meccanismi “One Health”, si è sottolineato il ruolo di Italia e Unione Europea nella leadership sanitaria e l’impatto Covid nei Sustainable Development Goals stabiliti dalle Nazione Unite. In particolare, si presta grande attenzione all’impatto sulle preesistenti ineguaglianze di genere e sul continente africano.

La missione del policy brief in ottica “One Health”

Il documento ha lo scopo di porre in evidenza le tematiche promosse dalla società civile internazionale nei confronti della presidenza del G20, offrendo occasioni di approfondimento per le categorie e le regioni più fragili nella lotta alla pandemia. L’engagement group del C20 (il gruppo che rappresenta la società civile), a fronte dell’attuale emergenza sanitaria, richiede con urgenza la delineazione e l’implementazione di strategie di breve termine. “Tuttavia – commenta Stefania Burbo, C20 Chair and focal point di Network Italiano Salute Globale – è importante riconoscere che la pandemia non è la causa principale della crisi in cui imperversa la sanità globale. Piuttosto la pandemia ha portato alla luce, in modo violento, le debolezze degli investimenti e delle scelte politiche che caratterizzano da decenni i sistemi sanitari”.

A fronte di questo appello, si evince come l’attuale pandemia risulti un’esperienza fondamentale per ristrutturare la struttura sanitaria globale a medio-lungo termine, per poter porre fine alle altre epidemie e ai fenomeni di malnutrizione che caratterizzano il nostro pianeta. Il policy brief sottolinea come vi siano oggetti e soggetti colpiti in maniera diseguale dalla pandemia, acuendo le disparità già presenti. L’approccio multidisciplinare del “One Health” deve essere forte e tempestivo, commenta Burbo, a partire dai già esistenti meccanismi ACT-Accelerator, C-Tap e TRIPs Waiver. In particolare, nei confronti di quest’ultimo, il documento sottolinea l’ingiustificabilità del mantenimento del monopolio intellettuale sui brevetti vaccinali, oltre che alla sua inadeguatezza pratica, promuovendo quindi la sospensione temporanea dei brevetti.

Il ruolo italiano nel raggiungimento della salute globale

L’Italia ha posto il suo forte contributo alla questione “One Health” a partire dal suo ruolo nel G20 e nel Global health Summit. Rimane fondamentale per il governo, afferma il consigliere diplomatico per il Ministero della Salute, ambasciatore Davide La Cecilia, incontrarsi e dialogare con i punti di ascolti e della società civile. Al momento, il nostro paese è impegnato in una serie di tappe che permettono di esprimere la leadership italiana per la risoluzione della pandemia. Questo è possibile anche a grazie al fatto che l’Italia è stata tra i primi paesi colpiti dal Covid-19, oltre che in maniera assai severa. Secondo l’Ambasciatore, il processo di leadership e l’evidenziazione delle linee guida sarà ottenibile grazie alla sinergia tra accademia, comunità scientifica e società civile.

Come espresso dai principi della Dichiarazione di Roma, oltre che dall’esortazione di Mario Draghi verso i paesi del primo mondo, si sottolinea l’impegno italiano nella condivisione delle dosi vaccinali verso i paesi più fragili. Al momento, solo lo 0,3% delle vaccinazioni è stato distribuito nei paesi a basso reddito, a fronte dell’80% del primo mondo. La realtà attuale corrisponde le parole di Draghi: l’Italia ha messo a disposizione 300 milioni di euro per il progetto Covax e mira a trasferire 15 milioni di dosi vaccinali entro fine anno. Il governo italiano, dopo aver sostenuto una circoscritta sospensione temporanea dei brevetti, è inserita nelle trattative atte a migliorare l’esistente ACT-Accelerator. Specificatamente, come colmare, nel meccanismo, il gap economico esistente che vale 18 miliardi di euro. Infine, grazie anche all’attività della società civile, l’Italia è riuscita a indirizzare al G20 le problematiche legate al genere e alla perdita del diritto alla scuola, esacerbate dalla pandemia.

La ricetta della ripresa deve ripartire dalle categorie più fragili

Sposando l’approccio “One Health”, si riconosce l’importanza della salute a livello ambientale, ecologico e organico. Durante questo periodo, si può parlare di sindemia, afferma Valentina Mangano, Vicedirettrice del Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace. Coinvolgere tutti sotto lo stesso obiettivo risulta la parola d’ordine, ma questo deve essere possibile non solo a livello produttivo, ma anche in fase di progettazione. Si pensi al continente africano: solo nazioni come , ad esempio, Egitto e Algeria sono tecnologicamente in grado di produrre i vaccini. L’Africa rappresenta il 25% della domanda vaccinale globale, ma ne produce solo l’1%.

A fronte di ciò, i paesi del primo mondo e le organizzazioni internazionali devono continuare a supportare il progresso africano, afferma Roberta Rughetti, di Amref Health Africa. Lo sforzo sinergico deve colmare l’esistente gap, definito come apartheid vaccinale, che prevede il 60% delle vaccinazioni effettuate nel continente entro il 2023. Un obiettivo parziale e lontano, mentre negli ultimi giorni in Africa si registra un incremento del 30% dei contagi.

Le categorie infantile e femminile rischiano di essere le maggiormente colpite a livello socio-economico. In Africa, si è registrato un incremento di 6000 gravidanze indesiderate, che porteranno molte ragazze a non poter più continuare il proprio percorso formativo. Anche le donne italiane sono però state messe in una situazione di pericolo. Come ricorda l’Ambasciatore La Cecilia, per ogni tre mesi di lockdown, in Italia si è visto un incremento di episodi di violenza domestica, combinata al fatto che la categoria femminile in Italia è stata quella più colpita dalla disoccupazione. Anche in Italia, si sta affrontando la perdita del diritto alla scuola. Quando si parla di One Health, si include queste fenomenologie dentro il concetto di salute e vedere come due realtà così diverse siano accomunate dagli stessi problemi, ci fa capire quanto sia importante un piano di azione globale.

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