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Salvini guarda al centro. La ratio di una fusione nella bussola di Ocone

Se Salvini sposta in questa direzione il suo asse, va ad intercettare quell’elettorato che faceva comunque riferimento al partito del Cavaliere e che poi si era disperso in mille rivoli: un’Italia profonda e moderata che vuole lavorare e produrre senza troppi vincoli e coltivare senza chiusure preconcette le proprie tradizioni storiche. La rubrica di Corrado Ocone

Che la politica sia mossa da interessi, anche personali, non è in sé un male. È dalla convergenza degli interessi che può nascere qualcosa di buono per tutti. Per non contravvenire alla metodologia, toto politica e non moralistica, che ispira questa rubrica, ci porremo perciò soprattutto una domanda: se mai avverrà la fusione o federazione della destra di governo, e cioè di Lega e Forza Italia, a cui punta Matteo Salvini, l’operazione avrà o no una sua ratio? E ne aggiungeremo, come chiosa, altre due: essa rafforzerà o no il centrodestra agevolando la sua ambizione di governo? Sarà un bene o un male per il governo Draghi?

Per quel che concerne la ratio, chi scrive ne vede così tanta da dire che la proposta di Salvini, già per il solo fatto di essere stata avanzata, è una delle novità più interessanti sulla via di quella ridefinizione e rinascita ideale delle forze politiche che è ormai improrogabile esigenza di sistema. Certo, l’attuale differenza di forza, e anche di coesione interna, fra il partito di Salvini e quello di Berlusconi potrebbe far sì che ci sia il rischio concreto che più che di una federazione si tratti di una annessione. A scongiurare questo pericolo, per chi lo considera tale, c’è il fatto che probabilmente si tratterà di un processo simile a quello, mi si perdoni il paragone ammetto esagerato, con cui Orazio descrisse la conquista romana della Grecia: Graecia capta ferum victorum cepit, “la Grecia, conquistata, conquistò il selvaggio vincitore”.

Ora, con rispetto parlando dei “selvaggi”, che se pure non sono “buoni” per definizione (come voleva Rousseau) spesso immettono nella storia la molla vitale che la muove, fuor di metafora è chiaro che l’operazione avrà un senso solo se la Lega integra nelle sue posizioni un’ampia quota di liberalismo e sposta decisamente al centro la barra del suo operare. Cosa che nei fatti, ad esempio nella pratica governativa, sta già ampiamente accadendo. In questo senso, potrebbe addirittura dirsi che l’annessione di Forza Italia è simbolica più che altro.

È chiaro infatti che, se Salvini sposta in questa direzione il suo asse, va ad intercettare quell’elettorato che faceva comunque riferimento al partito del Cavaliere e che poi si era disperso in mille rivoli: un’Italia profonda e moderata che vuole lavorare e produrre senza troppi vincoli e coltivare senza chiusure preconcette le proprie tradizioni storiche. In quest’ottica, le resistenze di alcuni parlamentari non hanno troppo peso, e hanno un valore meramente personale e di posizionamento parlamentare, se è vero che quell’Italia diffida dell’ideologia “politicamente corretta” che è propria oggi della sinistra e che fa a pugni con le sue tradizioni. Un’ideologia che è fatta spesso propria da alcuni e alcune esponenti della Forza Italia più antisalviniana.

E qui veniamo al punto: è chiaro che, in questo ordine di discorso, quell’Italia non può trovare piena soddisfazione nei Calenda, nei Della Vedova, nei Renzi, ecc., che, pur essendo sicuramente a lei vicini per la opzione produttivistica e non assistenzialistica in economia, o per il garantismo in giustizia, sono sicuramente a sinistra per la scelta dei valori morali e dell’ideologia culturale di riferimento. L’operazione, dividendo quasi in due la destra, sarà un importante elemento di chiarificazione per l’elettore, e nel complesso non potrà che rafforzare anche l’alleanza coi Fratelli d’Italia, basandola su due diversi ma imprescindibili piedi: il liberal-conservatore (oggi di governo) e il nazional-conservatore (oggi di opposizione responsabile).

Quanto al governo Draghi, esso non dovrebbe risentirne più di tanto: che gli equilibri interni alla maggioranza che lo regge contino, ma solo fino a un certo punto perché poi decide lui stesso in vista del compimento del suo progetto, è ormai a tutti evidente. Che poi questo progetto di governo, pur essendo ultra partes, sia di fatto lontano mille miglia da quello di sinistra-sinistra del precedente esecutivo, credo sia a tutti ormai abbastanza chiaro.

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