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Saman, i silenzi e le altre vite da salvare. Scrive Fiorini (Lega)

Di Benedetta Fiorini

Il nostro Paese non deve diventare una zona franca per le culture tribali. Mi chiedo: quante Saman ancora ci sono e ci saranno? La riflessione di Benedetta Fiorini, deputata della Lega

La storia della povera Saman è agghiacciante ed è un monito gravissimo: quello che poteva diventare un simbolo di riscatto è diventato un martirio.

Ancora una volta, una scelta coraggiosa di libertà, animata anche dall’esempio fornito dalla nostra società democratica, viene barbaramente soffocata dalla peggiore arretratezza ispirata al fanatismo religioso.

Sì, perché è inutile girarci intorno e cercare di mistificare i fatti; qui si tratta di un femminicidio frutto del più assurdo estremismo di matrice islamista.

Questo crimine efferato è stato meditato, armato e compiuto da un’intera famiglia, nel nome di dettami pseudo religiosi, fuori dal tempo, dalla storia ma soprattutto fuori dalla nostra cultura e dal nostro concetto di democrazia.

Ciò che rende ancora più drammatica questa storia è che Saman era lucida e consapevole dei suoi diritti e aveva chiesto aiuto perché conscia dei rischi che correva.

Saman voleva essere libera, libera di amare, libera di studiare, libera di vivere come tutte le giovani donne occidentali.

Saman poteva essere salvata, doveva essere salvata.

Se questo non è accaduto è perché le politiche per l’integrazione, improntate sul buonismo e sull’ipocrisia predicate dalla sinistra, hanno miseramente fallito.

Il sistema di protezione dei servizi sociali attivo in Italia ha delle gravi falle e per questo non ha funzionato. Troppi dettagli stanno dimostrando non è stata prestata la giusta attenzione ad una situazione così rischiosa.

I protocolli per la tutela delle vittime, anche maggiorenni, vanno aggiornati velocemente e adeguati ad una realtà multietnica in continua evoluzione.

I servizi sociali vanno riformati, i casi di segregazione in famiglia all’interno delle

comunità straniere sono in aumento e vanno intercettati prima che sia troppo tardi. L’azione di intervento, focalizzata sul monitoraggio e sulla prevenzione dei matrimoni forzati, deve essere capillare ed efficace.

Sul fronte politico, serve una presa di coscienza netta da parte di chi ha sempre voluto farci credere che andava tutto bene: la sinistra guardi in faccia la realtà.

Il nostro Paese non deve diventare una zona franca per le culture tribali. Mi chiedo: quante Saman ancora ci sono e ci saranno?

Non possiamo stare fermi a guardare mentre in Italia il fondamentalismo pseudo religioso applica la sua “legislazione parallela” per radicalizzarsi indisturbato.

Da quando le cronache nazionali si sono accorte della tragedia di Saman, che si stava consumando a Reggio Emilia, quello che mi ha colpito è stato l’imbarazzo, il silenzio e poi il balbettio di una certa sinistra.

Una parte della politica, che si è sempre professata paladina dei diritti delle donne, è stata sconfessata dai fatti. Ergendosi ad unica detentrice delle giuste ricette per l’integrazione, dopo aver spalancato porte e porti a chiunque, adesso deve ammettere di aver fallito.

La politica ha il preciso compito di prendere la parola e di offrire soluzioni. Questo non significa fare polemica, ma fare il nostro dovere. E se da una certa parte arriva un silenzio imbarazzante, il nostro compito è quello di denunciarlo. Sempre.

Non si può continuare ad affrontare la necessità di dare vita ad una vera integrazione, abdicando ai nostri principi, mistificando i nostri valori e la nostra identità, cancellando tradizioni e la nostra cultura.

Su un punto non bisogna mai arretrare: la legge è legge, le regole sono regole e l’accoglienza passa solo dal rispetto di questi assunti.

Il dislivello culturale tra la democrazia occidentale ed un mondo islamico che ancora tende a determinarsi secondo retaggi pseudo religiosi e tribali è un tema che non può essere derubricato.

Bene che l’Ucoii abbia preso le distanze da certi fenomeni, ma non serve invocare una “Fatwa” per fermarli; basta applicare la legge italiana, senza fare sconti. Perché non possono esistere leggi “parallele” nel nostro Paese.

Bisogna intervenire con fermezza in un’unica direzione affinché casi come questo non debbano mai più ripetersi.

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