Il magistrato Michele Corradino analizza il memorandum firmato da Biden che rende l’anticorruzione una questione di sicurezza nazionale. “Due direttrici: il metodo Falcone di ‘follow the money’ e la trasparenza. Che qualcuno in Italia vuole toglierci…”
Il memorandum con cui nei giorni scorsi il presidente statunitense Joe Biden ha elevato l’anticorruzione a questione di sicurezza nazionale è un documento “culturalmente molto maturo”, secondo il magistrato Michele Corradino, presidente di sezione del Consiglio di Stato e autore del volume “L’Italia immobile” (Chiarelettere), già commissario dell’Autorità nazionale anticorruzione.
“Ciò che avevamo letto nella dottrina e sentito dire da papa Francesco diventa un atto politico”, spiega Corradino che, raggiunto telefonicamente da Formiche.net, sfoglia con entusiasmo le pagine del memorandum. “Si legge un’importante presa di coscienza sulla corruzione come elemento che impedisce lo sviluppo sociale ed economico, grava sulla ripresa e sul futuro dei giovani, alimenta i fenomeni migratori”.
Il magistrato individua due direttrici principali nella svolta del presidente Biden: la trasparenza e il metodo follow the money di Giovanni Falcone.
“Alla trasparenza, che ricorre più volte nel documento, viene attribuito un ruolo strategico nella lotta alla corruzione come strumento di contrasto ma anche come obiettivo da raggiungere per la pubblica amministrazione”, spiega Corradino. E qui entra in gioco un altro elemento centrale del memorandum: la società civile. “È il cavallo di battaglia dell’Ocse, che parla di ‘controllo sociale diffuso’”, commenta. “Non bastano magistratura, forze di polizia, autorità anticorruzione. La società civile, come recita il documento, deve controllare. E questo è possibile soltanto se lo Stato rende tutte le informazioni relative all’espressione del potere a disposizione e comprensibili ai cittadini”. Da qui, dai cittadini investiti del ruolo di vedette civiche, si può innescare un circolo virtuoso, con la trasparenza che porta accountability dei governanti e protegge la democrazia, la cui difesa è un’altra dei temi caldi del memorandum.
Sotto il profilo della trasparenza, prosegue Corradino, in Italia “abbiamo una normativa studiata dagli altri Paesi dell’Unione europea che offre un livello altissimo: la purezza del dato numero consente ai cittadini un controllo anche incrociato delle attività delle diverse amministrazioni pubbliche”. Per questo il magistrato mette in guardia da chi, parlando di “opacità per confusione”, cerca di “toglierci trasparenza sostenendo la necessità di dare ai cittadini dati semilavorati. Dire ‘ci sono troppi dati, riduciamoli’ è un atteggiamento paternalistico, quasi offensivo verso i cittadini”, sbuffa. Ma non è l’unica ragione di chi difende questa linea: “Dicono che il sistema così com’è costa troppo. Ed è vero. Ma il problema si risolve banalmente, accentrando e digitalizzando i dati creando in un’unica banca dati, con un’unico obbligo di invio per le pubbliche amministrazioni”, spiega.
Dopo la direttrice della trasparenza c’è quella del metodo follow the money, presente nel documento attraverso l’impegno a seguire e bloccare i flussi di denaro sporco ma anche ad aiutare i Paesi che collaborano. In questo senso, “la cooperazione internazionale è fondamentale, sia sotto il profilo del controllo dei flussi finanziari ma anche sotto il profilo delle informazioni”, spiega Corradino. Un esempio? “Non possiamo negare che i grandi attori del mercato degli appalti siano oramai player internazionali. E senza una condivisione di informazioni efficace si può rischiare perfino di avere un bando partecipato soltanto da realtà che fanno capo allo stesso soggetto ma dislocate in zone diverse del mondo”, conclude il magistrato.