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Il disastro di Ustica 41 anni dopo. La lettera del gen. Tricarico

In occasione dei 41 anni dalla strage di Ustica, riceviamo e ripubblichiamo la lettera che il generale Leonardo Tricarico scrisse lo scorso anno su Huffington Post in risposta allo speciale targato Rai sull’anniversario del disastro, riproposto oggi su Rai3. Il generale Tricarico è, con Gregory Alegi, autore di “Ustica, un’ingiustizia civile”, edito da Rubbettino (2021)

Ha lasciato non poco sconcertati il fatto che personaggi come Valter Veltroni, Franco di Mare e l’incolpevole Paolo Mieli (cui è toccata la sola contestualizzazione storica), si siano prestati a dare voce alle tante mistificazioni che hanno contraddistinto i 40 anni della tragedia di Ustica, mistificazioni finora appannaggio di giornalisti privi di deontologia professionale o pigri nell’approfondimento, o di altri soggetti interessati per finalità non nobili a spacciare per verità, evidenti e provate menzogne.

Lo speciale su Ustica andato in onda su Rai 3 la sera di venerdì 19 giugno 2020 (e in programma nuovamente oggi, ndr) ha riproposto, in una cornice solitamente riservata a racconti di alto giornalismo, l’intera sequela di fandonie che giorno dopo giorno hanno intossicato ed incrostato l’opinione pubblica, fino a divenire, nel sentire comune, la verità accertata.

Mai che nel corso della trasmissione durata circa un’ora sia stata citata l’unica verità incontrovertibile, quella contenuta nella sentenza penale pronunciata nel 2005 e confermata in Cassazione nel 2007, quella emersa dopo verifiche accurate e scrupolose affidate ai massimi esperti al mondo e che non lascia dubbi circa la dinamica dell’incidente, quella che individua senza ombra di dubbio in una bomba collocata nella toilette posteriore del velivolo la causa della caduta del DC9.

Eppure Veltroni e Di Mare non sembrano persone cui sfugga l’inoppugnabilità della giustizia, soprattutto quando questa si occupi di un caso di strage con il massimo del rigore, con il coinvolgimento degli esperti più accreditati, sostenuta da una solidità probatoria certificata in numerose perizie tutte concordanti, e confluente in una sentenza limpida quanto inconfutabile, confermata poi in Cassazione.

Invece essi hanno preferito mettere la propria immagine al servizio di una giustizia fasulla, quella di Rosario Priore, impietosamente demolita dai giudici di secondo grado, fondata su ipotesi rivelatesi poi non sostenute da alcun elemento di prova che sia uno, tutte impacchettate in buon ordine nella sentenza ordinanza di Priore.
Forse per i non addetti ai lavori conviene ricordare che la “sentenza ordinanza”, secondo il vecchio codice di procedura penale altro non era che il rinvio a giudizio, niente più che l’impianto accusatorio che i tifosi di Priore, giocando sulle parole, hanno spacciato per verità processuale.

Per inciso, le stesse argomentazioni di Priore hanno poi formato l’impalcatura su cui si sono fondate le sentenze civili pronunciate dai tribunali siciliani, quelle che hanno dato il via libera agli indennizzi milionari, e che, proprio perché basate su presupposti non veri, meriterebbero a pieno titolo la patente di nullità.

Tornando alla parte penale, forse la citazione di qualche passaggio della sentenza del 2005, ripeto l’unica pronunciata e mai messa in discussione, aiuterà a mettere bene a fuoco il senso e la validità dei fatti narrati da Franco Di Mare e benedetti da Veltroni, unitisi, come detto, al coro di giornalisti senza scrupoli.

Innanzitutto lo scenario di guerra all’interno del quale sarebbe stato abbattuto il DC9 viene bollato come inesistente: “accertamenti e comunicati da cui risulta che tutti gli aerei militari italiani erano a terra, che i missili in dotazione italiana erano nei loro depositi, che gli aerei militari alleati non si trovavano nella zona del disastro e che nell’ora e nel luogo del disastro non vi erano velivoli di alcun genere”(Pag115). Chiaro? Per proseguire a pag. 116: “tutto il resto è fantapolitica o romanzo che potrebbero risultare interessanti se non vi fossero coinvolte 81 vittime innocenti”.

Nel caso fosse sfuggita la gravità della valutazione sull’operato del magistrato, a pag 114 il giudice di secondo grado, impietoso, rincara la dose: “l’accusa non è altrimenti dimostrabile se non affermando come certo quanto sopra ipotizzato ma non è chi non veda in esso la trama di un libro di spionaggio ma non un argomento degno di una pronuncia giudiziale”. Insomma, tutto il lavoro di Priore buono solo per un libro di spionaggio o di fantascienza.

Non riesco ad immaginare nulla di più offensivo e denigratorio per un magistrato che il veder rubricato il proprio lavoro come la sceneggiatura di un film o la trama di un libro; eppure Priore non è corso a nascondersi come un minimo di dignità avrebbe consigliato, anzi imperterrito ha continuato a difendere le sue fantasie senza battere ciglio, tenendo in vita una narrativa fasulla, che venerdì 19 la Rai, (ci sarebbe molto da dire anche sul servizio pubblico) ha ancora una volta mandato in onda, spacciandola per un pezzo di vero giornalismo. Le colpe di Priore non finiscono qui.

Se oggi vi è certezza sulla dinamica dell’attentato ma buio pesto sugli autori, è perché non si è voluto indagare in nessun’altra direzione che non fosse quella della battaglia aerea e del missile fantasma. Se già da allora invece si fossero esplorate altre piste forse oggi una verità la avremmo e la memoria della tragedia sarebbe condivisa anziché affogata nella trama di un film giallo.

E concludo con l’ultima anomalia di un mistero ancora tutto da spiegare. Accidentalmente qualcuno, senza seguire alcuna pista investigativa, è venuto a sapere che presso i nostri Servizi di Informazione e Sicurezza sono custoditi circa 200 documenti tuttora coperti da Segreto e riguardanti la corrispondenza intercorsa alla fine degli anni 70, e fino a pochi giorni prima della caduta del DC9 Itavia, tra il nostro centro dei Servizi Segreti a Beirut e la casa madre di allora, il Sismi.

Alcuni parlamentari che hanno letto quelle carte, il cui contenuto non è loro consentito divulgare, sono convinti che esse contengano una possibile, anzi verosimile chiave di lettura dell’attentato del 27 giugno 1980. Nonostante questo, – e qui sta la stranezza- il Presidente del Consiglio, sollecitato più di una volta dal Parlamento, si ostina ancora oggi a non autorizzare a distanza di 40 anni la declassifica e la divulgazione dei documenti, pur avendo nel 2014 il governo Renzi autorizzato a rendere pubblici tutti i documenti relativi a stragi e terrorismo, Ustica compresa. Questa al momento è l’unica verità che in tutti questi anni non ha mai visto la luce nella sua interezza. Questa è la verità, oggi purtroppo dimezzata ma pur sempre verità, con cui si possa rendere omaggio alle 81 vittime di quel 27 giugno del 1980.


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