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Trattato del Quirinale, ma non solo. Mattarella si prepara per Parigi

La fase attuale è propizia per Italia e Francia: la prossima visita del presidente Mattarella a Parigi lo dimostra. L’analisi di Jean-Pierre Darnis, professore associato all’Université Côte d’Azur e consigliere scientifico dell’Istituto affari internazionali

La conferma della visita di Stato a Parigi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella dal 4 al 6 luglio segna un ulteriore ravvicinamento fra l’Italia e la Francia. Anche durante la crisi dei rapporti bilaterali del 2018-2019, il presidente Mattarella era stato attento a mantenere i canali aperti con Parigi.

Il suo ultimo viaggio in Francia risale al maggio 2019, invitato dal presidente Emmanuel Macron per una visita di stato al castello di Chambord nell’ambito della commemorazione dell’anniversario della morte di Leonardo da Vinci. All’epoca questo viaggio fu altamente simbolico perché esprimeva un gesto di amicizia dopo l’inasprimento delle tensioni fra Parigi e Roma del mese di febbraio di quell’anno, con il ritiro dell’ambasciatore di Francia a Roma Christian Masset a seguito della visita di Luigi Di Maio a un comitato di gilet gialli. Dalla rinegoziazione dell’accordo Fincantieri-Stx dopo l’elezione alla presidenza di Macron del 2017, fino ai toni accesissimi delle campagne per le elezioni politiche del 2018 e per le europee del 2019, avevamo assistito a un clima deleterio fra Parigi e Roma. Per certi versi la visita di Mattarella in Francia nel 2019 fu il primo segno di un’inversione di rotta, che corrispondeva poi al nuovo ciclo politico nelle istituzioni europee e nella politica italiana con la fine della maggioranza di governo con Movimento 5 stelle e Lega.

Il vertice italo-francese di Napoli del febbraio 2020 aveva segnato la ripartenza delle attività governative bilaterali che sono poi cresciute anche nel contesto della pandemia. L’annuncio nel maggio del 2020 di un piano di rilancio europeo fortemente sostenuto da Macron e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel aveva anche dato un senso di grande positività alle relazioni fra l’Italia e i partner europei, contrastando se non cancellando la memoria dei vari screzi degli ultimi anni. In questo contesto erano ripartiti i lavori per un trattato bilaterale, detto “del Quirinale”, con le rispettive diplomazie impegnate a convergere su un testo che possa segnare un ulteriore progresso della stabilizzazione e dell’istituzionalizzazione delle relazioni fra Italia e Francia. Con l’esecutivo presieduto da Mario Draghi vi è stata un’ulteriore accelerazione che corrisponde anche alla specifica qualità del presidente del consiglio italiano e alla sua statura internazionale. A questo proposito va ricordato che Parigi si è sempre trovata in sintonia con Draghi nelle sue funzioni di governatore della Banca centrale europea. Non a caso con il governo Draghi insediato la presidenza francese ha poi dato retta a un’antica richiesta italiana, con l’arresto in Francia di una decina di italiani accusati di terrorismo, una decisione che riconosce la validità dell’azione giudiziaria italiana e che offre anche la possibilità di simbolicamente chiudere una pagina di storia molto sofferta.

L’intesa fra governi si esprime anche nelle convergenze sulle varie poste in gioco europee: abbiamo potuto osservare come i ministri Giancarlo Giorgetti e Bruno Le Maire siano in grande sintonia sulle questioni di politica industriale, sia nel contesto bilaterale che nell’ambito comunitario. Si tratta di un fattore non banale data l’importanza dei collegamenti fra il tessuto industriale italiano e quello francese, nonché il ruolo strategico degli stati italiani e francesi in quanto azionisti di alcuni dei principali gruppi industriali (fra i quali Leonardo, Eni, Enel e Fincantieri per l’Italia; Edf, Thales, Dassault, Airbus e Naval Group per la Francia).

La visita di Stato del presidente Mattarella rappresenta un atto di grande cortesia istituzionale, anche perché prevede uno specifico formalismo con, per esempio, l’organizzazione di un pranzo di Stato. A Parigi vengono tradizionalmente serviti nel salone delle feste del palazzo dell’Eliseo, radunando circa 200 ospiti, ed esprimono una versione apicale della gastronomia e degli arti della tavola, cosa non banale in Francia. In questo contesto anche il menu del pranzo, che rimane segreto fino all’ultimo momento, viene investito da una simbologia diplomatica e si possono aspettare forme di omaggio all’Italia con la tipologia di cibo o giocando sui colori della bandiera.

Il presidente Mattarella viene quindi invitato per una seconda visita di Stato in Francia, un gesto rarissimo. Basti pensare che l’ultima visita di Stato di un presidente italiano a Parigi risale al 2012, con Giorgio Napolitano.

Certamente il ciclo politico è propizio a un tale ravvicinamento. La firma annunciata del trattato del Quirinale entro la fine dell’anno definisce una cornice positiva. Ma si tratta anche di una finestra di opportunità nel contesto complicato della pandemia, per il momento sotto controllo sia a Roma che a Parigi, ma anche nell’ambito della fine del mandato del presidente Macron. Quest’ultimo si sta già impegnando in una campagna elettorale per la sua rielezione, un quadro ancora molto incerto. Mentre la Germania entrerà a breve in un ciclo elettorale, il rinforzamento del ruolo dell’Italia rappresenta anche una forma di passaggio di testimone per assicurare una continuità europea, il binomio Mattarella-Draghi esprimendo anche una grande forza politica e culturale per i partner europei, Francia in testa. Tra l’altro in un modo magari non aspettato il Brexit si sta rivelando un fattore anche positivo per l’Italia, in quando l’Italia torna a occupare il posto di terzo grande Paese continentale con Francia e Germania.

Quando Sergio Mattarella sfilerà per le strade di Parigi scortato dal reggimento a cavallo della guardia repubblicana, sentendo anche il suono delle trombe di napoleonica memoria, sicuramente avrà modo di riflettere sulla storia ma anche sull’omaggio fatto all’Italia nella sua persona. Ma anche di godersi un momento che illustra una sua personale interpretazione del ruolo diplomatico della presidenza della Repubblica, un fattore chiave per portare le relazioni con la Francia dal marasma a una nuova entente cordiale.


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