Nuova stretta dell’amministrazione Biden sullo Xinjiang. Tra le aziende cinesi nella lista nera c’è anche Kindroid, membro di O-Ran, progetto sviluppato per trovare un’alternativa al dominio Huawei. E non è il primo…
L’amministrazione Biden mette in guardia le aziende che hanno filiere e investimenti nella regione cinese dello Xinjiang che stanno correndo un “grosso rischio” di violare le leggi statunitensi sul lavoro forzato finendo per essere complici di quello che gli Stati Uniti e altri Paesi identificano come un genocidio nei confronti degli uiguri e di altre minoranze musulmane. Prevedibile la reazione cinese: molto probabilmente Pechino accuserà Washington, come già fatto in altri casi simili, di “interferenze negli affari interni” e negherà le accuse di genocidio, lavoro forzato e repressione.
L’AVVERTIMENTO
Sei agenzie federali (i dipartimenti di Stato, Tesoro, Commercio, Sicurezza internazionale e Lavoro, oltre all’ufficio del rappresentante commerciale) hanno diffuso un aggiornamento dei consigli avertendo le aziende che fanno affari in Cina di essere a rischio di dover di affrontare “ostacoli” nelle due diligence, come controlli del regime, mancanza di trasparenza governativa e aziendale, minacce ai revisori e una clima da “Stato di polizia” nello Xinjiang.
I RISCHI
Il documento invita le aziende a impegnarsi in una “due diligence rafforzata” rispetto a quattro categorie principali di transazioni nello Xinjiang: assistenza o investimento nello sviluppo di strumenti di sorveglianza, compresi quelli relativi alla raccolta e all’analisi genetica (di pochi giorni fa la rivelazione della Reuters di test prenatali venduti in tutto il mondo da una multinazionale cinese per ammassare banche dati genetiche immense, da cui si può risalire alle vulnerabilità genetiche di intere popolazioni); approvvigionamento di manodopera o beni dallo Xinjiang o da altre regioni collegate all’uso del lavoro forzato nello Xinjiang; fornitura di beni, software e tecnologie di origine statunitense a entità coinvolte nella sorveglianza o nel lavoro forzato; assistenza nella costruzione e nel funzionamento di campi di internamento o impianti di produzione che sottopongono minoranze al lavoro forzato.
I SETTORI COLPITI
Colpiti una ventina di settori industriali. Tra questi agricoltura, telefonia cellulare, articoli per la pulizia, edilizia, produzione di cotone, elettronica, prodotti estrattivi, accessori per capelli e parrucche, fabbriche di lavorazione alimentare, calzature, guanti, servizi di ospitalità, silicio di grado metallurgico, spaghetti, prodotti per la stampa, energie rinnovabili, stevia, zucchero, tessili e giocattoli.
LE 23 AZIENDE NEL MIRINO
Tra le 23 aziende inserite nella Entity List (una sorta di lista nera) del dipartimento del Commercio c’è Kindroid. La ragione: “attività contrarie alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti”. In particolare, Kindroid e altre entità “stanno acquisendo e stanno cercando di acquisire articoli di origine statunitense per supportare la modernizzazione militare per l’Esercito popolare di liberazione”, si legge sul Registro federale.
CHE COS’È KINDROID…
Kindroid (Shanghai Jinzhuo Technology Co., Ltd.) è una società leader nella progettazione e produzione di chip per i sistemi di comunicazione e fornitrice di soluzioni wireless. Ed è una delle aziende che hanno aderito al O-Ran Alliance, un progetto di sviluppo di una rete modulare con interfacce e ran aperte che dovrebbe favorire una maggiore trasparenza e una diversificazione dei fornitori, a cui ha aderito anche l’italiana Tim.
… E IL SUO RUOLO IN O-RAN
Con la stretta su Kindroid diventano sette le aziende cinesi sanzionate dagli Stati Uniti nella O-Ran Alliance, come ha ricordato Hosuk Lee-Makiyama, direttore del think tank Ecipe di Bruxelles, su Twitter. Ci sono anche i tre grandi fornitori di servizi China Mobile, China Telecom e China Unicom, la società di informatica Inspur, quella che produce chip Phytium e il colosso delle telecomunicazioni Zte, rivale “interno” di Huawei che in passato è figurata nella Entity List prima di essere “rilasciato” sulla parola.
IL PESO DELLA CINA DELL’ALLEANZA
Secondo l’ultima ricerca di Strand Consult, ben 44 aziende che partecipano alla O-Ran Alliance (nata nel 2018, prima che l’amministrazione Trump mettesse nel mirino il 5G “made in China”) sono domiciliate in Cina, il Paese più rappresentato nel progetto dopo gli Stati Uniti (con 82). Gli ultimi sviluppi, anche alla luce delle tensioni geopolitiche tra Washington e Pechino che non possono non tirare in ballo il resto del mondo, pongono un interrogativo: l’O-Ran, alleanza pensata per sviluppare alternative a Huawei ma formata da altre aziende sanzionati dagli Stati Uniti, non è ormai obsoleta?