Skip to main content

Cac, l’agenzia che soffoca le Big Tech cinesi

La Cyberspace Administration of China è una delle agenzie di Stato più potenti e importanti del Paese. È il gruppo che si è esposto contro Tencent, sanzionato Alibaba e chiuso Didi, e sta lentamente portando il Dragone al controllo totale del governo su internet

Cyberspace Administration of China (Cac) è il nome dell’agenzia di sicurezza cinese per la regolamentazione, censura e supervisione di Internet. È l’ente che ha recentemente bloccato l’utilizzo della app Didi (simile ad Uber), sanzionato Alibaba e attaccato Tencent, e che sta lentamente soffocando il libero mercato di Pechino.

Una delle tante cose che hanno in comune le aziende sopracitate è il fatto che nessuna di loro voleva consegnare i dati dei loro clienti allo Stato e che volevano quasi tutte spostarsi a Wall Street. Infatti, proprio nel caso Didi, una piattaforma per il noleggio di auto, taxi e car-sharing, è emerso che l’app è stata sanzionata proprio per violazioni sui dati personali, come accadde mesi fa a Houchebang e Boss Haiping (altre applicazioni simili) – nonostante i dati personali li avesse invece protetti.

Come analizzato in precedenza su Formiche.net, tutte queste mosse sono l’ennesima “prova degli sforzi portati avanti da Pechino per bloccare l’inarrestabile crescita economica,” continuare a colpire i giganti del mondo Tech e concentrare il potere nelle autorità centrali. Sono, però, anche un modo per limitare la libera concorrenza sul mercato, eliminando la competizione privata e lasciando spazio alle società controllate dallo Stato.

Negli ultimi anni, la Cac ha infatti guadagnato sempre più potere “ben oltre la legge del 2017, la prima sulla sicurezza di Internet in Cina,” ha riportato il Sole24Ore. Oltre al potere, la Cac, insieme all’Agenzia di Stato di Antitrust e Regolamentazione (Smar), ha ormai la capacità di creare forti ripercussioni sui mercati internazionali. Ad esempio, a causa del blocco dell’applicazione Didi, il titolo è crollato del -11% – secondo Bloomberg – nonostante non sia stata ancora sanzionata ufficialmente. Soltanto l’idea che Didi verrà multata più di Alibaba e, si presume, obbligata al delisting, ha fatto impazzire i mercati internazionali. Ripercussioni, quindi, che arrivano fino in Occidente colpendo chiunque abbia investito in questo asset.

Si suppone, infine, che la Cac e il governo centrale stiano utilizzando i dati personali raccolti dalle applicazioni che hanno accettato di “collaborare” con il Dragone per “non solo bloccare, filtrare e censurare deliberatamente le informazioni online basate sulle opinioni o convinzioni politiche, religiose o ideologiche, ma anche usare la tecnologia per interrompere il traffico internet e l’infrastruttura commerciale oltre i suoi confini,” come ha denunciato Xiao Qiang, Fondatore di China Digital Times, in una lettera aperta.

Infine, oltre a bloccare e sanzionare aziende e applicazioni Tech in crescita nel paese, o ancora in via di lancio, la Cac è stata recentemente accusata dal New York Times e da ProPublica per aver volontariamente censurato le notizie sul Covid-19. Durante un’indagine congiunta, i reporter delle due testate statunitensi hanno accertato che dopo la morte di Li Wenliang (il whistleblower del virus), la Cac “ha ordinato ai siti web di notizie di non emettere notifiche push che avvisavano i lettori della sua morte. Hanno detto alle piattaforme social di rimuovere gradualmente il nome dalle pagine dei trending topics. E hanno attivato legioni di falsi commentatori online [troll] per inondare i siti sociali con chiacchiere di distrazione, sottolineando la necessità di discrezione.”

La Cac può quindi essere considerata il vero braccio destro del governo centrale cinese incaricato di gestire, controllare e dominare la vita online dei cinesi. Un potere forte, molto antidemocratico, e che nel lungo termine potrebbe compromettere il dominio tecnologico del Paese.


×

Iscriviti alla newsletter