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Se la crisi dei chip colpisce Apple, nessuno è al sicuro. I piani italiani ed europei

La carenza di microchip è arrivata a colpire anche le Big Tech come Apple, Tesla e Microsoft, dimostrando come nessuno è al riparo. Usa ed Eu continuano a cercare soluzioni per diventare fornitori indipendenti e costruire una propria supply chain, ma per molti la crisi peggiorerà ancora prima di migliorare, e non finirà prima del 2023

Sin dall’inizio della pandemia da Covid-19, le più grandi case di produzione di automobili e industrie Tech hanno risentito della crisi di microchip da semiconduttori. Aziende come Apple, Microsoft e Tesla hanno inizialmente sviato il problema, grazie alla produzione ad hoc, ma con l’uscita del nuovo iPhone in autunno, il fornitore di microchip Foxconn “ha avvertito che la società si aspetta un calo del 10% delle esportazioni a causa della carenza globale di chip per computer” – come riportato da Business Insider. Foxconn è anche un fornitore di Google, Microsoft e di altre Big Tech internazionali, che, proprio come Apple, potrebbero quindi risentire di questa crisi nei prossimi mesi.

I microchip sono maggiormente utilizzati nei dispositivi elettronici, dai telefoni alle automobili, dalle console di gioco ai computer. Nell’ultimo periodo, molte aziende sono state costrette a chiudere gli impianti di produzione e dare priorità ad alcuni prodotti rispetto ad altri per far fronte alla carenza di chip, ma le Big Tech non sembrava fossero colpite da questa crisi fino ad oggi. La carenza di microchip è quindi giunta a un momento di non ritorno, dove nessuno può più evitarla – neanche Apple.

L’Unione Europea e l’amministrazione Biden hanno evidenziato l’importanza di investire nelle catene di approvvigionamento nazionali per prevenire future crisi simili, rimarcando che la pandemia da Covid-19 ha mostrato quanto sia fondamentale avere una propria supply chain – e non solo nel campo dei semiconduttori. Però, come ha detto il Ceo di Ford, Jim Farley, a Npr, “la carenza di semiconduttori e l’impatto sulla produzione peggioreranno prima di migliorare,” rimarcando che non si può uscire da questo stallo velocemente. Tant’è che anche il Ceo di Nokia ha detto a Bloomberg che la “guerra ai semiconduttori potrebbe trascinarsi fino al 2023.”

Invece, Elon Musk di Tesla ha dichiarato di vedere una luce infondo al tunnel, sottolineando che “è difficile per noi sapere quanto questa crisi durerà, perché è essenzialmente fuori dal nostro controllo. Sembra che stia migliorando, ma è difficile da prevedere.” Proprio come Musk, anche Tim Cook, Ceo di Apple, ha evidenziato che l’azienda “sta agendo un trimestre alla volta e che sta facendo tutto il possibile per mitigare qualsiasi problema.”

Nel frattempo, l’Ue vuole diventare uno dei più grandi produttori di semiconduttori al mondo, con l’obiettivo di non dipendere più solo dalla produzione asiatica e statunitense. Thierry Breton, Commissario Eu per i servizi ed il mercato interno, ha pubblicato un tweet sottolineando come l’Unione “ha tutti gli asset per essere una potenza industriale, competitiva e innovativa,” dopo un incontro con il Primo Ministro italiano Mario Draghi.

Come riportato da Formiche.net, il governo italiano ha ricevut a Roma Pat Gelsinger, il Ceo di Intel, il più grande produttore americano di microchip. In ballo c’è un polo di produzione europeo da 8 miliardi di euro, ma serve flessibilità della Commissione per gli aiuti di Stato. Mentre a Catania si lavora per aprire un impianto da da 850 milioni di euro dell’italo-francese Stm. A tal proposito, i fondi del Recovery Plan, potrebbero essere la soluzione e dare all’Unione un’opportunità di crescita nel settore da non perdere, e l’Italia potenziale diventare uno dei main player di questa partita.



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