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Cosa si sussurra tra i cattolici sul ddl Zan. L’analisi di Delle Foglie

In questa fase il versante più conservatore fa sentire alta la sua voce, anche con toni polemici e sopra le righe. Ma basta dare un’occhiata a un’inchiesta sui social effettuata dal Sole 24 Ore: l’80% dei giovani cattolici risulta favorevole al ddl Zan. Dunque, la Chiesa ha un grosso problema di comunicazione. Ma immaginare una divisione ecclesiale (tanto meno uno scisma) è certamente temerario. L’analisi di Domenico Delle Foglie

Sussurri e dubbi. Dubbi e sussurri. Così un attento osservatore delle cose cattoliche fotografa le reazioni negative all’interno del mondo cattolico italiano alla Nota verbale della segreteria di Stato sul Ddl Zan contro l’omotransfobia: “Sì, sono tanti i dissensi, anche tra i vescovi e i cardinali sulla Nota vaticana, ma restano allo stato di sussurri”.

Cerchiamo di capire allora quali sono le riserve espresse nei confronti della mossa vaticana, partendo forse dall’unico testo che sussurro non è. L’estensore è Andrea Grillo, autore di un lungo articolo sulla rivista Munera edita da Cittadella, teologo e padre di due figli. Indicato come progressista, accusa la Nota verbale di utilizzare “la Scrittura e la tradizione come scudi e martelli” e denuncia un “dispositivo di blocco”, ossia “un sistema elaborato negli ultimi 100 anni, e usato molto frequentemente anche dopo il Concilio Vaticano II, per impedire ogni possibile sviluppo del sapere e della disciplina: una dottrina ecclesiale viene assunta come magistero autentico, che la qualifica come definitiva e così la ritiene irreformabile e non disponibile”.

Il riferimento è a un passaggio fondamentale della Nota, laddove la Santa sede si dice preoccupata che possano essere criminalizzate “espressioni della Sacra Scrittura e delle tradizioni ecclesiastiche del magistero autentico del Papa e dei vescovi, che considerano la differenza sessuale secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa Rivelazione divina”. Una posizione che Grillo contesta apertamente: “Pensare di salvarsi dalla legge penale che giustamente persegue le ingiuste discriminazioni, appellandosi ad un ‘Dio lo vuole’ che nessuno potrebbe permettersi di alterare, mi pare il frutto di una pessima teologia e forse di una peggiore diplomazia”.

Certo, questa è la voce di un singolo teologo che chiede di non bloccarsi sull’espressione biblica “maschio e femmina li creò” e di confrontarsi a viso aperto con gli sviluppi dell’identità maschile e femminile. Ma accanto a questa posizione critica ci sono anche le sfumature, non meno problematiche, di altri autorevoli protagonisti del mondo cattolico.

È certamente il caso di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia della vita, che ha rimarcato come “quella Nota non andava scritta” perché “il Ddl Zan non c’entra niente con il Concordato, ma rimane un brutto disegno di legge, scritto male”. Riserve soft anche da parte di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio: “I rischi di questo linguaggio diplomatico sono anche quelli che la Santa sede si schieri con una parte del Parlamento”.

Non emergono, al momento, altre voci di singoli credenti, associazioni e movimenti che abbiano preso posizione contro la Nota, mentre è molto attivo il fronte dei favorevoli. Solo nei giorni scorsi settanta associazioni hanno inviato una lettera aperta ai senatori sui “sette punti illiberali del Ddl Zan”. Di sicuro, però, le grandi associazioni cattoliche al momento hanno preferito la linea del silenzio, forse persino suggerita – ipotizzano i soliti ben informati – dalla stessa Cei, che sin dall’inizio dell’iter parlamentare ha optato per una linea ferma, ma rispettosa delle prerogative del Parlamento.

Forse l’imbarazzo maggiore è per quanti, in questi anni, si sono mossi sul confine tracciato da Francesco, cioè si sono adoperati a vario livello per creare nuovi canali di dialogo con gli omosessuali, soprattutto credenti. Sulla scia di quanto scritto al numero 250 dell’esortazione apostolica postsinodale Amoris Laetitia: “Con i Padri sinodali ho preso in considerazione la situazione delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori né per i figli. Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ‘ogni marchio di ingiusta discriminazione’ e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza…”.

In questo contesto opera il padre gesuita James Martin, consultore del Segretariato per la comunicazione, che svolge il suo apostolato tra le persone Lgbt. Proprio lui che ha denunciato “l’omofobia nella Chiesa”, ha ricevuto una lettera di incoraggiamento da parte dello stesso Francesco solo pochi giorni fa e dopo la pubblicazione della Nota verbale. Ma in questa prospettiva di dialogo si è speso anche il cardinale di Bologna Matteo Zuppi, autore della prefazione al libro di padre Martin “Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra la Chiesa e le persone Lgbt”. Su questa frontiera si è mosso pure il cardinale Marcello Semeraro che ha favorito nella sua diocesi di Albano un percorso per “accogliere, accompagnare, discernere e integrare l’esperienza di fede di persone omosessuali”, d’intesa con il Forum italiano dei cristiani Lgbt. Un’iniziativa che non gli ha risparmiato critiche da parte di settori oltranzisti della pubblicistica cattolica.

Per non parlare dell’attivismo della diocesi di Torino e del ruolo del padre gesuita Pino Piva, indicato dai cattolici più intransigenti come “l’emulo italiano di padre Martin”. Ora, quanti si sono spesi su una linea pastorale nuova, seguendo le indicazioni del papa, saranno a dir poco sconcertati dalla Nota verbale. Ma di sicuro non lo hanno manifestato, né riteniamo faranno un passo indietro.

Ci si chiederà cosa ne pensi il mondo cattolico di base. Certo, in questa fase il versante più conservatore fa sentire alta la sua voce, anche con toni polemici e sopra le righe. Ma basta dare un’occhiata a un’inchiesta sui social effettuata dal Sole 24Ore: l’80% dei giovani cattolici risulta favorevole al Ddl Zan. Dunque, la Chiesa ha un grosso problema di comunicazione. Ma immaginare una divisione ecclesiale (tanto meno uno scisma) è certamente temerario. Più facile che continuino a dilagare sussurri e dubbi. Fermo restando che nella Chiesa cattolica si parlerà sempre più delle persone Lgbt. Sino a porsi domande oggi impensabili: un transessuale può accedere al sacerdozio?


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