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La pandemia e lo stato di salute del settore digitale. Scrive Marco Gay (Anitec-Assinform)

Di Marco Gay

Il digitale è l’arma più efficace che abbiamo per ridurre i gap di produttività e di efficienza del nostro sistema economico. Va accelerata, anche attraverso una manutenzione del Piano Transizione 4.0, l’integrazione tra materiale e immateriale, che cade sotto il nome di servitizzazione, e favorito l’impiego dell’intelligenza artificiale, dei big data, del cloud, dell’IoT e della cybersecurity

Il 2020 è stato un anno del tutto eccezionale. Con la pandemia c’è stato un cambio di passo culturale: le imprese, i cittadini, la PA stessa hanno ormai fatto proprio il valore della digitalizzazione per migliorare performance e qualità della vita, offrire e accedere a nuovi servizi, nuovi prodotti.

L’andamento del mercato dall’inizio della pandemia dimostra come il digitale abbia fornito un supporto fondamentale alla continuità del sistema economico e sociale del Paese e ne rappresenti una delle leve più importanti per la ripartenza e l’inizio di un nuovo ciclo di sviluppo e crescita.

Il ruolo del Digitale durante la pandemia e le nostre sfide

Alcuni dati del nostro Rapporto “Il Digitale in Italia 2021” Vol. 1 ci restituiscono l’immagine di un paese che ha sfruttato come possibile le tecnologie digitali. Basti pensare al fatto che il mercato digitale nel 2020 ha registrato una flessione minima dello 0,6% con un fatturato di oltre 71,5 miliardi di euro, andando in controtendenza rispetto alle attese di un calo del 2% previsto lo scorso novembre.

Quasi tutti i comparti hanno registrato dinamiche positive, confermando il ruolo trainante di Intelligenza artificiale, Cloud, Cybersecurity nonché delle soluzioni necessarie per la gestione dell’emergenza, che crescono complessivamente del 20% solo nel 2020.

Trasversali ai vari comparti, i Digital Enabler sono le tecnologie più innovative e quelle caratterizzate da un dinamismo più marcato. Nell’insieme i Digital Enabler sono cresciuti del 7,1%.

Tra quelle con volumi d’affari maggiore si segnalano: Mobile Business (+4,4%, 4.326 milioni di euro) e Cloud (+20,4%, 3.408 milioni di euro).

Le previsioni di crescita del mercato digitale nei prossimi tre anni (2021-2024) sono fortemente condizionate dall’attuazione nel PNRR. Nel Rapporto vengono delineati quattro scenari, in base all’utilizzo ogni annuo dei fondi stanziati. Dall’intero impiego già nel corso del 2021 di tutta l’allocazione dei fondi previsti per gli investimenti in digitale dal PNRR il mercato potrebbe avere un maggiore incremento di 3,6 miliardi di euro raggiungendo un volume di 77,6 miliardi di euro contro i 74 miliardi previsti in base alla sola crescita fisiologica.

Questo porterebbe la crescita del mercato digitale nel 2021 all’8,5% rispetto ad una previsione del 3,5% stimato senza il contributo dei fondi del PNRR. L’impatto negli anni successivi oscilla tra il 4,5% e lo 0,6% in più sul tasso di crescita dello scenario base, a seconda che i fondi saranno utilizzati completamente o per il 70% o il 50%. Nell’ipotesi più ottimistica di utilizzo completo dei fondi allocati annualmente il mercato digitale arriverà vicino ai 95 miliardi di euro nel 2024.

I settori che potranno avere maggiori impatti dall’impiego dei fondi previsti dal PNRR per il digitale sono Pubblica Amministrazione, Sanità, Industria, Telecomunicazioni, Travel & Transportation ed Energy & Utilities.

Nello scenario più ottimistico, riforme e risorse per il digitale faranno crescere il mercato a un tasso medio annuo del 7,1% nel periodo 2021-2024

Questa crisi ha affermato il ruolo chiave dell’economia digitale, ma sappiamo bene che ci troviamo ancora di fronte a una diffusione eterogenea delle nuove tecnologie, che non consente di sfruttarne appieno tutto il potenziale per migliorare la produttività delle imprese, essere più competitivi e innovativi.

Abbiamo alcune debolezze che dobbiamo affrontare: la digitalizzazione delle famiglie sulle quali la crisi ha messo in evidenza l’importanza di rendere disponibili le infrastrutture di base: connettività, device, competenze digitali; la digitalizzazione delle PMI: se guardiamo alle imprese, siamo ben consapevoli del ruolo delle nostre PMI nel sistema produttivo, ma sappiamo anche che la dimensione di impresa pone sfide importanti quando serve aumentare gli investimenti in innovazione e la digitalizzazione della PA, che si è dimostrata ancora del tutto impreparata a uno shock digitale.

Affrontare queste criticità è la sfida che oggi dobbiamo vincere per costruire una nuova normalità, che sia più sostenibile e più digitale.

Le priorità: dal PNRR un’Italia digitale, sostenibile, inclusiva

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza che la Commissione Europea ha approvato nel mese di giugno è la cornice all’interno del quale dovremo incanalare tutti i nostri sforzi, per trasformare la ripresa in crescita puntando sull’innovazione.

Oltre 50 miliardi sono stati allocati per la digitalizzazione di PA e imprese nella missione 1, cui si aggiungono le risorse per il digitale diffusi in altre missioni – dalla sanità alla giustizia al turismo: ben oltre il 20% richiesto dall’Unione europea. Gli impatti positivi per il nostro settore sono condizionati al fatto che si spenda bene, si rispettino i tempi e vengano varate le riforme strutturali previste dal Piano.

Semplificazioni, concorrenza, riforma della PA e della giustizia, riforma del fisco e degli ammortizzatori sociali, politiche per le famiglie sono le riforme strutturali attese da tempo per rendere l’Italia un paese business friendly e più vicino alle persone.

Tra queste, la riforma della PA gioca un ruolo chiave e deve essere incentrata su digitalizzazione e rafforzamento delle competenze delle persone. Un’amministrazione che funziona bene, che sia realmente innovativa e digitalizzata determina un effetto domino favorendo la digitalizzazione di imprese e cittadini. In questo senso, è assolutamente positivo l’impegno ad adottare il cloud al 75% nella PA, dando ulteriore spinta alle iniziative già in corso. È quindi necessario incidere sui processi e a partire dai comuni che più di altri rispondono ai bisogni di imprese e persone. C’è bisogno di una vera e propria rivoluzione digitale e che metta al centro i servizi e non chi gestisce i processi.

E va visto con favore il recente decreto governance e semplificazioni, cui a breve seguirà la riforma del codice dei contratti pubblici. Una riforma chiave per consentire di spendere le risorse e che deve dedicare un’attenzione specifica agli acquisti ICT, per dotare la PA di competenze specifiche e assicurare tempi certi e allineati al mercato nell’esecuzione dei contratti.

Altra priorità: innovare la nostra sanità. Ben venga, quindi, l’impegno del Governo a realizzare finalmente il fascicolo sanitario elettronico, a mettere risorse vere sulla telemedicina e sui servizi di prossimità. Siamo convinti che la sanità digitale sia una occasione da “se non ora quando”, pur sapendo che affinché diventi realtà, occorrerà investire sulla sicurezza dei dati, prevenire e risolvere le disuguaglianze territoriali, immaginare nuovi servizi sanitari.

Quanto alle imprese, il digitale è nei fatti l’arma più efficace che abbiamo per ridurre i gap di produttività e di efficienza del nostro sistema economico.

È necessario mettere in campo un poderoso piano di investimenti – che veda le imprese in prima fila – per qualificare il capitale umano, presente e futuro, anche nell’ottica di contrastare la disoccupazione e promuovere l’inclusione sociale. Da ultimo, è necessario affrontare con fermezza la sfida delle politiche attive del lavoro, ripensandone l’organizzazione, destinando risorse vere e coinvolgendo le imprese nel definire percorsi formativi.

Va accelerata, anche attraverso una manutenzione del Piano Transizione 4.0, l’integrazione tra materiale e immateriale, che cade sotto il nome di servitizzazione, e favorito l’impiego dell’intelligenza artificiale, dei big data, del cloud, dell’IoT e della cybersecurity in tutte le industrie.

Digitalizzare le filiere industriali è la priorità e la sfida più impegnativa. Dobbiamo far in modo che tutti i settori chiave, dall’agricoltura, al turismo, al made in Italy alla meccanica, sposino la vocazione digitale. Occorre settare gli standard e favorire la diffusione di conoscenza digitale: a questo fine sarà fondamentale l’azione delle grandi aziende, cui va affiancata la rete dei Digital Innovation Hub e dei Competence center che possono raggiungere le imprese nei territori.

L’industria digitale sarà protagonista della costruzione di un nuovo mercato digitale unico europeo, da Gaia-X alle tante iniziative legislative comunitarie che dovranno trovare un giusto bilanciamento tra l’esigenza di promuovere l’innovazione e lo sviluppo industriale, e quella di salvaguardare la contendibilità del mercato e la fiducia di cittadini e imprese.

Gli impegni che ci attendono richiederanno l’impegno e la collaborazione di tutti gli attori pubblici e privati, in una logica di rispetto reciproco di ruoli e competenze.

Abbiamo il dovere di guardare al futuro e alle nuove generazioni costruendo un’Italia più forte che si regga su basi solide e competitive.


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