Da un lato c’è la necessità di anticipare i fenomeni e dall’altro di regolarli. Chiarire queste relazioni è un aspetto decisivo per le democrazie del XXI secolo. La prefazione di Luciano Violante all’ultimo saggio di Mario Caligiuri “Intelligence e diritto” che analizza in profondità l’importanza delle regole e delle parole, le dimensioni invisibili del potere e i tormentati rapporti tra intelligence e magistratura, sullo sfondo di una guerra normativa senza limiti poco avvertita dalle élite nazionali
Le sempre acute, a volte trascinanti, riflessioni di Mario Caligiuri aiutano a comprendere la complessità dei rapporti tra intelligence e diritto, in bilico tra cooperazione e conflitto. L’intelligence guarda ai fatti che nel futuro potrebbero accadere; si fonda perciò sulla previsione di accadimenti per prevenirli, per propiziarli o per condizionarli. Nella sua attività si muove all’interno di un contesto politico e geopolitico che ne indirizza gli orientamenti. Il nocciolo delle funzioni sta nell’acquisizione di informazioni, nella loro elaborazione, nella comunicazione a chi ha diritto di conoscerle, nella decisione delle azioni conseguenti e nella loro effettuazione. In ciascuno di questi passaggi possono verificarsi piccole o grandi distorsioni che possono dar vita a un’azione giudiziaria.
Il diritto e la giustizia guardano invece al passato, attraverso procedure indipendenti, dirette a definire la eventuale responsabilità attraverso l’accertamento dello stato dei fatti. La meccanicità dei procedimenti giurisdizionali, e il loro carattere indipendente dai contesti interni e internazionali, possono a volte confliggere con la duttilità propria dell’attività di intelligence.
Il conflitto tra necessità di prevenzione, propria della intelligence, ed esigenze di giustizia, propria del diritto, per un complesso di motivi, rischia di diventare quindi inevitabile.
Poiché costituisce interesse nazionale evitare questi conflitti, molte norme disciplinano i punti di frizione, dalla disciplina del segreto di Stato alle garanzie funzionali, dalle intercettazioni preventive alla responsabilità politica del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Uno dei più significativi punti di raccordo tra intelligence e diritto è costituito dalla struttura e dalle competenze del Copasir, anche a tutela della intelligence. Non stupisca questa necessità. In tutti i paesi democratici è profonda la consapevolezza del ruolo essenziale degli organismi di intelligence non solo per la stabilità politica ma anche, direi soprattutto, per quella economica. Oggi, infatti, ai rischi del terrorismo frutto del radicalismo antioccidentale, si aggiungono i rischi derivanti dalla spietata concorrenza sui mercati globali. Tutti i paesi più importanti hanno appositi organismi di intelligence economica. L’Italia ha cominciato a sviluppare questo campo da poco, grazie ad un illuminato dirigente dell’Aise. Nel novembre 2020 il Copasir ha presentato al Parlamento il primo importante rapporto sulla intelligence economica, dedicato alla crescita delle acquisizioni cinesi. Le acquisizioni, ha scritto il Copasir, avvengono, con sistematicità ad ogni livello, nei settori a più alto valore aggiunto o più strategici: energia, reti, aziende ad alto potenziale strategico e innovative vedono una grande concentrazione di capitali cinesi. È evidente che notizie dirette fraudolentemente a destabilizzare gli organismi di intelligence, al fine di privare di credibilità le informazioni fornite, porterebbero un danno grave alla nostra competitività sul piano globale. Per prevenire questi rischi il diritto viene in aiuto della intelligence, stabilendo con chiarezza funzioni e garanzie. Le pagine di Mario Caligiuri indicano temi di ricerca che diventeranno centrali in un futuro assai prossimo.