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Sostegni bis e Fondo unico per la farmaceutica. Il punto di Lorenzin

Intervista a Beatrice Lorenzin, già ministro della Salute e deputata parlamentare membro della quinta commissione Bilancio tesoro e programmazione, che ha recentemente promosso l’introduzione di un fondo che unifica i due fondi per i farmaci innovativi, oncologici e non, nel decreto Sostegni bis

Alla luce della norma recentemente introdotta nel decreto Sostegni bis, diventa sempre più focale l’attenzione sull’innovazione farmaceutica e i suoi costi, in relazione alle necessità del paziente affetto da malattie croniche o oncologiche. Questo è stato uno dei temi principali discussi durante l’evento “Innovazione in sanità” promosso da Iapg (Italian American Pharmaceutical Group) e dal Gruppo Europeo e Nipponico di Farmindustria qualche settimana fa. Un argomento che, a seguito dell’incontro, abbiamo avuto la possibilità di approfondire con Beatrice Lorenzin, ospite dell’incontro, già ministro della Salute e deputata parlamentare membro della quinta commissione (bilancio tesoro e programmazione).

Qual è il quadro attuale dell’accesso, da parte del paziente, alle terapie innovative?

In Italia abbiamo un meccanismo molto complesso, per cui il sistema regolatorio del pharma è molto legato al payback (una misura adottata nel nostro Paese dal 2008 al fine di limitare l’aumento della spesa pubblica farmaceutica). In questi anni abbiamo avuto un aumento della spesa farmaceutica sostanziale, dovuto all’accesso e all’incremento di nuove terapie e molecole, che hanno costituito una vera e propria rivoluzione per le patologie che fino a pochi anni fa erano considerati incurabili. Per fare un esempio in tema di modernizzazione, noi 15 anni fa avevamo un tasso di innovazione molto basso, che non sforava i 20-40 milioni di euro l’anno. Nella scorsa legislatura ha preso piede una nuova fase molto fortunata che con il meccanismo italiano del payback avrebbe semplificato il sistema, portando però a un incremento della spesa del pharma. Personalmente, introdussi all’epoca il concetto dei fondi per l’innovazione.

In primo luogo, di supporto verso le cure non oncologiche, precisamente per i farmaci necessari contro l’epatite C. In secondo luogo, i fondi erano destinati ad altre terapie oncologiche innovative, coscienti dell’arrivo di molecole assolutamente rivoluzionarie. Oggi, dopo anni, l’idea dei due fondi si è rivelata vincente, ma abbiamo avuto un aumento esponenziale del tasso di innovazione e dell’accesso alle nuove molecole. Siamo giunti quindi al paradosso per cui il fondo degli innovativi non oncologici ha visto un risparmio di circa 200 milioni sui 500 disponibili, andati in economia. Questo soprattutto dopo il calo dei prezzi dei farmaci per l’epatite C, dovuto ad una maggiore regolarizzazione a seguito della loro uscita dall’ambito innovativo, che ha salvato circa 200.000 pazienti, Il fondo invece destinato agli innovativi oncologici ha sforato la quota 200milioni, raggiungendo quasi i 400.

Considerando la recente approvazione in Commissione bilancio, cosa prevede l’emendamento per l’unificazione dei fondi dedicati al rimborso dei farmaci innovativi oncologici e non? E chi ne sarà beneficiario?

È evidente che le quote descritte rappresentavano un grosso problema per l’accesso alle terapie innovative dei nostri pazienti. Quindi ho proposto una norma, passata al decreto Sostegni bis, che unifichi i due fondi, unendo la cifra di un miliardo per l’innovazione e recuperando ciò che non è stato speso per gli oncologici. Al netto di questo quadro, mancano ancora 272 milioni per garantire la copertura totale dell’accesso all’innovazione, un obiettivo da sostenere nella prossima legge di bilancio. Considero l’ottenimento di un fondo unico come una conquista, da completare con gli ulteriori 272 milioni, al netto anche del passaggio dell’emendamento che chiede, a governo e Aifa, una forma di adattamento rispetto all’attuale innovazione.

Questo perché, nel farmaceutico, sappiamo con circa tre anni di anticipo quali sono le molecole altamente innovative che stanno per superare la fase tre, potendo immaginare di prevedere un meccanismo di aggiornamento annuale, non biennale, che ci permetta di tenere insieme il sistema dell’innovazione e adeguare il fondo, in modo automatico o periodico rispetto a quello che può essere la previsione di incremento della spesa farmaceutica. Ne beneficeranno certamente i pazienti, in particolare quelli oncologici. Rispetto alla precedente realtà quotidiana italiana, dove non era possibile l’accesso ad alcuni farmaci, è stato possibile rispondere in maniera migliore e comprensiva al bisogno dell’individuo, legato alla sua patologia. Sfortunatamente, è un processo ancora in corso d’opera, come testimoniano le differenze di accesso ancora esistenti tra regione e regione.

Perché risulta fondamentale aumentare le spese di finanziamento destinate al fondo farmaceutico?

La domanda della spesa farmaceutica è destinata ad aumentare, per vari motivi. In primo luogo, la popolazione italiana sta invecchiando, siamo una società sempre più vecchia e l’incremento dell’aspettativa della vita porta ad un’estensione delle necessità dell’individuo, tra cui le cure. In secondo luogo, c’è una divergenza rispetto alla realtà di 30 anni fa. Una volta, il farmaco destinato alla cura di una data patologia era quello, senza possibilità di cambiamenti durante la terapia. Oggi, il tasso di innovazione comporta un costante ricambio.

È evidente che i nuovi farmaci, soprattutto quelli basati sulla medicina preventiva, hanno degli investimenti molto importanti, con un conseguente rialzo del prezzo. Noi, qualche anno fa, abbiamo previsto un meccanismo di valutazione dell’innovazione, che permette di remunerare il progresso sostituendo l’innovativo con l’obsoleto preesistente. Si era già proposto, e portiamo ancora avanti questa richiesta, di contabilizzare i trattamenti che hanno un forte impatto sulla salute, permettendo di guadagnare anni di vita e riducendo la spesa sociale per la singola personale. Si parla quindi di immaginare alcune spese come investimento, non più come costo.

Pragmaticamente, quali saranno le misure per permettere l’implementazione di questi nuovi importanti avanzamenti in ambito farmaceutico?

Il primo sforzo sarà a ottobre con la legge di bilancio, per permettere l’accesso ad ulteriori 272 milioni di euro per il fondo dell’innovazione. Dopo che sarà stato ottenuto ciò, si potrà prevedere l’implementazione del meccanismo di adattamento e rinnovamento periodico, ampliando la spesa. In prospettiva, considerando gli avanzamenti e le prospettive introdotte dalla medicina predittiva, bisogna prevedere un metro di valutazione dell’impatto di questi farmaci in termini di aspettativa di vita e di costi sociali risparmiati.

Che valore può avere, per lo sviluppo economico e sociale del Paese, un rapido ed efficiente accesso all’innovazione?

Il primo ritorno sociale che potrà conseguire a queste misure è la cura dell’individuo, specialmente nel campo dei farmaci salvavita o che permettono l’estensione anche parziale delle prospettive di vita. In seconda battuta, un Paese in grado di investire nell’innovazione e nella ricerca, può tenere insieme la filiera del progresso, a partire dal sistema regolatorio che è capace di contenere i prezzi e che deve stimolare la ricerca anche a livello accademico, in collaborazione con l’industria.

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