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Italia-Usa, patto tra Cingolani e Kerry per il G20 Ambiente

Dai lavori del G20 Ambiente, clima ed energia di oggi e domani a Napoli dipende il successo della Cop26 di novembre. Serve colmare il gap tra Paesi ricchi e poveri: ecco l’impegno di Roma e Washington

Prende il via oggi a Napoli la due giorni della ministeriale ambiente, clima ed energia del G20. Le discussioni inizieranno giovedì mattina in una giornata dedicata all’ambiente, mentre venerdì a essere protagonisti saranno clima ed energia, per la prima volta uniti in un G20, segnale, questo, di una specifica attenzione alla crisi climatica in corso.

L’Italia, presidente di turno del G20, e gli Stati Uniti, che con il presidente Joe Biden hanno rilanciato l’impegno ambientale dopo i quattro anni di Donald Trump, sono pronti ad aumentare i loro contributi finanziari per aiutare i Paesi in via di sviluppo a combattere il cambiamento climatico, oltre che a impegnarsi per la riduzione delle emissioni.

È quanto hanno raccontato al Financial Times il padrone di casa della due giorni a Napoli, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, e l’inviato del presidente degli Stati Uniti per il clima John Kerry. Colmare il divario tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri è cruciale in vista della Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite che si terrà a novembre a Glasgow, organizzata dal Regno Unito in partnership con l’Italia: se non si riesce, il vertice scozzese rischia di trasformarsi in un mezzo flop.

“È imperativo fare qualcosa [sui finanziamenti per il clima]”, ha detto Kerry. “L’ho detto al presidente Biden, è totalmente d’accordo”. Si parte dalla mancata intesa dell’anno scorso sui 100 miliardi di dollari da destinare ai Paesi in via di sviluppo. “Abbiamo bisogno di molto più impegno”, ha detto Cingolani al quotidiano londinese. “Dobbiamo riaprire la discussione, perché non tutti sono d’accordo sull’aumento del sostegno”.

Questo impegno raccontato dal Financial Times era già stato dichiarato dai due Paesi in occasione della visita di Kerry a Roma, avvenuta a metà maggio. Al termine degli incontri con la politica italiana, l’inviato aveva firmato una dichiarazione congiunta con il ministro Cingolani e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in cui Stati Uniti e Italia affermavano l’impegno a lavorare “con altri Paesi e con il settore privato per aiutare le realtà più vulnerabili del mondo ad adattarsi e rispondere agli impatti climatici”, ma anche a collaborare “per aiutare a incrementare i finanziamenti e gli investimenti privati sia per la mitigazione degli effetti avversi che per l’adattamento ai cambiamenti climatici”.

Ma la strada non è in discesa. Infatti, sia l’Italia sia gli Stati Uniti hanno avvertito che per procedere all’aumento dei finanziamenti serve l’approvazione del Parlamento e del Congresso.

Dalla loro parte, però, c’è una forte sintonia. Lo dimostra anche l’intervista concessa da Kerry a Repubblica, in cui l’inviato di Biden elogia l’Italia per gli sforzi finalizzati a favorire un accordo al summit. Può farcela: “Certo, i vostri ministri, come Cingolani, stanno facendo un grande lavoro, sono molto competenti. Ho incontrato il premier [Mario] Draghi ed è stato molto chiaro con me nel descrivere le ambizioni dell’Italia: non solo per accompagnare Cop26 al successo ma anche per indicare la strada verso il futuro”, ha dichiarato.

Su queste pagine abbiamo più volte evidenziato il feeling tra l’amministrazione Biden e il governo Draghi. Chi è interessato può leggere, per citare soltanto gli articoli più recenti, l’analisi del politologo Joseph La Palombara in occasione della visita del segretario di Stato americano Antony Blinken in Italia, l’intervista con Sergio Vento, già ambasciatore italiano negli Stati Uniti e all’Onu o il colloquio con Nathalie Tocci, direttrice dello Iai.

Ecco perché in questo scenario appare cruciale la nomina del nuovo ambasciatore statunitense a Roma. Per Villa Taverna, oggi guidata dall’incaricato d’affari Thomas Smitham, si sono abbassate le quotazione di Doug Hickey, ex commissario per l’Expo Milano 2015, mentre Jane Hartley, già ambasciatrice in Francia sotto l’amministrazione Obama, andrà nel Regno Unito.

Chissà che Washington non segua Londra, che a Parigi, Berlino e Roma – come nelle altre tre capitali G7 – ha tre ambasciatrici (rispettivamente Menna Rawlings, Jill Gallard e Jill Morris).

(Twitter: @AmbasciataUsa)

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