Visita istituzionale negli Stati Uniti per l’ammiraglio Fabio Agostini, comandante dell’operazione europea Irini. Incontri con funzionari dell’amministrazione americana, rappresentanti europei e dell’Onu. Occhi puntati sul futuro della Libia verso il voto di dicembre. Irini punta al rafforzamento di assetti e capacità
Missione americana per Fabio Agostini, comandante dell’operazione europea Irini, finalizzata al controllo dell’embargo di armi sulla Libia. L’ammiraglio italiano, che guida dal 2020 il massimo impegno militare dell’Ue nel Paese nordafricano, si è recato nei giorni scorsi negli Stati Uniti per una serie di incontri istituzionali. La sponda Usa è importante per l’Europa (e per l’Italia), essenziale nel consolidare il processo onusiano che sta conducendo la Libia verso il voto di dicembre.
Da Centocelle, alle porte di Roma, sede del comando di Irini, l’ammiraglio Agostini è volato la scorsa settimana a Washington e New York. Nella capitale ha incontrato Stavros Lambrinidis, ambasciatore dell’Ue negli Stati Uniti, tra i protagonisti del rilancio del dialogo tra le due sponde dell’Atlantico con la presidenza di Joe Biden, manifestatosi nel summit Usa-Ue di metà giugno. È stata proprio la rappresentanza europea a Washington a organizzare gli incontri con numerosi rappresentanti dell’amministrazione americana. “Ho ribadito che Irini è importante per la Libia e che ha raggiunto importanti risultati agendo in modo bilanciato, imparziale ed efficace”, ha spiegato Agostini. Tra gli obiettivi dei colloqui anche lo sviluppo della collaborazione tattica nell’area tra gli assetti europei e le forze che rispondono ai comandi statunitensi.
Nella “Grande mela” Agostini ha incontrato l’ambasciatore Maurizio Massari, che da poco ha assunto l’incarico di rappresentante permanente d’Italia presso le Nazioni Unite. Il comandante di Irini si è intrattenuto anche con l’ambasciatore T. S. Tirumurti, rappresentante permanente dell’India all’Onu e attuale presidente del Sanctions Committee al Palazzo di vetro. Lo scorso marzo l’operazione EuNavFor-Med Irini è stata prorogata per altri due anni, fino al 2023, sempre con l’obiettivo primario di verificare il rispetto dell’embargo di armi sulla Libia sancito dall’Onu. Tra i compititi secondari ci sono il monitoraggio e la raccolta di informazioni sul traffico illegale di petrolio, il contributo allo smantellamento del traffico di esseri umani e il supporto alla formazione di Guardia costiera e Marina libica. L’Italia è tra i più convinti sostenitori dell’operazione, impegnata da tempo in sede europea a promuovere un suo rafforzamento e un ampliamento dei compiti affinché possa presto occuparsi anche dell’addestramento della Guardia costiera libica (come faceva la precedente Sophia). Un ruolo del quale Agostini ha parlato a New York con l’ambasciatore Taher Al-Sunni, rappresentante permanente libico all’Onu, in attesa di recarsi personalmente prossimamente a Tripoli.
Nella delibera missioni approvata alla Camera (e ora al Senato), il nostro Paese prevede per Irini una partecipazione massima in leggera crescita: da 517 a 596 unità; da un assetto navale a due. Dal suo avvio, Irini ha investigato oltre 3.600 unità in navigazione nel Mediterraneo centrale, effettuando più di 160 di “friendly approach”, diciassette tra abbordaggi con ispezioni a bordo e dirottamenti (uno con conseguente sequestro di un carico di carburante per scopi militari). Ha inviato inoltre 23 report al gruppo di esperti dell’Onu. Dallo scorso primo aprile è “force commander” dell’operazione l’ammiraglio Stefano Frumento, che ha assunto l’incarico contestualmente al ritorno dell’unità anfibia della Marina italiana San Giorgio in qualità di flagship.
Fin dal suo avvio la missione è stata accompagnata da una certa insofferenza da parte della Turchia, determinata a supportare negli ultimi anni l’ormai ex Governo di accordo nazionale (Gna) di Fayez al Serraj nel confronto con le forze della Cirenaica di Khalifa Haftar. Ankara ha ritenuto l’operazione un fattore di sostegno indiretto ad Haftar, in grado di ricevere armamenti via terra dall’Egitto. È per questo che Irini ha sempre lavorato per presentarsi bilanciata ed equidistante rispetto alle parti in campo, ed è per questo che l’Italia ha spinto per un supporto politico quanto più ampio possibile e per un suo rafforzamento in vista dei compiti di “capacity building” che arriveranno nei prossimi mesi. L’attenzione al momento è tutta per il 24 dicembre, quando i libici torneranno alle urne. Prima di allora c’è da preservare il percorso onusiano e il governo guidato da Abdelhamid Dabaiba. Dopo ci sarà da costruire la nuova Libia.