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Italia-Usa 2.0, investimenti e fiducia. Scrive Crolla (AmCham Italy)

L’amicizia Italia-Usa è antica e capace di proiettarsi nel futuro. La strada da percorrere è ancora lunga ma… L’intervento di Simone Crolla, consigliere delegato dell’American Chamber of Commerce in Italy

Ieri, 4 luglio, è stato il 245° compleanno degli Stati Uniti, indissolubilmente legati al nostro Paese. “Felice di essere in Italia per sottolineare l’importanza dell’unità transatlantica e il forte rapporto tra Italia e Stati Uniti”. Basterebbe questo semplice tweet del segretario di Stato americano Antony Blinken, pubblicato non appena giunto a Roma, per meglio comprendere l’importanza di un rapporto giunto al suo 160° anniversario. Una relazione – non solo diplomatica – speciale, quella tra Italia e Usa, nata nel 1861, quando il nostro Paese si riunì sotto la bandiera di una singola nazione, sulla spinta del Risorgimento.

Un’amicizia antica e al contempo capace di proiettarsi con fiducia verso il futuro, basata sulla condivisione di un irrinunciabile patrimonio ideale che affonda le radici nei valori condivisi e nel comune impegno per promuovere le libertà civili e i principi democratici.

Come sottolineato all’Assemblea generale di AmCham dall’ambasciatore Philip Reeker, assistente segretario per gli Affari europei ed euroasiatici, “quando pensiamo alle questioni traslantiche, possiamo pensare al rapporto tra Usa e Italia, perché l’Italia è uno dei nostri più vecchi e vicini partner. Dal primo giorno della sua amministrazione, il presidente [Joe] Biden ha mandato un chiaro messaggio al mondo: gli Stati Uniti gli Stati Uniti si stanno impegnando di nuovo nelle alleanze e partnership e per affrontare le sfide dei nostri tempi e la ricostruzione economica delle nostre società”.

Discorso ripreso, sempre all’Assemblea di AmCham, anche dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti: “La democrazia e la libertà, base fondante del patto transatlantico, sono il luogo dove si sviluppa il progresso civile ed economico. Soltanto chi condivide questi valori può portarli nelle relazioni e nel commercio internazionale, garantendo parità di condizioni e competizione, oltre a una vera e libera concorrenza. I segnali che arrivano dal G7 e dalla Nato mostrano un quadro assi più nitido della rotta e della visione delle nostre relazioni internazionali, con un rinnovato afflato transatlantico”.

Tuttavia, la strada da percorrere è ancora lunga. Infatti, purtroppo, oggi l’Italia non è nel radar degli investitori internazionali e riveste un ruolo marginale nell’attrarre flussi di capitale produttivo. A partire dal 2008, anno della crisi finanziaria globale, gli Fdi (investimento diretto all’estero) americani nel nostro Paese sono passati da 27,7 miliardi di dollari agli attuali 34,9 miliardi. Troppo pochi se comparati ai principali concorrenti europei: la Spagna è a quota 40,8 miliardi, la Francia a 83,8 miliardi e la Germania addirittura a 148,3 miliardi (oltre a investimenti iconici, come la megafabbrica di Tesla che aprirà alle porte di Berlino), in un’Europa che attrae circa il 60% dello stock Usa investito globalmente, oltre tre volte e mezza di quanto destinato all’Asia-Pacifico. In compenso, è stata sorprendente la crescita di Fdi italiani negli Usa, con un valore passato da 19,5 miliardi di dollari (nel 2008) a 32,8 miliardi (+68%).

I dati relativi al flusso commerciale sono migliori: storicamente il dato italiano è stato superiore a quello americano. Il nostro export vale 49,5 miliardi di dollari (primo mercato extra europeo) e riguarda principalmente macchinari, autoveicoli, pharma e food; oltre il doppio dell’import, che si attesta a 19,9 miliardi di dollari (entrambi i Paesi, nel 2020, hanno registrato un calo che oscilla tra il 13 e il 16%, a testimonianza dell’importanza e dell’interconnessione tra le due economie anche nell’annus horribilis del Covid-19).

Guardando all’ultimo biennio, c’è comunque da essere ottimisti, perché il clima di fiducia tra Italia e Usa sta trovando un sempre più concreto compimento in diversi investimenti, in alcuni casi anche strategici (ricordiamo che non c’è stata alcuna misura di Golden power attuata nei confronti degli Usa), che stanno rafforzando un’intesa che appare inossidabile.

Cito a titolo d’esempio, senza privilegiare nessuno, la commessa per la US Navy aggiudicata da Fincantieri per oltre 5 miliardi di dollari e quella di Webuild (20 miliardi) per la realizzazione della linea ad alta velocità per collegare Dallas e Houston in Texas; l’ennesimo investimento a stelle e strisce di Sofidel (360 milioni di dollari investiti in Oklahoma); le acquisizioni, rispettivamente a opera di Tenaris e Menarini, di Ipsco Tubulars per oltre 1 miliardo di dollari e di Steamline Therapeutics per 677 milioni di dollari. Concludo con la maxiacquisizione da 420 milioni di dollari di Capital Brands da De’ Longhi e quella di Luminex Corporation (1,8 miliardi di dollari) da parte di DiaSorin.

Lato Stati Uniti, impossibile non partire dall’investimento effettuato dal fondo Kkr, pari a 1,8 miliardi, per il 37,5% di Tim (FiberCop). Sempre in ambito tecnologico, aziende come Amazon Web Services, Google, Microsoft si sono particolarmente distinte per investimenti nell’offerta di infrastrutture e servizi cloud, nei programmi di formazione digitale e per l’impegno a supportare e accelerare il processo di digitalizzazione e innovazione dell’intero ecosistema nazionale.

McDonald’s assumerà circa 2.000 nuovi dipendenti (1.000 in nuovi ristoranti in apertura in tutta Italia e altrettanti a rafforzare l’organico di quelli già esistenti), mentre Caffè Vergnano ha siglato un accordo con Coca-Cola per la distribuzione esclusiva dei suoi prodotti all’estero e la cessione del 30% dell’azienda (ma la governance resterà nelle mani della famiglia).

Il Krause Group, dopo alcuni investimenti-carotaggi (le cantine Serafino e Vietti e un resort nelle Langhe) ha acquisito il Parma Calcio. Gli ha fatto seguito la famiglia Friedkin, dallo scorso anno proprietaria dell’A.S. Roma, a testimonianza di come il nostro Paese sia meta privilegiata per gli investitori statunitensi nel soccer (sono americane anche le proprietà di Milan, Fiorentina, Spezia, Venezia, Catania, Campobasso, senza dimenticarsi che l’Inter della cinese Suning, in pegno al fondo californiano Oaktree).

Per attrarre maggiori investimenti, è necessario “fare sistema”. Ben prima del presidente francese Emmmanuel Macron, che nel 2018 ha lanciato “Choose France”, avevamo ribadito l’esigenza di un contenitore, “Select Italy”, volto a mostrare le opportunità d’investimento nel Paese. Perché l’Italia piace, come ribadito negli scorsi giorni a Roma da Pat Gelsinger, Ceo di Intel, che ha incontrato il presidente del Consiglio Mario Draghi e i ministri Vittorio Colao e Giorgetti (senza dimenticarsi di papa Francesco), spiegando che l’Italia “è in corsa per una fabbrica da 100 miliardi di dollari”. Parole che fanno eco a quelle di, Jamie Dimon, Ceo di J.P. Morgan: “È un Paese che sta attraversando una fase di rinnovata espansione economica, avrà una buona crescita quest’anno e trarrà ulteriori vantaggi dalla eccezionale leadership di Draghi”.

Già, proprio Draghi, che gode di un forte apprezzamento sia in Italia che nel panorama europeo e internazionale, come testimoniato anche all’ultimo G7, tenutosi qualche settimana fa a Carbis Bay, in Cornovaglia. Questo per l’Italia rappresenta una opportunità non indifferente, ossia quella di continuare ad affermarsi nel quadro globale molto di più di quanto lasci inteso il peso specifico del Paese; la cancelleria tedesca Angela Merkel, prossima al cambio di guardia potrebbe pagare le inevitabili ripercussioni della successione, l’Eliseo sta per entrare nella fase di campagna presidenziale fissata tra poco più di anno e il presidente Macron si trova in grosse difficoltà con la pressante presenza dell’estrema destra di Marine Le Pen e il deludente risultato alle elezioni regionali di metà giugno.

Draghi, nonostante non abbia davanti a sé un orizzonte di governo di lungo periodo, si trova apertamente allineato con la visione filoatlantica ed europeista, come sottolineato nel suo discorso di insediamento, dove ha dato ampissima attenzione all’importanza del rapporto con gli Usa (menzionando la Cina solo una volta). In questo tempo di sfide globali senza precedenti, che solo insieme possiamo superare, l’intesa tra Washington e Roma è più importante che mai, per rinnovare e accrescere il capitale di fiducia su cui si fonda la comune azione a favore della sicurezza, di un ordine internazionale basato su regole, della tutela dei diritti umani e di uno sviluppo globale autenticamente sostenibile. Grazie alla leadership di Draghi, l’Italia aderisce con convinzione a tale compito, nella consapevolezza che Stati Uniti e Unione europea siano chiamati a lavorare sempre più strettamente insieme, come negli ultimi 160 anni, fianco a fianco.

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