Mancini e i suoi giocatori hanno dimostrato di saper essere dei leader mettendosi a disposizione degli altri. Una bella lezione di etica della nazionale italiana a quella inglese. Antonino Giannone, professore di Leadership And Ethics alla Link Campus University e Fellow dell’Icelab, Politecnico di Torino
Dietro ogni risultato impossibile, c’è un sogno che è stato ritenuto impossibile.
(Robert K. Greenleaf)
Questa citazione di un grande esperto internazionale di Leadership può essere utile a capire il percorso che la Nazionale di calcio italiana ha fatto per raggiungere l’obiettivo: vincere il Campionato europeo di calcio? Pensiamo di sì.
Robert Greenleaf riconobbe che le organizzazioni e gli individui potevano essere servitori-leader. In effetti, aveva grande fede nel fatto che le organizzazioni servo-leader potessero cambiare il mondo.
Inoltre egli affermava che il grande leader viene prima sperimentato come un servitore degli altri e credeva che la vera leadership emergesse da coloro la cui motivazione principale è un profondo desiderio di aiutare gli altri.
In pratica grazie agli studi di Greenleaf si può affermare che i servant-leaders (leader di servizio) mettono i bisogni e gli interessi degli altri al di sopra dei propri. Fanno, cioè, una scelta deliberata per servire gli altri. Tuttavia, questo comportamento non dovrebbe essere associato a un basso concetto di sé o a una bassa autostima.
Un altro concetto alla base del Servant Leader è questo: prendersi cura delle persone, più abili e meno abili a servirsi l’un l’altro, è la roccia su cui si costruisce una buona società. Mentre, fino a poco tempo fa, la cura era in gran parte da persona a persona, ora la maggior parte di essa è mediata attraverso istituzioni – spesso grandi, complesse, potenti, impersonali; non sempre competenti; a volte corrotte. I bravi leader devono prima diventare bravi servitori.
Nel nostro mondo sempre più globale nell’era digitale, le differenze culturali nella leadership sono diventate sempre più importanti come argomento nella società. Questa affermazione è apparsa evidente se rivediamo il video e i comportamenti dei giocatori della nazionale inglese a fine partita quando si sono tolti la medaglia, quando hanno lasciato il campo, senza assistere alla premiazione della nazionale italiana che aveva vinto legittimamente la partita.
Negli inglesi ha prevalso l’impostazione di una Leadership prescrittiva e autoreferenziale che caratterizza la loro tradizione, ma che in questa circostanza ha fatto perdere anche una loro qualità: il self control.
Ecco dunque, a mio avviso, il valore aggiunto che ha fatto sì che il team della Nazionale di calcio dell’Italia, nei singoli reparti di Chiellini e Spinazzola, di Donnarumma e Bonucci, di Jorginho e Verratti, di Chiesa e Insigne, sia riuscito a prevalere sugli altri team: una Leadership Servant che ha caratterizzato non solo Roberto Mancini: il tecnico, il coach, l’allenatore, ma anche i singoli giocatori che hanno dimostrato concretamente di essere un team solido dove ognuno è stato protagonista al servizio dell’altro ed è prevalsa la Leadership Servant del team e non quella di ciascun componente.
Una bella lezione di Etica della nazionale italiana alla nazionale inglese che rimarrà storica e che, a mio avviso, potrà essere utile per tanti altri settori di attività nella società, a cominciare dall’attività politica dove assistiamo, invece, ad un’estrema conflittualità e divisione tra i vari e cosiddetti leader.