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L’era di Xi. L’analisi della Fondazione Italia-Cina a 100 anni dal Pcc

Di Filippo Fasulo e Alessandro Zadro

Il Centro Studi per l’Impresa della Fondazione Italia Cina (CeSIF) fa il punto sul Partito comunista cinese, sul suo leader Xi Jinping, sui membri, e sulle sfide del futuro

Il primo luglio 2021 si è celebrato il centesimo anniversario del Partito Comunista Cinese (PCC), fondato nel 1921 a Shanghai. A cent’anni dalla sua fondazione e a oltre settanta dalla nascita della Repubblica popolare cinese, il PCC mantiene il governo del Paese più popoloso al mondo, forte di una narrazione che lo incorona come l’attore che è riuscito a trasformare la Cina da paese oppresso, umiliato e sconfitto in una nazione ricca, sicura di sé e in grado di competere per il primato globale. Il centenario ha definitivamente incoronato il ruolo di Xi Jinping, già Segretario generale del PCC, Presidente della Repubblica Popolare e Presidente della Commissione militare centrale.

IL PARTITO OGGI

Xi Jinping è leader nazionale dal 2012-2013, poi riconfermato cinque anni dopo. Con la transizione avvenuta nel 2012-2013 vi è stato il passaggio di consegne fra la Quarta e la Quinta generazione di leadership collettiva. La successione temporale della classe dirigente cinese, infatti, è scandita dal susseguirsi di gruppi di dirigenti politici omogenei per classi d’età che contraddistinguono archi temporali decennali. Al di là del caso di Mao, il quale ha guidato il Paese fino al 1976, è possibile individuare un leader e un decennio per ciascuna generazione: Deng Xiaoping negli anni Ottanta (e in parte anche Novanta), Jiang Zemin negli anni Novanta, Hu Jintao negli anni Duemila e Xi Jinping negli anni Dieci del nuovo millennio.

Come accennato, i vertici del PCC sono eletti in occasione del Congresso del Partito che si riunisce ogni cinque anni. I ruoli più ambiti sono quelli ricoperti dalle sette figure chiave che costituiscono il Comitato Permanente del Politburo (CPP), vero e proprio braccio esecutivo del Comitato Centrale. Il Politburo è composto da 25 membri, ovvero i sette membri del CPP e altri 18 ordinari, che ricoprono contemporaneamente ruoli nel governo, nell’Esercito Popolare di Liberazione, nelle province più importanti (le quattro municipalità di Pechino, Tianjin, Shanghai e Chongqing assieme alla provincia del Guangdong e alla regione autonoma del Xinjiang) e in altri organi di stato, tra cui il Dipartimento dell’Organizzazione a cui spetta il controllo e la supervisione dei nuovi membri, il Dipartimento di Propaganda, e la Commissione Central Politico-Giudiziaria, nata allo scopo di supervisionare le delicate questioni di sicurezza relative alla gestione della polizia e del corretto funzionamento del tribunali.

I MEMBRI DEL PARTITO

Se il numero di membri attivi ha registrato negli ultimi anni una leggera crescita, passando da 90 milioni nel 2017 a 92 milioni nel 2020 (pari a 6,6% della popolazione attiva – Fonte Merics su dati del Pcc e dell’Ufficio statistico cinese), il numero di nuove ammissioni ha registrato un calo deciso tra il 2012 e il 2017 per poi riprendere gradualmente nell’ultimo biennio. Inoltre, nell’ultimo decennio il PCC ha assunto una composizione più ‘elitaria’, come dimostrato da una chiara riduzione nell’accettazione di nuove candidature e da una maggiore adesione di membri con una formazione accademico-universitaria. L’età media dei nuovi membri del partito è inoltre sensibilmente più alta come dimostrano i dati del 2017 rispetto a quelli del 2019. È importante inoltre notare come solamente il 28% di membri del partito siano donne e che vi sia una sola donna tra i 25 membri del Politburo.

IL DISCORSO DI XI

Nel suo discorso per la celebrazione del centenario del PCC, Xi non ha lasciato spazio a fraintendimenti: la Cina di oggi non è la Cina di dieci anni fa e Pechino non ha più intenzione di lasciare che l’ordine mondiale venga strutturato in base ai dettami dei G7.
Tali parole risultano in linea con l’atteggiamento e il tono di autorevolezza a cui ci ha abituato il leader cinese e la diplomazia dei “guerrieri lupo” di questi ultimi anni. Seppur non supportato dalla parata militare come nel caso del settantesimo anniversario dalla nascita della RPC nel 2019, Xi ha rimarcato che uno degli obiettivi dei prossimi anni sarà la realizzazione di un esercito forte, tecnologicamente avanzato e in grado di primeggiare a livello globale, così da tutelare la sovranità, la sicurezza e lo sviluppo della Cina e del suo popolo. Xi ha rimarcato uno dei capisaldi della politica domestica cinese dal 1949, ovvero la volontà di completare l’unificazione nazionale con Taiwan. In risposta alla nuova Build Back Better World (B3W) – la nuova iniziativa proposta da Biden e supportata dai G7 durante l’ultimo incontro in Cornovaglia e finalizzata a proporsi come un’alternativa più sostenibile, credibile ed efficace alla Belt and Road Initiative (BRI) – ha rilanciato la BRI nelle vesti di un progetto in grado di offrire al mondo nuove opportunità.

LE SFIDE FUTURE…

Il Partito-Stato opererà su diversi livelli per garantire quanto sopra e inaugurare una nuova era di sviluppo. Innanzitutto, accentrerà sempre di più il proprio controllo sulle decisioni a livello economico, sia in relazione alle grandi imprese statali (fondamentali per la solidità socioeconomica del paese, contribuiscono a circa il 25% del PIL, danno impiego a circa 60 milioni di persone e sono attive principalmente nel settore energetico, dei trasporti, e altri settori strategici) sia ai capitali privati. Il fine è quello di creare un’economia di mercato in cui i principali flussi di capitale e di attività economica siano guidati verso obiettivi di crescita e sviluppo ben precisi.

… E GLI OBIETTIVI

Inoltre, il Partito-Stato è diventato sempre più deciso sia a livello domestico che a livello internazionale, soprattutto a seguito della scelta di interpretare gli eventi interni ed esterni attraverso la lente della sicurezza nazionale, che porta a voler disinnescare ogni possibile forma di attacco diretto alla sua solidità. Pechino punta, così, a garantirsi uno scenario più sicuro per la propria crescita, al fine di tutelarsi da ingerenze esterne. Fondamentali poi per raggiungere gli obiettivi del “Sogno cinese” promosso da Xi nel 2012 saranno le modalità e l’efficacia con cui la leadership riuscirà a far fronte ad alcune sfide, tra cui ridurre la disuguaglianza economica e insistere nella lotta alla povertà, far fronte alla crisi demografica – come indicato nell’ultimo censimento che incide sul sistema pensionistico e sulla forza lavoro, rafforzare la propria immagine internazionale anche per facilitare le relazioni economiche, continuare nel percorso di tutela ambientale con l’obiettivo di diventare ‘carbon neutral’ entro il 2060.

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