In un primo tempo, al momento più roseo dei rapporti fra grillini e piddini, si era parlato di una sorta di doppia partecipazione alle suppletive di Conte e Letta, l’uno appunto a Siena e l’altro nella Capitale. Ora che il segretario dem ha deciso di candidarsi, cosa farà l’ex presidente del Consiglio? La bussola di Corrado Ocone
Fra i tanti paradossi della situazione politica italiana c’è quello che vede il partito di maggioranza relativa tanto più minaccioso per le sorti del governo Draghi quanto più riesce a trovare un simulacro di unità interna attorno alla figura dei due diarchi.
Non c’è dubbio che la mina vagante sia, in questo senso, Giuseppe Conte, che, vistosi smantellare con il governo da lui presieduto anche il sistema di potere che aveva creato attorno a sé, e che coinvolgeva oltre all’ala giustizialista della politica italiana (e al suo giornale) anche una parte non irrilevante del Pd, non potrà che tentare la carta di accreditarsi come l’anti Draghi. Farlo non gli sarà difficile: alcuni provvedimenti approvati negli anni dei due suoi governi, dalla cancellazione della prescrizione al reddito di cittadinanza, toccano corde identitarie profonde del Movimento su cui è facile fare leva. E poco importa, come è evidente nel caso della giustizia, che le riforme Draghi è chiamato a farle non per un suo capriccio ma perché, essendo legate al funzionamento del sistema Italia, sono state pretese come controparte dall’Europa per darci i finanziamenti del Recovery Plan.
Ma Conte, paradossalmente, crea problemi anche in casa democratica, ove è sempre più evidente che la strategia delineata da Goffredo Bettini, e da lui riproposta di nuovo ieri un intervento al Foglio, di una alleanza organica del Pd con un Movimento “contizzato”, aggiungerebbe ulteriori problemi ad un Enrico Letta che non riesce a trovare una sintesi efficace fra le svariate correnti che agiscono all’interno del suo partito.
Sarà per questo, per avere un maggiore potere contrattuale sui suoi gruppi, che il segretario del Pd si è alla fine deciso a correre in prima persona per le elezioni suppletive di Siena. Come è noto, in un primo tempo, al momento più roseo dei rapporti fra grillini e piddini, si era parlato di una sorta di doppia partecipazione alle suppletive di Conte e Letta, l’uno appunto a Siena e l’altro nella capitale, quasi a sanzionare un patto fra le due anime del centrosinistra. Poi l’operazione sembrò naufragare per entrambi. Cosa succederà ora?
Conte pretenderà di correre nell’altra suppletiva in programma, quelle del collegio romano ove pure si è liberato un posto? Chi scrive tende ad escluderlo (anche se in politica tutto è poi sempre possibile). Per due ordini di motivi: da una parte, Conte avrebbe bisogno di un appoggio forte del Pd, non facendocela probabilmente da solo, ed oggi è più difficile averlo (anche per i significati simbolici che comporterebbe) rispetto a quattro mesi fa; dall’altra, il difficile equilibrio che sembra si sia creato in seno al Movimento fra l’ex premier e il Garante mal sopporterebbe che uno dei due guidasse i giochi dall’interno del Palazzo e l’altro se rimanesse a Genova (ove pure, dalla sua villa, in questi anni è riuscito a guidare la truppa).
Staremo a vedere cosa succederà. I partiti sembrano in questa fase contare poco o niente, ma è indubbio che il gioco politico è sempre più complicato. E che anche piccoli eventi come un paio di elezioni suppletive possono assumere un carattere, simbolico e reale, seppur proiettato nel futuro, non indifferente. Che sia domani o dopodomani, il dopo Draghi prima o poi arriverà. E nessuno dovrà farsi trovare, per il bene dell’Italia, impreparato.