Un’ondata della variante Delta è già messa in conto nonostante che nulla vietasse di organizzare gli Europei diversamente. La stampa internazionale sembra ancora più informata, e più preoccupata, di quella nostrana. Tanto che sono ricominciate le analisi costi-benefici di eventuali lockdown. Il commento di Giuseppe Pennisi
A Cassandra è stata affibbiata la reputazione di portare sfortuna, ma, tutto sommato, aveva visto giusto e i troiani avrebbero fatto bene a seguire i suoi consigli. Oscar Wilde amava dire che le previsioni sono difficili unicamente quando riguardano l’avvenire.
Oggi quotidiani e periodici italiani pullulano di profezie – non è il caso di parlare di previsioni – secondo cui siamo usciti da venti mesi circa di difficoltà e non ci dobbiamo preoccupare per gli assembramenti con cui folle di tifosi hanno salutato l’arrivo di José Mourinho come se fosse il salvatore dell’intera Unione europea. Non ci dovremmo inquietare troppo per l’arrivo a Roma (in gran misura di straforo) di turisti “sportivi” ucraini e britannici, nonostante esperti, come il direttore dello Spallanzani, abbiano avvertito che i controlli predisposti agli aeroporti ed allo stadio potranno, al più, circoscrivere i focolai. In breve, un’ondata della variante Delta è già messa in conto nonostante che nulla vietasse di posporre il campionato ancora di un anno o di fare giocare a stadi senza pubblico.
La stampa internazionale sembra più informata, e più preoccupata, di quella nostrana. Il 3 luglio, ad esempio, la prima pagina del New York Times International apre con un articolo di taglio di quattro colonne (che prosegue in quarta pagina, quasi interamente dedicata al tema) sull’aumento rapidissimo dei contagi dovuti alla variante Delta in tutto il mondo. Il fascicolo del settimanale The Economist del 3-9 luglio è quasi interamente dedicato all’argomento, ai costi economici di nuovi lockdown (che sembrano inevitabili) e a varie modalità di effettuare analisi costi-benefici per trovare un equilibrio tra freni all’economia e danni ai sistemi sanitari e alle vite umane.
Viene messo in conto il rischio della violazione della quarantena. I controlli allo stadio dovrebbero bloccare l’ingresso in Italia ai tifosi inglesi che presentano una dichiarazione mendace. A preoccupare sono gli arrivi dei tifosi inglesi che hanno fatto scalo in altri Paesi o giunti in Italia in auto, raggirando così i controlli. Si sarebbero dovute prevedere, a mio avviso, anche forti multe e pene detentive (per falso in atto pubblico e diffusione epidemia) al fine di contenere il pericolo. Nonché l’eliminazione della squadra dai campionati per i prossimi cinque anni – misura che avrebbe indotto i club a vigilare sui propri tifosi dato che non giocare agli Europei per cinque anni può comportare la liquidazione.
Per l’Italia, che purtroppo ospita la partita e ha pochi strumenti per limitare il numero degli italiani che si recheranno a Wembley per le finali, il pericolo è che, a differenza del 2020 quando un nuovo lockdown è stato necessario a fine settembre, si debbano quest’anno mettere in atto misure restrittive già a Ferragosto con gravissimi danni e per l’economia e per la salute. Mi auguro di sbagliarmi, ma il timore non è unicamente mio.
Si devono correre tanti rischi per alcune partite di calcio? Mi rendo conto che ci sono due determinanti. La prima è che il calcio non è più da tempo uno sport ma un’industria attorno alla quale ruotano miliardi di euro. La seconda è che in un’Europa dove non esistono frontiere e dazi (e quindi persone fisiche e giuridiche circolano liberamente) e dove le nuove generazioni si formano in più Paesi (e parlano più lingue) il calcio è rimasta una delle poche espressioni di nazionalismo. Non per nulla coloro che corrono alle partite sono di mezza età (ove non anziani) e giovani poco scolarizzati. È, però, un’espressione di nazionalismo che giunge a manifestazioni estreme (e pericolose per la collettività).
Molto più forte de “L’Appello per il futuro dell’Europa”, una carta dei valori sottoscritta il 2 luglio dalle forze politiche che fanno parte di tre gruppi diversi nel Parlamento Ue, ovvero “Identità e democrazia” (Id) e “Conservatori e Riformisti” (Ecr), più Fidesz che ha lasciato il Ppe e fa parte dei non iscritti. Hanno siglato il documento: Lega (Italia) – Rn (Francia) – Fpoe (Austria) – Vlaams Belang (Belgio) – Dpp (Danimarca) – Ekre (Estonia) – PS (Finlandia) Ecr – Pis (Polonia) – VoX (Spagna) – FdI (Italia) – JA21 (Paesi Bassi) – El (Grecia) – Pnt-Cd (Romania) – Llra-Kss (Lituania) – Vmro (Bulgaria) -Fidesz (Ungheria).
Un Appello che, in fin dei conti, in un’Europa dove nessun Paese si fida del vicino e il progresso verso il federalismo è bloccato, propone una versione aggiornata de L’Europe des Patries di Charles De Gaulle.