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La Malesia sospende i vaccini cinesi dopo le tensioni nel Mar Cinese Meridionale

Di Francesco Dalmazio Casini

Sulla decisione delle autorità di Kuala Lumpur pesano i dubbi sulla reale efficacia di CoronaVac, adesso confermati da uno studio dell’Università di Hong Kong. Ma non solo. A partire dal 2020 le tensioni con la Cina sono aumentate, con un’impennata nelle ultime settimane

Fuori CoronaVac, dentro Pfizer. Il ministero della salute della Malesia ha deciso che non acquisterà nuove dosi del vaccino cinese prodotto da Sinovac. Al suo posto arriveranno almeno 45 milioni di fiale del vaccino mRNA di Pfizer-BioNTech. La Malesia si era assicurata 16 milioni di dosi del siero cinese, somministrate oggi per circa metà. Le dosi nei magazzini saranno utilizzate adesso per fornire la seconda dose a chi ha già ricevuto la prima iniezione.

Sulla decisione delle autorità di Kuala Lumpur pesano i dubbi sulla reale efficacia di CoronaVac, adesso confermati (pare) da uno studio dell’Università di Hong Kong. Ma non solo. A partire dal 2020 le tensioni con la Cina sono aumentate, con un’impennata nelle ultime settimane. Cina e Malesia hanno infatti diverse contese aperte nel bacino del Mare Cinese Meridionale. La Malesia ad esempio occupa dagli anni ’80 alcune delle Isole Spratly, arcipelago strategico che la Cina rivendica come parte del territorio nazionale.

Lo scorso 31 maggio,  6 aerei militari cinesi hanno sorvolato le acque antistanti allo Stato del Sarawak, nel Borneo Malese. Il ministro degli esteri di Kuala Lumpur ha definito il gesto “una seria minaccia alla sovranità nazionale e alla sicurezza delle operazioni di volo”. Per le autorità malesi si è trattato di un gesto intimidatorio volto a disturbare l’attività estrattiva del giacimento di gas di Kawasari, ad appena 60 miglia nautiche dal luogo del sorvolo.

Proprio in quei giorni la compagnia energetica malese, Petronas, stava effettuando dei lavori preparatori per la costruzione di una piattaforma estrattiva per iniziare lo sfruttamento. Kawasari è un deposito di gas al limite della zona economica malese, situato a circa venti miglia dalle secche Luconia occupate dalla Guardia costiera cinese (CCG). Mentre si consuma il caso diplomatico – con annessa convocazione dell’ambasciatore cinese – le motovedette di Pechino iniziano a disturbare i lavori di costruzione.

Il 5 giugno l’unità 5403 della CCG si avvicina ad appena 2 miglia nautiche dal giacimento. Per tutto il mese la nave continua a incrociare nelle vicinanze dei vascelli da costruzione malesi. Il 5 luglio, mentre le navi di supporto offshore installano l’ultima piattaforma, un’altra motovedetta cinese (5303) le sfiora, sfrecciando ad appena 180 metri da una di loro – una distanza molto pericolosa, specie per le imbarcazioni grandi e poco maneggevoli.

Nelle acque del Mare Cinese Meridionale gli incidenti sono comuni e gli attori coinvolti sono molti. Le marine di Filippine, Vietnam e Brunei denunciano continuamente pressioni e sconfinamenti da parte della marina e dei pescatori cinesi. I rapporti tra Pechino e Kuala Lumpur tuttavia sono sempre rimasti meno bellicosi rispetto a quelli con le altre nazioni costiere. La Malesia non ha mai accettato le rivendicazioni della Repubblica popolare ma i due paesi hanno sempre mantenuto relazioni almeno cordiali – nel 1991 furono proprio i Malesi a farsi garanti per la Cina presso il Forum dell’Asean.

La nuova assertività della RPC nelle acque del Mediterraneo d’Asia rischia di rivolgersi contro Pechino, avvicinando i rivali agli Stati Uniti – emblematiche le recenti aperture a Washington di Singapore e del Vietnam. La Malesia in particolare, pur non essendo dotata di una marina all’altezza di quella del Dragone, si affaccia sul famigerato Stretto di Malacca. Si tratta un collo di bottiglia strategico da cui tutta l’Asia importa materie prime ed esporta le sue merci: da qui arriva in Cina il 70% dei combustibili fossili e passa il 60% del suo interscambio commerciale.

Se i traffici vengono interrotti, la Repubblica Popolare prima affogherebbe nel suo stesso surplus commerciale e poco dopo rimarrebbe a secco di energia – non a caso l’ex Presidente cinese Hu Jintao parlò di “Dilemma di Malacca”. La Malesia non avrebbe forza e profondità per interdire il passaggio, ma le pressioni di Pechino potrebbero spingerla definitivamente nel campo anti-cinese, mettendo la sua formidabile geografia a disposizione delle flotte americane – quelle sì, capaci di tenere testa. Proprio la consequenzialità tra le nuove tensioni e lo stop al vaccino di Sinovac (in favore di un concorrente occidentale) è un campanello d’allarme importante sul nuovo possibile corso delle relazioni tra Cina e Malesia.

Crediti foto all’interno dell’articolo: CSIS/Asia Maritime Transparency Initiative

Crediti foto in evidenza: “Cutter Stratton conducts Yellow Sea UNSCR enforcement patrol” by Coast Guard News is licensed under CC BY-NC-ND 2.0

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