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Matrimoni, nascite e crescita economica. Come invertire la tendenza

La famiglia ha un ruolo strategico nel favorire lo sviluppo della società e del mercato del lavoro. Per vincere la sfida, il nostro Paese deve impegnarsi a concretizzare il rapporto tra occupazione femminile e nuove nascite

Il rapporto commentato dal presidente Istat Gian Carlo Blangiardo sul calo della natalità in Italia è un fenomeno che va avanti dal secondo dopoguerra e che era già arrivato nel 2020 a registrare 404 mila nati con una stima per il 2021 che diminuisce ancora fino alle 384 mila unità e infatti il dato previsto oggi viene confermato. Con una considerazione in più e che corrisponde anche al calo dei matrimoni. “Nel 2020 i matrimoni si sono dimezzati, un fatto negativo se pensiamo che le nascite in Italia avvengono per 2/3 nei matrimoni”, ha precisato il presidente.

In base ai dati Istat nel 2018 i matrimoni in Italia sono stati 184.088, mentre nel 2020 sono scesi a 96.687. Quest’anno nei primi 6 mesi sono calati ulteriormente sicuramente a causa del maledetto Covid ma soprattutto è da attribuirsi e l’uno e l’altro ad un fattore culturale e sociale. I giovani sono disorientati con una insicurezza sul loro futuro che li tieni bloccati e soprattutto in un declino di valori e un individualismo diffuso, che non si risolverebbero con i soli interventi economici.

Questa difficoltà di una società “il cui motore si sta spegnendo” è da rintracciare in una serie di fattori che è necessario affrontare insieme: istituzioni, famiglie, il privato, il sociale e le imprese e soprattutto la politica con le idee, i progetti, le risorse, le norme e la cultura e la volontà di sostenere politicamente la comunità. Le stentate politiche di sostegno familiare e prima di tutto per i minori, le confuse politiche occupazionali insieme al perdurare degli stereotipi, vanno a influenzare e a comprimere, inequivocabilmente, le scelte riproduttive delle giovani coppie, modificando e rinviando i progetti di fecondità. A ciò si aggiunga il forte impatto dell’attuale crisi economica soprattutto sulle persone più giovani, sulla loro entrata nel mercato del lavoro e sulle condizioni di lavoro.

Sono diversi gli studi che indicano come, per le giovani coppie, la stabilità sia un requisito considerato necessario per mettere al mondo un figlio così come la solidità economica, che soprattutto tra i più giovani è legata al doppio reddito. Inoltre, in un mercato del lavoro ostile alla maternità, e in presenza di un welfare inadeguato, sono soprattutto le donne che rallentano le scelte riproduttive, che vogliono proteggere il proprio lavoro, salvaguardare le proprie aspettative professionali e il loro investimento in istruzione. Il lavoro delle donne è una componente essenziale per l’equilibrio economico familiare e le misure a vantaggio dello stesso favorirebbero la ripresa demografica.

E allora bisogna concretamente decidere di sostenere l’occupazione femminile mediante la destinazione del 3% del Prodotto interno lordo ai servizi per l’infanzia insieme a un assegno di base mensile per le madri che scelgono un congedo di maternità di un anno, oltre a un “premio alla nascita” con il riassetto dell’assegno unico. Sarebbe la scelta strutturale da compiere subito con le agevolazioni e i vantaggi previsti per le famiglie numerose nell’utilizzo dei servizi essenziali: sconti su treni, metropolitane, bus. Politiche di assistenza economica a tutti i tipi di famiglia, indipendentemente dal fatto che i genitori siano sposati o conviventi. Così procedendo le nuove generazioni affrontano il fare famiglia e l’avere dei figli in modo meno rigido e preordinato, delineando un regime demografico nuovo, in continua crescita.

La famiglia ha un ruolo strategico nel favorire lo sviluppo della società e del mercato del lavoro. Per vincere la sfida, il nostro Paese deve impegnarsi a concretizzare il rapporto tra occupazione femminile e nuove nascite, grazie a misure concrete, ma anche mediante la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e politica senza paternalismi e promesse poi mai realizzate. Il cambio di rotta dovrebbe derivare da sinergie politico-sociali volte alla rimozione di quei vincoli e di quelle costrizioni che i giovani, e specialmente le donne giovani, incontrano sul mercato del lavoro anche agevolando la contrattazione di prossimità con incentivi strutturali alle imprese allargando l’utilizzo dei fondi bilaterali a sostegno della flessibilità lavorativa dei congedi parentali. Subito, non in futuro.

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