I ministri di Esteri e Difesa hanno presentato alle commissioni competenti di Senato e Camera la delibera sulle missioni per il 2021. C’è un nuovo impegno a Hormuz, la conferma per la Libia (con l’auspicio di potenziare Irini) e il leggero aumento della presenza nel Sahel. Preoccupa l’Afghanistan…
C’è preoccupazione per il futuro dell’Afghanistan, accompagnata dall’impegno a non trasformare il ritiro in un abbandono. Il focus militare si concentra ora sul “Mediterraneo allargato”, con la Libia al vertice dell’agenda nazionale per cercare anche maggior coordinamento a livello europeo. È quanto emerso stamane dal tradizionale “quadrangolare” sulle missioni internazionali, l’audizione dei ministri Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini di fronte alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Senato e Camera. Rientra nell’iter parlamentare di approvazione della delibera già licenziata dal governo sugli impegni nel 2021, quaranta in tutto per un dispiegamento massimo possibile di circa 9.500 unità (medio di 6.500).
LA PAURA PER L’AFGHANISTAN
Viste le notizie che arrivano dall’Afghanistan, il tema è stato tra i principali dell’audizione. “L’Italia è preoccupata per l’avanzata dei talebani in Afghanistan e dal crescente numero di defezioni da parte delle Forze di sicurezza sotto minaccia talebana”, ha detto Di Maio. Ne deriva l’impegno di “restare al fianco del Paese”, con la fine della missione Nato Resolute Support che “non segna la fine del sostegno”, ha aggiunto. Come notato da Guerini, “le ipotesi attualmente allo studio da parte della Nato prevedono, fino al 2024, la prosecuzione del sostegno finanziario e dell’attività formativa e addestrativa a favore delle forze di sicurezza afgane presso strutture dei Paesi dell’Alleanza. Di più: “La Difesa sarà pronta, in ogni caso, a contribuire alle eventuali future iniziative volte a non disperdere i risultati fin qui conseguiti”, anche per evitare che nei vuoti lasciati dalla Nato si inseriscano Cina e Russia.
LA LIBIA…
In ogni caso, il ritiro dall’Afghanistan segue il progressivo ri-orientamento della postura nazionale verso il “Mediterraneo allargato”, inteso come l’area di interesse strategico più diretto. La priorità resta “la stabilizzazione duratura della Libia”, ha detto Di Maio. “Dall’anno scorso ad oggi abbiamo registrato progressi importanti: un accordo di cessate il fuoco con una buona capacità di tenuta negli otto mesi scorsi, una nuova autorità esecutiva unificata composta dal consiglio presidenziale guidata dal presidente Menfi e dal governo di unità nazionale con a capo il primo ministro Dabaiba”. Occhi puntati sul percorso che dovrà portare al voto di dicembre. “Occorre realismo: molti sono ancora gli ostacoli verso la piena stabilizzazione”, ha spiegato il titolare della Farnesina, annunciando un nuovo viaggio a Tripoli “nelle prossime settimane”.
… E LE DIFFICOLTÀ
“In termini di politica di difesa – ha rimarcato Guerini – l’elemento che desta maggior preoccupazione è la presenza di mercenari e miliziani stranieri, la cui uscita dal territorio libico è condizione essenziale per i successivi passaggi verso una gestione unificata ed inclusiva delle forze armate e di sicurezza nel Paese”. Difatti, dopo il voto del 24 dicembre, “sarà necessario procedere con un efficace processo di riforma del settore della sicurezza”, che veda confluire tutte le milizie “in un unico apparato istituzionale libico”. Tale processo, ha detto Guerini, “non può che essere a guida libica” e “già ci vede agire in supporto alle autorità locali con un intenso e articolato piano di cooperazione tecnico-militare in settori di alta valenza quali quello della sanità militare, dello sminamento umanitario e della formazione”. Per questo la delibera 2021 conferma 400 unità di dispiegamento massimo (medio 260).
E LA GUARDIA COSTIERA LIBICA?
Il tema più delicato riguarda le attività nei confronti della Guardia costiera e della Marina libiche, su cui già lo scorso anno si concentrò il dibattito parlamentare. All’interno del dispositivo nazionale “Mare sicuro” (sei navi per 754 unità), ha notato Guerini, rientrano anche compiti di addestramento e di sviluppo di capacità di comando e controllo per la Marina libica. “A partire dal 3 luglio 2020, l’attività è condotta in piena autonomia dalla Marina libica – ha chiarito il ministro – presso proprie infrastrutture a terra e senza il coinvolgimento alcuno di personale della Difesa italiana”. Sull’addestramento alla Guardia costiera l’auspicio è di poter affidare l’incarico alla missione europea Irini (la delibera vi prevede 596 unità). “Il comando della missione – ha detto oggi Guerini – ha già condiviso con le autorità locali un’ipotesi di programma addestrativo”.
IL TRIANGOLO AFRICANO
Ma la Libia è solo il vertice di quel “triangolo immaginario” su cui si concentra l’attenzione italiana verso l’Africa del nord. Gli altri due estremi sono Golfo di Guinea e Golfo di Aden, per cui l’Italia conferma gli impegni navali di anti-pirateria. Al centro del triangolo c’è il Sahel. La regione, ha detto Di Maio, “ha assunto negli ultimi anni un rilievo prioritario per la sicurezza dell’Europa, in quanto terminale di tensioni che minacciano direttamente la stabilità dell’area euro-mediterranea; è in questa parte del mondo che il fenomeno terroristico si è maggiormente radicato”, come notato anche dalla Coalizione globale anti-Daesh che la scorsa settimana si è riunita a Roma, co-presieduta dal ministro italiano e dal segretario di Stato americano Tony Blinken. Per questo, l’Italia profonde da anni “un approccio multidimensionale” come “contributo alla stabilizzazione”.
LA PRESENZA IN SAHEL
Per la dimensione militare, la delibera per il 2021 prevede un aumento del dispiegamento massimo possibile da 200 unità a 250, da venti mezzi terrestri a 44, per la partecipazione alla task force Takuba, promossa dalla Francia. “Lo scorso marzo – ha detto Guerini – abbiamo avviato il rischieramento del nostro contingente nella zona tri-frontaliera del Liptako Gourma (tra Mali, Burkina Faso e Niger, ndr), e più precisamente nelle basi di Gao e Menaka, e prevediamo di raggiungere la capacità operativa iniziale subito dopo l’estate”. L’impegno italiano, ha rimarcato il ministro, “si concretizzerà soprattutto nella capacità di ricognizione ed evacuazione sanitaria ma prevediamo, a partire dal 2022, di estendere l’attività anche all’addestramento delle componenti di forze speciali locali”. Ciò in “piena sinergia” con la missione bilaterale di supporto al Niger, per cui la delibera conferma un dispiegamento massimo di 295 unità. “Proprio in queste settimane, è iniziata la costruzione di una nostra base di supporto (nella capitale Niamey, ndr) quale hub regionale per l’addestramento e l’assistenza alle forze di sicurezza locali”.
VERSO IL COMANDO IN IRAQ
Altro Paese di particolare interesse per l’Italia è l’Iraq. I numeri presenti nella delibera confermano la linea del progressivo trasferimento di competenze dalla Coalizione globale anti-Daesh (da 1.100 unità a 900) alla missione d’addestramento della Nato (da 46 unità a 280). Guerini ha parlato di “graduale travaso di assetti e capacità dalla prima alla seconda operazione, privilegiando in tal modo le attività di training e capacity building, peculiari della missione Nato, di cui assumeremo il comando nella primavera del 2022”. Si tratta, ha aggiunto, “di un ruolo molto ben accolto dalla nostra controparte irachena, a conferma dell’eccellente livello della nostra relazione bilaterale; relazione che non potrà che rafforzarsi, consentendo al nostro Paese di assumere un ruolo di riferimento in un Paese cruciale per la stabilità del Medio Oriente.
IMPEGNO A HORMUZ
Ed è in Medio Oriente che si inserisce la nuova missione per la Difesa italiana, Emasoh, iniziativa di sorveglianza marittima europea nello Stretto di Hormuz (un’unità navale e un assetto di sorveglianza aerea). “La missione, avviata nello scorso 2020 a seguito degli eventi registrati a danno delle navi mercantili in transito, ha lo scopo di salvaguardare la libertà di navigazione nello Stretto, favorendo il dialogo e il confronto tra i Paesi rivieraschi per la stabilizzazione dell’area”, ha notato Guerini. Sfrutterà, come tutti gli impegni nell’area, la base di Al Salem, in Kuwait, “divenuta centro nevralgico delle nostre capacità di supporto strategico nella regione, alla cui sicurezza contribuiamo anche con una batteria missilistica, autorizzata da questo Parlamento lo scorso anno”. Un ruolo, quello di Al Salem, accresciuto dallo sfratto dalla base di Al Minhad da parte degli Emirati Arabi, originato dalla decisione italiana di bloccare licenze già concesse per l’export di armamenti.