Per la missione in Libia si conferma un dispiegamento massimo di 400 unità. Nel Sahel la partecipazione a Takuba sale a 250 unità, mentre nel Golfo di Guinea si passa da una a due navi per contrastare la pirateria. Per lo Stretto di Hormuz l’impegno di Emasoh vale 193 unità. Tutti i numeri della delibera missioni 2021, approdata in Parlamento
Nessun aumento della presenza in Libia, un nuovo impegno nello Stretto di Hormuz e conferma dei dispiegamenti (con leggero potenziamento) nel Sahel. Sono alcuni dei dati relativi alle missioni militari italiane per il 2021 che emergono nella delibera approvata dal Consiglio dei ministri e approdata in Parlamento per il consueto dibattito, finalmente pubblica. In tutto si tratta di 40 impegni all’estero, due in più rispetto al 2020, per una forza complessiva che potrà raggiungere al massimo le 9.449 unità (oltre 800 in più rispetto allo scorso anno).
IL FOCUS
Nel complesso, aveva già spiegato la Difesa, “la delibera concentra forze e risorse nelle aree di prioritario interesse per l’Italia valorizzandone al massimo in termini di sicurezza, anche in relazione ai riflessi interni e di tutela degli interessi nazionali”. Si tratta delle aree di “maggior rilievo strategico per il Paese”, cioè del “Mediterraneo allargato”, in linea con un riorientamento progressivo degli impegni (a cui si assiste da un paio d’anni), verso interessi più vicini.
LA NOVITÀ
La novità più rilevante riguarda l’adesione alla missione europea Emasoh, con un “dispositivo aeronavale nazionale per attività di presenza, sorveglianza e sicurezza”. Si prevede un dispiegamento massimo di 193 unità, con una nave e due assetti aerei. Nella delibera per il 2020 la mancata adesione a Emasoh era stata una sorpresa. A gennaio 2020 il Consiglio dell’Unione europea aveva trovato consenso politico sulla missione, una coalizione di volenterosi nata su iniziativa di Parigi a cui l’Italia si diceva favorevole. Allora, da circa un anno, le acque dello stretto di Hormuz erano tornate a surriscaldarsi per l’assertività iraniana.
I NUMERI PER LA LIBIA
La priorità della postura esterna (centro del “Mediterraneo allargato”) resta la Libia. I numeri della delibera confermano gli impegni dello scorso anno. La missione bilaterale di assistenza (con compiti prevalenti di assistenza sanitaria e training) avrà un dispiegamento massimo di 400 unità, come quelle approvate per il 2020, con una presenza media di 200 unità. I mezzi terrestri passano invece da 130 a 69. In Libia, ha ribadito la Difesa, “il mantenimento della pace rappresenta una priorità per sostenere al meglio l’iniziativa delle Nazioni Unite di accompagnare il paese alla stabilità”. Nella delibera scompare la missione di supporto alla Guardia costiera (valeva nel 2020 un dispiegamento massimo di 51 unità e tre pattugliatori), probabilmente nell’auspicio di ottenere in sede europea il conferimento di tali attività all’operazione EuNavFor-Med Irini, al comando del generale Fabio Agostini.
LE MISSIONI NAVALI
La delibera per il 2021 prevede per Irini una partecipazione massima italiana in leggere crescita: da 517 a 596 unità; da un assetto navale a due. Tra l’altro, nel dispositivo nazionale “Mare sicuro” si prevedono sei unità navali per 754 unità di personale; la missione comprende anche il supporto alla Marina libica. E se la Libia è l’apice del triangolo africano, gli altri due sono il Golfo di Guinea e il Golfo di Aden. Per quest’ultimo si conferma la partecipazione all’operazione Atalanta, con due assetti navali e 388 unità, in linea con il 2020. Aumenta leggermente l’impegno nel Golfo di Guinea, anch’essa con finalità di contrasto alla pirateria. Si passa da un assetto navale a due, con 394 unità di dispiegamento massimo possibile.
TRA TAKUBA E NIGER
L’attenzione per l’Africa si conferma anche in Sahel, al centro del triangolo in questione, regione per cui la Francia (con il progetto di ridurre la sua presenza) chiede da anni supporto agli alleati europei nella lotta alla moltitudine di forze jihadiste che popolano l’area. Dallo scorso aprile è operativa a tal fine la task-force Takuba, a cui l’Italia ha autorizzato la propria partecipazione già dallo scorso anno. I primi assetti (elicotteri per evacuazione medica) sono arrivati pochi mesi fa. La delibera per il 2021 prevede un aumento del dispiegamento massimo possibile da 200 unità a 250, da venti mezzi terrestri a 44. Si aggiunge al Niger, dove l’Italia è presente dal 2018 con la “Missione bilaterale di supporto”, per cui nel 2020 si è autorizzato un dispiegamento massimo di 295 militari, confermati anche nella delibera al vaglio del Parlamento per il 2021. Ora si sta realizzando una “base logistica di collaborazione”, con l’obiettivo di “rafforzare ulteriormente la nostra presenza con la costruzione, di recente avvio, di un ulteriore hub nazionale proprio nella capitale del Paese, Niamey, che sarà funzionale alle attività della missione bilaterale Misin e a quelle della già citata Takuba”.
IL CAMBIO IN IRAQ
Una parziale novità riguarda gli impegni in Iraq, in linea con l’evoluzione in sede Nato e Coalizione globale anti-Daesh. Il potenziamento del ruolo dell’Alleanza Atlantica nel Paese è noto da tempo. A settembre 2020, con quella che era sembrata una mossa elettorale di Donald Trump, gli Stati Uniti ufficializzavano l’intenzione di ritiro parziale delle truppe presenti nel Paese, da 5.200 a 3.000. Ritiro meno improvviso rispetto ad altri, in linea proprio con quanto concordato in ambito Nato. L’Alleanza aveva accettato mesi prima, infatti, di potenziare la propria “training mission”, ereditando competenze dalla Coalizione anti-Isis. Lo scorso febbraio, in occasione della ministeriale Difesa, la Nato ha dato il via libera ufficiale alla missione, per un potenziamento allora riportato da 400 a cinquemila unità. Nel 2020 l’Italia ha autorizzato un dispiegamento di 1.100 unità per l’operazione Prima Parthica, all’interno della Coalizione anti-Daesh, e di 46 unità per la Nato training mission. Nella nuova delibera si nota il parziale spostamento di assetti dalla Coalizione alla missione Nato, con la prima che vede autorizzato un dispiegamento massimo di 900 unità (200 in meno rispetto al 2020) e la seconda che sale a circa 280 unità (oltre 200 in più rispetto al 2020) e 25 mezzi terrestri. L’Italia assumerà il prossimo anno il comando della missione Nato.
DAL LIBANO AI BALCANI
C’è un leggero aumento anche per la missione in Libano, che vede l’Italia protagonista da anni di Unifil. La delibera prevede un dispiegamento massimo di 1.301 unità (erano 1.076 nel 2020), con l’aggiunto di un assetto navale. L’Italia infatti aderirà da quest’anno alla Maritime task force di Unifil, prospettiva già preannunciata da palazzo Baracchini con l’obiettivo di accrescere il peso nell’impegno Onu e di monitorare maggiormente ciò che accade in mare. Tra l’altro, la delibera sui nuovi impegni comprende anche, inevitabilmente, l’autorizzazione per il dispiegamento già avvenuto (e concluso) di 402 unità coinvolte nell’Emergenza Cedri a inizio anno nel supporto al Paese dopo l’esplosione da Beirut. Infine, c’è la conferma per l’altro grande impegno della Difesa italiana: i Balcani. Per la missione Nato Kfor si autorizzerà un dispiegamento massimo di 638 unità.